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Autismo e anoressia: uno studio sulla restrizione alimentare nelle donne autistiche

Lo scopo degli autori dell’articolo è di teorizzare un modello autismo-specifico del comportamento alimentare restrittivo

Di Sofia Covini

Pubblicato il 06 Gen. 2023

Recentemente è emerso che donne in trattamento per l’anoressia presentano una co-diagnosi di autismo.

Autismo e alimentazione selettiva

Lo scopo degli autori dell’articolo “For Me, the Anorexia is Just a Symptom, and the Cause is the Autism: Investigating Restrictive Eating Disorders in Autistic Women” pubblicato sul Journal of Autism and Developmental Disorders (Brede et al., 2020) è di comprendere come l’anoressia si sviluppa e si mantiene in soggetti con autismo e teorizzare un modello autismo-specifico del comportamento alimentare restrittivo, ovvero spiegare lo sviluppo e il mantenimento di questo disturbo alimentare tenendo conto delle caratteristiche specifiche del disturbo dello spettro dell’autismo (ASD).

Innanzitutto, è importante premettere le caratteristiche dei due disturbi coinvolti in questo studio. L’autismo è una condizione permanente del neurosviluppo caratterizzata da difficoltà nell’ambito sociale, relazionale, comportamentale e cognitivo. L’anoressia, invece, è un disturbo del comportamento alimentare che viene descritto nel manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders [DSM-5]; American Psychiatric Association [APA], 2014) tramite dei criteri specifici tra cui: restrizione dell’introito calorico, paura di ingrassare, alterazioni del vissuto rispetto al proprio corpo.

Sono state individuate delle caratteristiche nella popolazione di donne anoressiche che sono riscontrabili nell’autismo. Queste sono difficoltà nella cognizione sociale, come per esempio le difficoltà di metacognizione (capire la mente dell’altro), difficoltà nel processamento delle emozioni (riconoscere, gestire le emozioni) e rigidità cognitiva.

In particolare, la rigidità e l’inflessibilità cognitiva sono state individuate come dei fattori che modulano la relazione tra autismo e la restrizione alimentare, piuttosto che esserne la causa diretta, e che tali fattori e caratteristiche sono stati riscontrati retrospettivamente nelle pazienti in età adolescenziale.

Kinnaird (2019) aveva già ipotizzato l’esistenza di un meccanismo autismo-specifico, notando che i sintomi dell’alimentazione restrittiva in pazienti autistici si presentano in maniera differente rispetto a quelli delle pazienti anoressiche. Se da un lato c’è un forte senso di controllo, di difficoltà sensoriali e problemi organizzativi della vita quotidiana (come può essere organizzare la spesa, il cibo, il pasto), dall’altra parte le motivazioni principali nell’anoressia sono il voler raggiungere una magrezza dettata dal peso corporeo, dall’immagine del corpo disfunzionale e dall’autostima.

Per condurre lo studio sono stati somministrati dei questionari semistrutturati per indagare le esperienze personali di pazienti, genitori e clinici. Attraverso un’analisi tematica sono poi stati individuati dei temi che ricorrevano nelle interviste.

Nello specifico, alle pazienti sono state fornite delle domande rispetto all’esperienza personale e ai fattori che hanno influenzato il loro comportamento alimentare (per esempio: peso, forme corporee, esperienze sensoriali). Ai loro genitori, invece, è stato chiesto di descrivere i fattori che hanno influenzato il comportamento delle figlie e la loro esperienza nei servizi.

Le domande poste ai clinici vertevano invece sull’indagare come si presentano i due disturbi e la loro relazione, la loro esperienza personale nel gestire tali pazienti e i possibili provvedimenti di trattamento.

Per quanto riguarda i trattamenti, le pazienti hanno sottolineato un’insoddisfazione poiché sono consapevoli della connessione che c’è tra i due disturbi e non si sentono capite in quanto vengono trattate per curare l’anoressia, mentre invece il problema principale sottostante è un altro.

I clinici, invece, non si sentono adatti alla cura di tali pazienti perché non si sentono adeguatamente formati in materia.

Dalle risposte ai questionari è emerso che ricorrono principalmente 6 tematiche, con sottotemi che si sovrappongono e influenzano a vicenda. Di seguito esploriamo ogni tematica riscontrata dagli autori dello studio (Brede et al., 2020):

Sensibilità sensoriale

La sensibilità sensoriale riveste un ruolo molto importante tra i sintomi dell’autismo. Infatti, una percezione alterata porta a manifestare alti livelli di ansia e comportamenti disfunzionali. Tra le problematiche riscontrate ci sono:

  • Emotività negativa rispetto a stimolazioni tattili, uditive e visive (come il rumore, il tocco leggero e la pressione, le luci), alle quali si rendono insensibili attraverso la malnutrizione. Per questo motivo i clinici sottolineano quanto sia importante l’ambiente e il setting dei servizi.
  • Sensibilità specifica per alcune caratteristiche del cibo (colore, forma, odore ecc.). I clinici hanno correlato ciò al Disturbo Evitante/Restrittivo Dell’assunzione di Cibo (ARFID), un disturbo alimentare dell’età infantile che prevede che il rifiuto del cibo non derivi da motivazioni quali perdita di peso, forme corporee e contenuto calorico, ma piuttosto da caratteristiche sensoriali degli alimenti.
  • Sensazioni interne: le pazienti appaiono ipersensibili (con sensazioni di gonfiore, pienezza dalle quali deriva poi una restrizione alimentare disfunzionale) oppure iposensibili (ovvero con difficoltà nella propria enterocezione, stato interno del proprio corpo: non riconoscono le sensazioni di fame e sazietà).

