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Il parent training. La gestione familiare dell’ADHD

Il primo passaggio da seguire nei casi di ADHD è quello del parent training, vale a dire una formazione specifica della famiglia della persona sul disturbo

Di Francesco Luigi Gallo

Pubblicato il 14 Mar. 2023

Aggiornato il 17 Mar. 2023 12:45

Fornendo precise informazioni attraverso il parent training ai genitori del bambino con ADHD sulla natura del disturbo, le sue manifestazioni e le tecniche in grado di arginarle e migliorarle, si contribuisce alla creazione di un clima positivo, nel quale è possibile contenere i comportamenti disadattivi e problematici e rinforzare quelli positivi.

Il parent training nei casi di ADHD

 È fuor di dubbio che per le persone con disturbo da deficit dell’attenzione/iperattività (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder [ADHD]) l’approccio multimodale sia da preferirsi rispetto a interventi isolati e non collocati in una dimensione più ampia. Ciò vuol dire che ogni azione rivolta ai soggetti iperattivi dovrebbe coinvolgere tutti gli attori impegnati nella sua gestione (Marzocchi, 2011): gli insegnanti per quanto concerne l’ambito scolastico, la famiglia e le figure specialistiche di riferimento, senza escludere la possibilità di una integrazione psicofarmacologica, qualora vi siano oggettive necessità neuropsichiatriche accertate da uno specialista.

L’obiettivo finale del sostegno fornito alle persone con ADHD, che si realizza come sintesi di una molteplicità di interventi, è il loro benessere psicologico. Il benessere generale (non tanto, quindi, il successo formativo o altri scopi specifici) è quindi l’obiettivo in base al quale ogni intervento deve calibrarsi. È quindi opportuno organizzare consapevolmente tutti gli interventi e rendere edotti gli attori impegnati nella gestione della persona con ADHD della rete più ampia di cui fanno attivamente parte.

Il primo passaggio da seguire in ordine di importanza è certamente quello del parent training, vale a dire una formazione specifica della famiglia della persona con ADHD. Fornendo precise informazioni ai genitori del ragazzo iperattivo riguardo alla natura del disturbo, le sue manifestazioni e le tecniche in grado di arginarle e migliorarle, si contribuisce alla creazione di un clima positivo, nel quale è possibile contenere i comportamenti disadattivi e problematici e rinforzare i comportamenti positivi (cfr. Vio et al., 1999). Approcci scoordinati, non inquadrati in un’azione sinergica e strutturata non hanno la forza per produrre quei cambiamenti stabili e profondi necessari per consolidare uno stile comportamentale più adattivo e costruttivo.

Sono proprio i genitori (o i caregivers più impegnati con la persona destinataria dell’intervento) a dover potenziare, prima di ogni altra figura, la propria capacità emotiva. È quindi essenziale che capiscano, grazie ad una formazione specifica, quali atteggiamenti della persona con ADHD rientrano nell’orizzonte delle sue manifestazioni sintomatologiche e comportamentali, quali ne sono le cause e come è possibile intervenire in modo costruttivo. Questa formazione specifica ha anche il merito, tra le altre cose, di diradare la coltre di mistero che avvolge spesso i soggetti con ADHD, fornendo ai genitori gli strumenti indispensabili per comprendere che tutto ciò che concerne le manifestazioni disfunzionali del soggetto ha una precisa causa, anche quando le persone intorno a lui faticano ad individuarla. È dunque importante che la famiglia, grazie a questo ‘addestramento’, sia in grado, in primis, di prevenire i sintomi secondari dell’ADHD. Se l’ambiente intorno alla persona con iperattività non sviluppa la necessaria sensibilità, potrebbe rischiare di rinforzare i comportamenti disadattivi. Altro fattore di notevole importanza è il potenziamento dell’autostima: i continui rifiuti e i fallimenti sociali possono portare le persone con ADHD a perdere la fiducia in sé stessi. È importante lavorare affinché i cattivi risultati a livello sociale, scolastico, familiare o sportivo non portino a sentimenti di inadeguatezza tanto gravosi da distorcere in modo ancor più significativo l’immagine che loro hanno di se stessi, pregiudicando il consolidamento di una buona autostima. Bisogna quindi evitare che simili circostanze possano portare a conseguenze negative come la depressione o l’ansia reattive (Santandrea e Biondi, 2009).

