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I luminari della prima impressione

Nel presente articolo l'autore discute i lavori degli psicoanalisti che hanno dato un contributo alla comprensione e all’uso clinico delle capacità intuitive

Di Stefano Gherardi

Pubblicato il 14 Dic. 2022

Una raccolta dei pensieri dei grandi psicoanalisti del passato come Erik Berne, Richard Board e Ralph R. Greenson, che hanno dato un contributo unico e straordinario alla comprensione e all’uso clinico delle capacità intuitive.

(NdA) Questo articolo lo vorrei dedicare al Dott. Giorgio Ferri, Medico Psichiatra, Primario di Psichiatria di Imola, purtroppo recentemente scomparso. Principale Maestro tra i miei Maestri.  

 

Riassunto

Nei miei ultimi due articoli (Theodor Reik e la comprensione psicoanaliticaIl paziente espressivo e il terapeuta curioso), pubblicati entrambi sulla Rivista online State of Mind, ho cercato di avvicinarmi sempre di più al concetto di intuizione (alquanto sfuggente e complesso) e al suo utilizzo clinico (soprattutto durante il primo incontro col paziente), attraverso una riflessione personale sul pensiero geniale dello psicologo psicoanalista Theodor Reik, allievo e pupillo di Sigmund Freud, su tale facoltà del terapeuta.

Nel presente lavoro tento di approssimarmi ulteriormente all’essenza di tale facoltà umana e clinica, ‘reclutando’ i pensieri di altri grandi psicoanalisti del passato come Erik Berne, Richard Board e Ralph R. Greenson, che hanno dato, a mio parere, un contributo unico e straordinario alla comprensione e all’uso clinico delle capacità intuitive.

Introduzione

Il titolo del presente lavoro non è ‘farina del mio sacco’, ma della prima interazione clinica che ho avuto, durante la primavera del 2022, con una Signora anziana, di un certo livello culturale, inviatami da un Collega Specialista per una depressione cronica con colon irritabile, nell’ambito di un disturbo di personalità. Con questa paziente mi sono confrontato apertamente sull’importanza della prima visita (che può ovviamente, come spesso accade, anche essere l’ultima) per la comprensione e la cura del caso clinico, segnalandole anche l’estrema importanza dell’uso immediato delle abilità intuitive del terapeuta, oltre che, ovviamente, di quelle logico–analitiche, delle sue esperienze precedenti, conoscenze e competenze. La Signora mi ha ascoltato e poi, improvvisamente, mi ha detto: “Ma allora, Lei è un ‘luminare della prima impressione’!”. Sono rimasto profondamente colpito da questa sua definizione creativa e ironica di me stesso! Ho visto questa paziente 3 volte in tutto e due volte l’ho sentita telefonicamente.

Dal 2007 a tutt’oggi mi sto occupando della prima visita psichiatrica, di terapia a seduta singola, da me successivamente fatta evolvere in consultazione terapeutica bi–sistemica singola, bi-sistemica data appunto l’importanza da me data all’uso ed all’integrazione immediata delle abilità intuitive e logico–analitiche del terapeuta. Non vi dico quanti libri, quanti lavori scientifici ho reperito nel corso di questi anni, materiali che ho studiato e selezionato per scrivere svariati miei contributi sull’argomento, che ritroverete tutti citati nella bibliografia dei due miei articoli già precedentemente pubblicati sulla presente Rivista, incentrati sul pensiero di Theodor Reik (Gherardi, 2019, 2020).

La definizione di ‘luminare della prima impressione’, ricevuta improvvisamente da questa paziente, più che farmi pensare, ad esempio, a Sigmund Freud (grandissimo genio intuitivo, ma che ha scritto molto poco su tale abilità), più che farmi ricordare Carl Gustav Jung (che ha posto l’intuizione al centro della sua psicologia analitica), ha invece stimolato e indirizzato il mio pensiero verso quel profondo e fecondo periodo storico-scientifico, tra gli anni ’30 e ’60 del secolo scorso, e, in modo particolare, agli illuminanti contributi non solo di Theodor Reik, ma anche di Erik Berne, Richard Board e Ralph R. Greenson.