Interazioni sociali

Le pazienti mostrano difficoltà di socializzazione (nella comunicazione, nel fare amicizia, si sentono sole e bullizzate) e utilizzano l’alimentazione come strategia per far fronte a tali emozioni e stati d’animo sgradevoli.

Le difficoltà sociali che presentano portano loro a evitare situazioni sociali legate al cibo; infatti, per esempio non mangiano a scuola perché si sentono travolte dagli stimoli sensoriali e non hanno nessuno con cui sedersi a fianco.

Sé e identità

Le pazienti si sentono un fallimento e differenti rispetto ai coetanei, sono carenti nel senso di Sé e per adattarsi alla società ed essere incluse attuano comportamenti che riscontrano nei gruppi amicali e che vengono influenzati dalla società e dalla cultura di appartenenza (per esempio, diete ferree o un’attenzione smisurata sull’apparenza fisica).

 Rispetto a questo punto, i clinici riferiscono che le pazienti con autismo sono meno portate a confrontare il loro aspetto estetico e sono meno competitive e meno orgogliose nel momento in cui perdono peso. Per questo motivo, le pazienti con autismo si sentono ancora meno capite nel momento in cui vengono accusate del fatto che il loro comportamento è guidato dall’immagine corporea.

Oltre a ciò, però, l’anoressia fornisce un forte senso di identità, quell’identità che non viene riconosciuta alle pazienti autistiche e che sentono di aver perso. Infatti, l’incapacità di ritrovare un senso del Sé nel mondo, porta i soggetti a darsi una identità personale e rendersi visibili agli altri attraverso l’”essere anoressica”, ovvero un individuo con un disturbo alimentare, riconosciuto da chi lo circonda.

Difficoltà emotive

Le pazienti non riescono a riconoscere, regolare e comunicare le proprie emozioni e si sentono travolte da queste, mettendo in atto i comportamenti tipici del disturbo alimentare (per esempio, iperattività) e la restrizione alimentare per sopprimere tali stati spiacevoli.

I clinici riportano invece che l’ansia che provano nei confronti della loro quotidianità e le paure della vita vengono soppresse tramite un controllo, e l’unico ambito in cui sentono di poter effettivamente avere un controllo è il cibo.

Stile cognitivo

Lo stile cognitivo che presentano è molto rigido e descrivono che pensano che sia la routine che creano nella quotidianità a mantenere il disturbo alimentare (“faccio così perché è quello che ho sempre fatto”). Oltre a ciò, presentano delle tipologie di pensiero disfunzionali, come:

  • Pensiero letterale tutto-nulla: non trovano delle sfumature, delle vie di mezzo, nelle situazioni.
  • Interesse intenso e ossessivo: porta le pazienti a creare routine riguardanti il cibo. Queste alleviano l’ansia e si manifestano in comportamenti quali esercizio fisico, nutrizione, monitoraggio di numeri (Kcal), stili alimentari restrittivi (per esempio, il veganismo).
  • Pensiero rigido: hanno un pensiero inflessibile, non riescono a distaccarsi dalla loro quotidianità e routine perché ciò genera in loro molta ansia. Dall’altro lato, tale caratteristica potrebbe essere un loro punto di forza nel sottolineare una determinazione nel trattamento volta a migliorare sempre di più.

Controllo e prevedibilità

Tutto il quadro sintomatologico viene riassunto in un forte bisogno di controllo e prevedibilità.

In conclusione, il modello autismo-specifico che è stato ipotizzato prevede che l’autismo porta ad avere una restrizione alimentare attraverso due vie: diretta e indiretta (Brede et al., 2020).

Ci sono delle difficoltà specifiche nella vita di un soggetto con autismo (come sensibilità sensoriale, difficoltà emotive e sociali, particolari profili cognitivi) che per via diretta aumentano il rischio di utilizzare un’alimentazione restrittiva.

Nella via indiretta invece tali difficoltà danno vita a conseguenze emotive negative e la restrizione alimentare viene utilizzata come strategia maladattiva per superarle.

Ci sono poi eventi esterni (come violenze, eventi stressanti, cambiamenti di sviluppo) che moderano l’impatto che i tratti autistici hanno su tale comportamento e la vulnerabilità nel manifestare lo stesso.

Le pazienti, quindi, utilizzano l’alimentazione restrittiva come strategia per sopprimere e risolvere le esperienze sensoriali ed emotive spiacevoli, e si tranquillizzano attraverso l’ipercontrollo e la prevedibilità della loro routine concentrata sull’alimentazione.

A sua volta però il digiuno porta all’esacerbazione delle difficoltà iniziali creando un circolo vizioso negativo.

L’anoressia nervosa in pazienti autistici sembra quindi essere correlata a difficoltà sensoriali, sociali, relazionali, di senso di sé e identitario, emotivi, cognitivi e bisogno di controllo. L’anoressia quindi potrebbe essere un sintomo/forma di presentazione dell’autismo, così come viene descritta in una frase riportata da una paziente nello studio: “per me l’anoressia è solo un sintomo, e la causa è l’autismo” (Brede et al., 2020).

 

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