Strategie preventive, correttive e rinforzanti

Sempre nell’ambito del parent training occorre inoltre mettere a fuoco due generi diversi di strategie: quelle cosiddette del “prima” e quelle, invece del “dopo” (cfr. Marzocchi e Bongarzone, 2019). Il primo tipo comprende tutte le strategie preventive e hanno lo scopo ben preciso di prevenire i comportamenti-problema della persona con ADHD. È importante, per prima cosa, realizzare un’adeguata igiene ambientale per disinnescare i comportamenti disadattivi e disfunzionali derivanti da scorrette e inadeguate stimolazioni ambientali (questo genere di strategie va adottato anche in ambiente scolastico).

È bene riuscire a ricreare anche delle routine abbastanza prevedibili in grado di favorire l’autoregolazione del comportamento e l’abbassamento del livello di ansia anticipatoria per compiti che potrebbero richiedere attenzione e impegno prolungati nel tempo. Bisogna quindi illustrare, con tono empatico e gentile, l’ordine delle attività, la loro durata, il grado di impegno richiesto e la scansione delle pause. Tutto ciò contribuirà ad abbassare la percezione di imprevedibilità e ingovernabilità contribuendo ad instaurare un positivo senso di controllo sulle proprie attività. Inoltre, una pianificazione accurata contribuirà a correggere i deficit di programmazione e organizzazione tipici dell’ADHD.

Le strategie del “dopo”, invece, vanno messe in atto dopo aver constatato se il soggetto è riuscito a raggiungere o meno i target prefissati. Esse possono essere strategie positive e rinforzanti qualora il soggetto sia riuscito a portare a termine il compito senza mettere in atto comportamenti disfunzionali, oppure strategie di recupero e correttive, qualora invece nell’esecuzione abbia incontrato problemi. Ciò che è importante tenere a mente è che ogni genere di intervento –preventivo, correttivo, rinforzante– non deve mai ridursi alla sterile logica del premio e della punizione. Ciò rischierebbe, infatti, di banalizzare tutto il percorso psico-pedagogico e rieducativo limitandolo ad atteggiamenti soltanto apparentemente costruttivi.

È invece importante che, per la persona con ADHD, ricompense e limitazioni si presentino come naturali conseguenze del suo comportamento per favorire la consapevolezza che il lavoro sul proprio comportamento, per quanto arduo, è importante ai fini di una ricca e soddisfacente vita relazionale.

È opportuno che la persona con ADHD acquisisca una certa padronanza di se stessa e delle proprie azioni raggiungendo una buona consapevolezza sul fatto che i risultati positivi e quelli negativi dipendono da lui e non da cause (più o meno fortuite) esterne. Tutti gli interventi realizzati dai genitori devono tenere sempre presente il temperamento del proprio figlio e considerare attentamente il fatto che ogni comportamento disfunzionale è solitamente costituito da tre fasi: gli antecedenti (o eventi scatenanti), il comportamento vero e proprio e ciò che da esso consegue. Di primaria importanza, però, è l’individuazione degli antecedenti perché è proprio sulle condizioni che possono elicitare atteggiamenti disfunzionali che si deve tempestivamente intervenire per evitare l’insorgenza dei comportamenti problematici (cfr. Santandrea e Biondi, 2009).

 È quindi davvero imprescindibile un’accurata osservazione del soggetto iperattivo –sia consentito affermare che per i genitori tale osservazione dovrà avere “occhiali nuovi”, cercando di essere più neutrale possibile– per individuare un numero limitato di comportamenti gravi e disadattivi sui quali si vuole intervenire. È importante poi comprendere le modalità di attivazione di questi comportamenti, la loro durata, la situazione ambientale e sociale nella quale si manifestano, ed è importante anche capire cosa veramente li ha preceduti. Lo stimolo elicitante potrebbe apparire casuale, ma forse si potrebbero scoprire dettagli nascosti (ambientali, personali, comunicativi e relazionali) sui quali è poi possibile agire per neutralizzare le condizioni di attivazione del comportamento problema.

