Il disturbo antisociale di personalità (ASPD) fa parte del cluster B dei disturbi di personalità; gli individui con questo disturbo manifestano impulsività, violazioni continue delle leggi e mancanza di rimorso nei confronti degli altri e delle relazioni interpersonali (American Psychiatric Association, 2013).
La prevalenza del disturbo antisociale va dallo 0.2% al 3%, con una maggioranza di individui con questo disturbo di genere maschile (American Psychiatric Association, 2013).
Gli individui con questo disturbo possono manifestare comportamenti manipolativi con il fine di sfruttare e strumentalizzare gli altri; infatti, posseggono una consapevolezza ed un controllo emotivo scarsamente sviluppati, con ridotte capacità relazionali ed empatiche (Mehmet E. Sardoğan, 2006).
La teoria della mente
L’empatia si riferisce alle capacità emozionali ed alle abilità cognitive che permettono di capire i sentimenti e le prospettive altrui; la prima componente riflette la capacità di sentire le emozioni degli altri e di reagire appropriatamente ad esse, mentre la componente cognitiva dell’empatia permette agli individui di capire le emozioni degli altri; infatti il primo step dell’empatia cognitiva riguarda l’abilità di comprendere lo stato emotivo degli altri semplicemente basandosi sulle espressioni facciali (Hall & Schwartz, 2019). Il meccanismo neurale più rilevante, sottostante a questa capacità, vede come protagonista l’attività svolta dall’amigdala ed il suo collegamento con gli occhi, che svolgono il ruolo più importante nel riconoscimento delle espressioni facciali emotive (Buchanan et al., 2000). Uno degli strumenti maggiormente utilizzati per testare l’abilità di riconoscimento delle espressioni facciali è la “Reading the Mind in the Eyes” (RMET) nel contesto della teoria della mente. La teoria della mente comprende una componente di cognizione sociale per il riconoscimento delle emozioni e dell’empatia ed è definita come l’abilità cognitiva di interpretare gli stati mentali degli altri (Yildirim et al., 2011).
Vari studi hanno riportato una carenza nelle abilità empatiche dovuta ad uno sviluppo immaturo o inadeguato della teoria della mente, negli individui con disturbo antisociale di personalità nonché negli individui con un disturbo psicopatico di personalità (Blair et al., 1996).
Inoltre è stata riportata, per entrambi i disturbi, una difficoltà nel riconoscimento delle espressioni facciali che riguardano la paura e la tristezza (Contreras-Rodríguez et al., 2014; Meffert et al., 2013).
L’alessitimia è caratterizzata da una difficoltà per l’individuo a nominare, riconoscere e regolare le sue emozioni. Inoltre, limita le abilità di comprensione dei sentimenti altrui e le abilità di sviluppare delle relazioni interpersonali; per questo si presume esista una relazione tra basse abilità empatiche ed alessitimia. E’ interessante notare che gli individui con un disturbo antisociale sono risultati avere anche alti livelli di alessitimia (Grynberg et al., 2010).
Disturbo antisociale, empatia e alessitimia
Uno studio condotto recentemente (Kılıçaslan et al., 2022) ha indagato le differenze in alessitimia, empatia e teoria della mente, tra 43 pazienti con una diagnosi di disturbo antisociale di personalità e 43 individui senza diagnosi di disturbi psichiatrici.
Dallo studio è emerso che gli individui con un disturbo antisociale risultano avere ridotte capacità nella teoria della mente, posseggono basse abilità empatiche, esprimono più sintomi depressivi ed inoltre, riportano alti livelli di alessitimia e di impulsività (Kılıçaslan et al., 2022).
Studi precedenti hanno confermato la relazione tra disturbo antisociale di personalità e difficoltà nell’ambito del riconoscimento delle espressioni facciali di paura e tristezza (Contreras-Rodríguez et al., 2014; Meffert et al., 2013).
Lo studio in questione (Kılıçaslan et al., 2022) ha mostrato nei pazienti con diagnosi di disturbo antisociale, sia una ridotta capacità empatica, sia una difficoltà nel riconoscimento e nel rispetto di sentimenti e problemi altrui. Inoltre, abilità maggiori nella teoria della mente sembrano essere associate a maggiori livelli di empatia, confermando le ricerche che già precedentemente avevano riscontrato un’associazione tra alti livelli di empatia e facilità nell’interpretazione delle espressioni facciali e dei movimenti corporei altrui (Yildirim et al., 2011).
Inoltre, dallo studio (Kılıçaslan et al., 2022) è emerso anche che i pazienti con diagnosi di disturbo antisociale manifestavano alti livelli di alessitimia rispetto al gruppo di controllo sano. In realtà, gli alti livelli di alessitimia sono stati associati in generale ai disturbi di personalità (Coolidge et al., 2013) e già un precedente studio aveva riportato l’associazione tra alessitimia e disturbo antisociale (De Rick & Vanheule, 2007). Inoltre, la correlazione tra impulsività ed alessitimia riscontrata nello studio è a sostegno degli studi precedenti (De Rick & Vanheule, 2007). Infatti, la difficoltà nell’esprimere e nell’elaborare verbalmente le emozioni, gioca un ruolo importante nell’espressione dei comportamenti aggressivi inappropriati, soprattutto in caso di disturbo di personalità (De Rick & Vanheule, 2007).
Dallo studio è emerso anche che al diminuire dei livelli di empatia aumentavano sia i livelli di alessitimia che quelli dell’impulsività; questo dato suggerisce che l’empatia sia collegata sia alle capacità di espressione/riconoscimento delle emozioni sia ai comportamenti di impulsività che includono gesti aggressivi o antisociali (Kılıçaslan et al., 2022).
In conclusione, programmi terapeutici mirati ad aumentare le capacità di teoria della mente, l’empatia e la verbalizzazione delle emozioni, potrebbero portare a dei miglioramenti nelle abilità interpersonali e nella gestione dell’impulsività nei pazienti con disturbo antisociale.