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Una riflessione italiana sui combattenti stranieri: Sergio e Delnevo

Una riflessione sui foreign fighter italiani, persone che hanno abbracciato la missione jihadista e sono partite per unirsi al movimento terrorista

Di Serena Giunta, Gioacchino Mazzola

Pubblicato il 21 Giu. 2023

Ndr: il presente contributo è il quarto ed ultimo di una serie di articoli sull’argomento pubblicati su State of Mind. Nel primo articolo sono state analizzate le motivazioni che spingono i più giovani ad arruolarsi, nel secondo articolo sono stati approfonditi i meccanismi di reclutamento e nel terzo articolo il caso di Silvia Romano.

Foreign fighters italiani: Maria Giulia Sergio

 Esemplare come caso “italiano” è quello di Maria Giulia Sergio: una ragazza che nel 2014, all’età di 28 anni, è scappata in Siria con l’obiettivo di vivere nello Stato Islamico e contribuire alla causa dell’Isis. Figlia di una famiglia cattolica di Torre del Greco, Napoli, poi trasferitasi con il nucleo in provincia di Milano. Studentessa in biotecnologie all’Università di Milano, si converte all’Islam, sposa un combattente dell’Isis e scappa in Siria, uno stato che lei stessa definisce come “perfetto” (Orsini, 2016). Maria Giulia difende e loda il terrorismo dell’Isis. Parlando via Skype con la giornalista Marta Serafini sottolinea la necessità che l’Occidente si purifichi e afferma che ciò è possibile solo grazie all’intervento dell’Isis (Serafini, 2015). Per lei e per altre nove persone, familiari suoi e del marito, si dispone un’ordinanza di custodia cautelare: associazione a delinquere finalizzata al terrorismo, articolo 270 bis, codice penale, introdotto dopo l’11 settembre. Furono arrestati il padre, la madre e la sorella di Maria Giulia e due parenti di suo marito; tutti gli altri, tra cui la stessa Maria Giulia e il marito albanese, Aldo Kobuzi.

Tutti erano disposti a partire per la Siria per unirsi ai militanti del Califfato. Tra i ricercati figura la canadese Haik Bushara la quale ha indottrinato e reclutato le due sorelle Sergio inserendole all’interno di un gruppo che incitava alla causa jihadista. Ultimamente, infatti, anche un vasto numero di donne ha offerto la propria vita alla causa dell’islamismo radicale; a testimonianza di un viraggio non solo nella concezione tutta al femminile delle stesse donne islamiche, ma anche della politica di assunzione dei gruppi ai quali queste donne aderiscono. Le organizzazioni terroristiche sfruttano i vantaggi nell’inviare donne a commettere attentati, vantaggi che si riducono essenzialmente alla convinzione che una donna appaia agli occhi degli uomini incapace di portare morte. Le donne sono scelte per ingannare funzionari della sicurezza strumentalizzandone l’aspetto innocente, al punto da essere spesso camuffate da donne in stato di gravidanza.

Foreign fighters italiani: Giuliano Delnevo

 Maria Giulia non è il primo caso di persona italiana ad aver abbracciato la missione jihadista. Un’altra storia è quella di Giuliano Delnevo, un ragazzo di Genova, arruolatosi ad al-Qaeda in Siria e morto mentre combatteva con un gruppo di estremisti israeliani ceceni contro le truppe di Assad nel 2013, a soli 23 anni (Orsini, 2016). Delnevo è stato il primo italiano convertito all’Islam che ha deciso di abbracciare l’ideologia e la mission di un gruppo neo-jihadista all’estero utilizzando inoltre internet come mezzo di propaganda. Il ragazzo, attraverso video e post pubblicati su internet, espone il suo credo nella lotta contro l’Occidente, visto come il Male, che contamina l’Islam e la comunità musulmana, considerata invece come il Bene.

Conclusioni

La potenza del messaggio di “proselitismo” nel processo di radicalizzazione e di reclutamento è evidente sia per quanto riguarda Maria Giulia che per Giuliano Delnevo. Il messaggio individuato da Orsini, a seguito della lettura dei vari documenti trasmessi dall’organizzazione terroristica nella rivista di propaganda dello Stato Islamico Dabiq (Orsini, 2016, p. 188), è il seguente: “l’immonda civiltà occidentale ha svuotato la tua vita di significato. È colpa sua se stai andando alla deriva. È colpa sua se soffri. È colpa sua se il Male ha prevalso sul Bene. È colpa sua se il mondo è precipitato nella disperazione. Ma la tua vita non è priva di valore! Abbraccia la via del jihad, risorgi e diventa il più grande degli uomini! Mischia il tuo sangue con il nostro. Diventa un eroe. Noi abbiamo la soluzione a tutti i tuoi mali. Seguici”.

Il messaggio è chiaro e diretto; proprio questa semplicità conquista e affascina la mente e i cuori: offre un obbiettivo; conferisce spessore esistenziale; essere con loro non solo significa acquisire una dimensione eroica (spesso vagheggiata come impossibile nell’anonimità della società di massa Occidentale), ma anche ridare senso e valore alla propria esistenza, dotandosi di un obiettivo che in questo caso è opporsi alla civiltà Occidentale identificata come il Male assoluto (elemento questo importantissimo in una società in cui distinguere il giusto dall’ingiusto, il bianco dal nero, è diventato sempre più difficile). Al disorientamento esistenziale di vite che non hanno obiettivi sicuri e mete chiare da raggiungere questo messaggio sostituisce una luminosa certezza: quella che la propria vita ha un valore e finalmente anche uno scopo.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Orsini A. (2009), Anatomia delle Brigate rosse. Le radici ideologiche del terrorismo rivoluzionario, Rubbettino, Soveria Mannelli.
  • Orsini A. (2016),  Isis: i terroristi più fortunati del mondo e tutto ciò che è stato fatto per favorirli Rizzoli
  • Orsini A.  (2020), What Everybody Should Know about Radicalization and the DRIA Model, in “Studies in Conflict & Terrorism”, 3/2020, p. 7.
  • Serafini M. (2015). Maria Giulia che divenne Fatima. Corriere della Sera 27° ora.
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