L’osservazione e l’analisi dei fattori antecedenti non è ovviamente sufficiente. È necessario anche adottare alcune strategie per la fase centrale, quella del comportamento vero e proprio. Questo è un passaggio assai importante nell’economia complessiva degli interventi comportamentali sui soggetti con ADHD, che sovente non riescono a valutare varie alternative comportamentali in una precisa situazione. Ecco allora che prospettare un ventaglio di scelte più ampio al soggetto iperattivo diventa un passaggio fondamentale al fine di migliorare le capacità di ragionamento interno del soggetto. Durante la presentazione delle istruzioni e l’illustrazione delle possibili alternative è assai raccomandabile che il soggetto non venga messo in condizione di percepire una limitazione alla sua libertà di scelta e d’azione e non si senta vittima di una norma imposta dall’esterno. Al contrario il soggetto dovrà continuare a percepirsi come una persona libera, in grado di potersi autodeterminare scegliendo liberamente tra diverse opzioni comportamentali. Ad esempio, nella routine prima della cena è possibile presentare al bambino iperattivo una serie di attività come lo spegnimento delle luci della sua stanzetta, la chiusura della tv, il lavaggio delle mani, e poi fissare un tempo preciso per portare a termine queste azioni. Il bambino sarà così libero di scegliere come organizzare il tempo nelle fasi precedenti alla cena, avendo sì un limite di tempo, ma che sarà lui a gestire in piena autonomia.

La gestione dei compiti pomeridiani nel bambino con ADHD

In età scolare, un altro insieme di attività di fondamentale importanza è quello dei compiti pomeridiani. È quindi importante una sapiente e lungimirante gestione dei compiti, non dimenticando mai che il loro svolgimento chiama in causa lo sviluppo dell’autonomia del soggetto, delle sue capacità organizzative e attentive. Per questo motivo è essenziale che i genitori si domandino quando, dove e con chi far svolgere i compiti. Per quanto concerne la scelta del momento della giornata più idoneo il criterio che i genitori possono seguire è quello della massima disponibilità dell’attenzione del bambino. Non esistendo regole fisse e prestabilite, è importante che i genitori imparino a capire in quale momento della giornata l’attenzione del figlio sia massima e sfruttare quel momento per iniziare le attività di studio.

I compiti pomeridiani andrebbero svolti in un luogo della casa non troppo isolato, onde evitare che il bambino si senta tagliato fuori dalla vita familiare, ma neanche in un luogo altamente frequentato. L’ideale sarebbe la sua cameretta, ancor meglio se provvista di una scrivania ben ordinata con tutto il materiale didattico a disposizione e a portata di mano. L’affiancamento per i compiti, infine, va deciso sulla base di alcune considerazioni più precise che devono tener conto sia della relazione dei genitori con il figlio sia delle competenze genitoriali sulla natura dell’ADHD. In linea generale, è importante che i genitori o un tutor preposto alle attività di studio pomeridiano seguano le linee guida per l’intervento sul disturbo in questione, per esempio: mantenimento alto della motivazione e dell’attenzione, alternanza tra momenti di lavoro e momenti di decompressione, organizzazione condivisa e preliminare del tempo di lavoro e delle pause, pianificazione del lavoro pomeridiano e chiarificazione delle regole comportamentali.

Non bisogna infine sottovalutare un punto di estrema importanza per la presa in carico delle persone con ADHD: i comportamenti disfunzionali e problematici aumentano soprattutto nei momenti non strutturati. Per questa ragione è raccomandabile che la famiglia crei un planning settimanale inserendo tutte le attività giornaliere con orari stabiliti e che tale piano sia costruito proprio insieme al figlio, così da trasmettere un positivo senso di autoefficacia instaurando in lui la percezione di padronanza sulla scelta delle attività da svolgere (cfr. Marzocchi e Bongarzone, 2019).

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • G. M. Marzocchi e Centro per l'Età Evolutiva (2011). La presa in carico dei bambini con ADHD e DSA: costruzione della rete tra clinici, genitori e insegnanti, Erickson: Trento.
  • G. M. Marzocchi, E. Bongarzone (2019). Disattenti e iperattivi. Cosa possono fare genitori e insegnanti, Mulino, Bologna.
  • C. Vio, C. Toso, M.S. Spagnoletti (2015).  L’intervento psicoeducativo nei disturbi dello sviluppo, Carocci: Roma.
  • C. Vio, G. M. Marzocchi, F. Offredi (1999). Il bambino con deficit di attenzione/iperattività. Diagnosi psicologica e formazione dei genitori, Erickson: Trento.
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