Cosa c’è dietro la violenza nelle relazioni intime e le dipendenze affettive patologiche? Cosa spinge due persone a mantenere un legame che almeno per uno/a di loro genera sofferenza?
La dipendenza affettiva patologica
Negli ultimi anni, diversi ricercatori e psicologi hanno iniziato a spiegarsi la creazione e il mantenimento di relazioni intime violente come conseguenza di una condizione chiamata dipendenza affettiva patologica (Pathological Affective Dependence, PAD). La violenza nelle relazioni intime (Intimate Partner Violence, IPV) avviene quando un/a partner o ex-partner agisce un comportamento che causa all’altro/a danni fisici, sessuali o psicologici. In genere, rientrano tra gli strumenti dell’abusante l’aggressione fisica, la coercizione sessuale, l’abuso psicologico ed emotivo o i comportamenti di controllo. Un’aggiunta importante a questa definizione è che la violenza nelle relazioni intime può verificarsi tra coloro che hanno età pari o superiore a 16 anni, indipendentemente dal genere di appartenenza e dall’orientamento sessuale, andando a sfatare l’idea stereotipica che la violenza nelle relazioni intime è unilateralmente un fenomeno che colpisce solo le donne. Se la violenza nelle relazioni intime non è un problema del genere maschile, bensì è un problema relazionale, cosa spinge dal punto di vista psicologico alcune persone a mantenere relazioni disfunzionali anche quando è la propria vita a essere a rischio?
Sebbene diversi studi abbiano analizzato gli antecedenti della violenza nelle relazioni intime soprattutto a livello sociale, mancava un modello clinico in grado di inquadrare il fenomeno e ricerche che indagassero le determinanti cognitive della vittima di violenza, riconducibili alla condizione di dipendenza affettiva patologica. Si ignoravano, dunque, le caratteristiche specifiche che spiegano il profilo psicologico di una persona che forma e mantiene legami caratterizzati da violenza e abusi ripetuti. Questo vuoto di ricerche non veniva colmato sebbene la comprensione dei meccanismi psicologici della violenza nelle relazioni intime legati alla condizione di dipendenza affettiva patologica fosse fondamentale proprio per guidare la pratica clinica, finalizzata a tirare fuori le vittime da relazioni più simili a trappole mortali. A tal fine l’autrice dell’articolo propone un modello clinico per la dipendenza affettiva: se infatti l’esperienza psicologica della dipendenza affettiva patologica influisce negativamente sulla salute mentale e fisica delle persone coinvolte, il mancato riconoscimento di questa condizione e/o un cattivo intervento del professionista possono condurre a esiti irreversibili come l’omicidio, il suicidio e il femminicidio (Perdighe et al. 2022).
Il dipendente affettivo tipico: un modello clinico
Per capire come agire con persone che vivono una sofferenza simile, è essenziale comprendere la mente del dipendente affettivo tipico (typical affective dependent, TAD), e il perché si congela in relazioni così insoddisfacenti e pericolose. Prima di tutto, procediamo con il definire la dipendenza affettiva patologica come una condizione relazionale (Pugliese et al., 2019; Pugliese et al. 2023a). In questo tipo di relazione, uno o entrambi i partner mettono in atto comportamenti abusivi, di controllo, violenti o manipolativi e la relazione è fonte di dolore per almeno uno dei partner. Tuttavia, si sentono incapaci di porre fine alla relazione o accettare che uno dei partner possa scegliere di separarsi. In caso di separazione/divorzio o rifiuto, si sentono estremamente ansiosi e stressati e prevengono con tutte le loro forze il verificarsi di questo scenario. Possono anche sentirsi disperati e/o arrabbiati e cercare di far fronte al conseguente disagio rimuginando continuamente su possibili soluzioni per riconnettersi con il partner violento, costringendosi alla sottomissione o aggrappandosi a una nuova relazione disfunzionale.
Gli individui con dipendenza affettiva patologica sperimentano stati d’animo e sentimenti negativi quando sono lontani dai loro partner. Un modo per affrontare la separazione/rifiuto e il conseguente craving (desiderio incontrollato) è forzare la vicinanza con il partner violento (Pugliese et., 2023a). Infine, la dipendenza affettiva patologica è sia una condizione di stato, ovvero temporanea, che di tratto, cioè stabile nel tempo.
I dati preliminari di uno studio di ricerca su un campione di vittime di violenza (Pugliese et al. 2023b), finalizzato alla costruzione di una scala di misura della dipendenza affettiva patologica, ha rivelato che la dipendenza affettiva patologica è una condizione latente, che può essere innescata da un partner o un ambiente violento. Gli autori hanno dimostrato che quando le persone sono in una relazione violenta, possono mostrare comportamenti, convinzioni o obiettivi disfunzionali tipici di un individuo con un disturbo di personalità. Questi tratti negativi e gli aspetti malfunzionanti sembrano scomparire quando sono fuori dall’ambiente patologico e la separazione dal partner violento è stata completamente elaborata. I partner violenti possono essere considerati un fattore scatenante della dipendenza affettiva patologica. Quindi, per prevenire l’effetto negativo del fenomeno sociale della violenza nelle relazioni intime, gli interventi dovrebbero essere mirati sia alle vittime che ai maltrattanti.