Theodor Reik

L’Autore dà importanza all’intuizione congetturale ed alla successiva comprensione razionale del paziente, valorizzando la soggettività del terapeuta, la sua auto-osservazione interna e la sua “response” globale al paziente (Reik, 1936, 1948). A mio parere, l’intuizione può essere ricercata non solo con le associazioni libere e l’attenzione liberamente fluttuante, ma anche con la ricerca sistematica del terapeuta. La dinamica interattiva tra i due attori, determinata anche dai numerosi cicli di domanda-risposta sempre più mirati, può portare all’intuizione esplicativa del caso clinico (Gherardi, 2019).

La naturale tendenza del paziente all’espressività e la spontanea controtendenza del terapeuta alla curiosità clinica (Reik, 1933, 1967) catalizzano un’accelerazione interattiva del processo comprensivo e terapeutico già durante il primo incontro. Il paziente tende spontaneamente ad aprirsi, confidarsi, confessarsi, auto-tradirsi col terapeuta che, a sua volta, ha una sana curiosità (né narcisistica, né epistemofilica) a recepire l’essenza dell’interlocutore. Da questa base scaturisce una dinamica interattiva a vari livelli (conscio, preconscio ed inconscio). In modo particolare, l’intersoggettività inconscia primaria può portare ad una profonda comprensione e cura del caso anche già dal primo incontro (Gherardi, 2020).

Erik Berne

Berne (1992) dà dell’intuizione una definizione pragmatica basata sulla sua esperienza clinica. “L’intuizione è la conoscenza basata sull’esperienza acquisita attraverso il contatto sensoriale con il soggetto, senza che ‘chi intuisce’ riesca a spiegare esattamente a se stesso o agli altri come è pervenuto alle sue conclusioni. Oppure, in termini psicologici, è la conoscenza basata sull’esperienza e acquisita mediante funzioni inconsce o preconsce preverbali attraverso il contatto sensoriale con il soggetto”. Tale funzione è favorita notevolmente da un atteggiamento mentale che l’Autore definisce come ‘disposizione intuitiva’.

Nel sottomettere le forze dell’Es, l’uomo spesso imprigiona molte cose che gli potrebbero essere utili e benefiche. Molti potrebbero coltivare le facoltà intuitive senza danneggiare la loro personalità e l’esame di realtà.

La diagnosi è un processo configurativo. I processi diagnostici preliminari nei clinici esperti si basano sull’analisi di configurazioni al di sotto del livello di coscienza e non, come nei principianti, sulla sintesi consapevole (aggiuntiva) di mosaici di osservazioni. Un’intuizione è un genere speciale di diagnosi derivante da processi arcaici subconsci (inconsci e/o preconsci). Le intuizioni, in quanto percepite coscientemente, sono derivati di giudizi primari, che sono basati su immagini primarie attivate da comunicazioni latenti. I giudizi primari nella pratica clinica hanno maggiore efficacia durante il primo colloquio. Ciò concorda con l’esperienza che riguarda l’intuizione. Si è rilevato che, in generale, la conoscenza del terapeuta rappresenta un ostacolo al processo diagnostico intuitivo. La precisione intuitiva tende a diminuire non appena alla prima impressione del terapeuta si sovrappongono il materiale clinico e le reazioni provocate dalle difese e dalle operazioni di protezione da entrambe le parti, cioè quello che è il processo di coinvolgimento tra il paziente e lo psichiatra. Ciò può essere evitato solamente se la relazione terapeutica viene mantenuta analiticamente pura e incontaminata. I giudizi primari effettivamente appartengono ai primi 10 minuti, un periodo decisivo e importante dello sviluppo di qualsiasi relazione interpersonale.

L’empatia ha una connotazione di identificazione. L’intuizione non ha essenzialmente niente a che fare con tali forme adulte di identificazione. Ha a che fare con l’elaborazione automatica delle percezioni sensoriali. Alcune persone mostrano resistenza, ansia nei confronti dell’intuizione, per cui l’Autore afferma: “Dev’esserci qualcosa di potenzialmente pericoloso in questa facoltà”. Diagnosi e paranoia derivano analogamente entrambe da giudizi primari.