L’impossibilità di porre fine alla relazione patologica – a prescindere dalle conseguenze anche gravi che comporta – è ciò che definisce la peculiarità della dipendenza affettiva patologica (Pugliese et al., 2019; Pugliese et al., 2023a e Pugliese et al., 2023b). Le persone con dipendenza affettiva patologica possono essere o non essere consapevoli della condizione paradossale che stanno vivendo. Di conseguenza, questo scenario contraddittorio è strutturato in tre possibili conflitti interni, tra l’obiettivo di mantenere la relazione patologica e l’obiettivo di porvi fine. I dipendenti affettivi tipici oscillano tra questi due obiettivi apparentemente senza alcuna soluzione. A questo punto la guerra è nella loro testa, non solo in casa loro. Il conflitto può essere assente, alternato o akrasico (Pugliese et al., 2023a).
Il conflitto della dipendenza affettiva patologica
Nel primo tipo di conflitto (assente), il dipendente affettivo tipico non è consapevole di essere in una relazione disfunzionale ma spesso sono le persone che lo circondano (come i familiari, gli amici o il terapeuta) a farglielo notare. Nel secondo conflitto (alternato) il dipendente affettivo tipico passa da uno stato all’altro senza integrare gli scopi: potrebbe quindi una settimana decidere di interrompere la relazione e la settimana successiva investire nella relazione con una proposta di matrimonio, o con la scelta di fare un figlio. Nel terzo conflitto (akrasico), gli scopi sono integrati senza risoluzione, il dipendente affettivo tipico è consapevole allo stesso tempo di essere in una relazione disfunzionale e di non riuscire a separarsi. Gli stadi del ciclo della dipendenza affettiva patologica sono quattro: stadio 0-1-2-3. Ad eccezione dello stadio 0 (o stadio della Luna di Miele), le altre fasi sono caratterizzate dai tre principali conflitti interni. Nello stadio 1 il conflitto è assente nella mente del dipendente affettivo tipico. Con l’aumento della consapevolezza della disfunzionalità della relazione, il dipendente affettivo tipico passerà allo stadio 2, oscillando tra i due scopi del conflitto alternato, fino allo stadio 3 nel quale diviene consapevole del conflitto ma non è in grado di risolverlo (conflitto akrasico). Gli stadi 1-2-3 potrebbero portare a una rottura, ma è proprio la condizione di dipendenza affettiva patologica a riportare la vittima dentro la relazione violenta. Il dipendente affettivo tipico infatti considera la relazione seppur insoddisfacente comunque indispensabile, il suo anti-scopo (evitamento dello scenario drammatico) è quello di mantenerla a tutti i costi, anche quando il sacrificio è la propria vita (Pugliese et al., 2023a). Sono state ipotizzate più tipologie di dipendente affettivo tipico: come suddetto, tutti i dipendenti affettivi tipici condividono la comune paura di porre fine alla relazione e i tre conflitti (che sono i fattori cognitivi nel mantenere la sofferenza). Ciò che distingue i vari cluster di dipendenza affettiva patologica, invece, sono le motivazioni cognitive ed emotive che spingono ad avere paura di chiudere il rapporto violento: alcuni dipendenti affettivi tipici non vogliono porre fine alla relazione perché potrebbero sentirsi indegni e disgustosi (tipo indegno), altri perché potrebbero sentirsi soli e impotenti (tipo traumatico), altri perché potrebbero stare male quando non si prendono (eccessivamente) cura e “salvano” il partner povero, fragile (tipo altruista), altri ancora per tutti e tre i motivi o alcuni di essi insieme (tipo misto). Questi ultimi sono i più problematici e caotici.
Per concludere
In conclusione, alla luce del modello cognitivo delle dipendenze affettive patologiche elaborato dall’autrice e dei risultati dello studio preliminare, la dipendenza affettiva patologica può essere considerata un antecedente psicologico fondamentale e una concausa della violenza nelle relazioni intime. Questi risultati sottolineano l’importanza di un intervento psicologico sia per le vittime che per gli autori di violenza.
Inoltre, se fino ad oggi la dipendenza affettiva patologica è stata trattata come una semplice declinazione del disturbo dipendente di personalità o di una delle forme di dipendenza (alcol, droghe, sesso, gioco d’azzardo), ne consegue che i trattamenti utilizzati non tengono conto della molteplicità della dipendenza affettiva patologica. Il modello cognitivo della dipendenza affettiva patologica, i quattro profili del dipendente affettivo tipico (indegno, altruista, traumatico e misto) e il ciclo a quattro stadi della dipendenza affettiva patologica permettono finalmente una maggiore comprensione del funzionamento mentale delle persone che vivono questa condizione, e sono la base per la creazione di un una scala di misura e di un intervento clinico mirato, basati su un modello teorico confermato per la prima volta da dati di ricerca. Questo oggi rappresenta un passo in avanti nella prevenzione e nell’intervento del ciclo inconvertibile della violenza nelle relazioni intime.