Il clinico intuitivo può essere descritto come un individuo curioso, mentalmente vigile, interessato e pronto a ricevere comunicazioni latenti e manifeste dai suoi pazienti. Dal punto di vista genetico, questi atteggiamenti sono derivati ben sublimati di scopofilia, vigilanza (paranoia)  e recettività orale. Sebbene l’intuizione sia per natura un processo arcaico, rivelando i suoi prodotti più facilmente quando le facoltà neo-psichiche sono inattive, non può essere definita una manifestazione dell’Es, ma una facoltà dell’Io arcaico. È un fenomeno archeo-psichico. Quelle che per l’archeo-psiche sono conclusioni diventano per la neo-psiche dati da elaborare.

Richard Board

La sintesi intuitiva del materiale associativo scaturisce dall’inconscio creativo dello psicoanalista. Il ragionamento scientifico non richiede una consapevolezza delle regole logiche, per cui ciò non può essere considerata una differenza primaria tra la concettualizzazione scientifica e quella intuitiva. L’intuizione spesso appare all’improvviso nella coscienza, ma differisce dall’induzione e dalla deduzione lineare, che richiede un ordine metodologico di simboli e di osservazioni empiriche accurate. L’intuizione è un metodo per formulare ipotesi, che vanno successivamente validate. Lo studio dei processi inconsci in psicoanalisi è probabile che sia facilitato da una modalità di formazione dei concetti da parte dell’intuizione, di cui alcune componenti empiriche sono osservazioni inconsce (Board, 1958).

Ralph R. Greenson

Secondo Greenson, l’empatia e l’intuizione sono correlate. Entrambe sono metodi speciali per una rapida e profonda comprensione del paziente. L’empatia serve per raggiungere i sentimenti; l’intuizione per avere idee. L’empatia è per gli affetti e gli impulsi ciò che l’intuizione è per il pensiero. L’empatia conduce spesso all’intuizione. La reazione ‘aha’ è intuita. Arrivi ai sentimenti e alle immagini attraverso l’empatia, ma è l’intuizione che dà il segnale nell’Io analitico che tu hai veramente compreso il paziente. L’intuizione coglie gli indizi che l’empatia raccoglie. L’empatia è essenzialmente una funzione dell’Io esperienziale, mentre l’intuizione deriva dall’Io analizzante. Ci possono essere antitesi tra le due. Gli empatici non sono sempre degli intuitivi e gli intuitivi sono spesso degli empatici inaffidabili.

Sia l’intuizione che l’empatia danno a una persona un talento per la psicoterapia; i terapisti migliori sembrano possederle entrambe. L’empatia è un requisito di base; l’intuizione è un “extra bonus” (Greenson, 1960).

Conclusioni

Arrivo direttamente alle conclusioni di questo mio contributo: Ritengo che questi Autori, nei lontani anni ’30, ’40, ’50 e ’60 del secolo scorso abbiano toccato vette di pensiero così alte da non essere ancora stati superati nel XXI secolo, nonostante gli innumerevoli e variegati contributi scientifici successivi (psicologici, psicoanalitici e delle neuroscienze). Per questo motivo, cerco di attirare l’attenzione del lettore su queste lontane e rare eccellenze. La Signora da me citata nell’introduzione, quella che, involontariamente, mi ha dato l’idea di scrivere questo articolo, definendomi creativamente ed ironicamente un “luminare della prima impressione”, mi ha anche detto di se stessa: “Mi annoio a parlare di me, a raccontarmi”. Ebbene, io non mi annoio a parlare di me, ma il mio obiettivo è solo quello di trasmettere al lettore la passione che, dal 2007 ad oggi, mi ha preso nel cercare di sviscerare e di tentare di raggiungere l’essenza di tale facoltà intuitiva subconscia che, come l’intelligenza (probabile sua derivata evolutiva conscia), ha ancora larghi margini di sfuggevolezza alla nostra piena comprensione e al suo utilizzo massiccio e fecondo. Tale nostra facoltà è sempre fondamentale nella relazione col paziente ed, in modo particolare, durante il primo incontro con lui, facendo risultare la prima visita spesso immediatamente terapeutica. Tutti gli esseri umani, tutti gli operatori, possiedono questa capacità a diversi livelli quali-quantitativi e tutti, se lo vogliono, la possono approfondire e coltivare nel corso della loro esperienza umana e professionale, facendo anche dei corsi di formazione ad hoc, per divenire sempre più velocemente comprensivi e terapeutici.

 

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