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Dalla prima visita psichiatrica alla consultazione terapeutica bi-sistemica singola

Lo psichiatra vede il paziente solo una o due volte e la consultazione terapeutica bi-sistemica singola può rendere la prima visita già un atto terapeutico

Di Stefano Gherardi

Pubblicato il 04 Dic. 2019

Aggiornato il 06 Dic. 2019 10:07

Il processo duale (intuizione ed analisi) come fulcro della consultazione terapeutica bi-sistemica singola e della comprensione psicoanalitica secondo Theodor Reik.

Al presente articolo seguono altri due importanti contibuti dell’autore sul tema:
2 – Theodor Reik e la comprensione psicoanalitica
3 – Riflessioni meta-cognitive dello psichiatra psicoterapeuta sul metodo della consultazione terapeutica bi-sistemica singola: domande sistematiche, ‘skilled intuition’ e interpretazione precoce

 

 

Abstract

In questo lavoro affronto il processo duale (intuizione ed analisi) come fulcro della mia consultazione terapeutica bi-sistemica singola e della comprensione psicoanalitica secondo Theodor Reik. A tale idea di consultazione sono giunto dopo avere precedentemente trasformato la prima visita psichiatrica in una terapia a seduta singola. Spesso i pazienti vengono da noi una o due volte in tutto e quindi la prima visita deve essere già un atto terapeutico. La terapia va intesa come una consultazione in quanto deve anche stimolare le risorse auto-terapeutiche del paziente. Deve essere bi-sistemica in quanto, al tempo stesso, sistematico-analitica ed intuitiva. Anche Reik dà importanza all’intuizione congetturale ed alla successiva comprensione razionale del paziente, valorizzando la soggettività del terapeuta, la sua auto-osservazione interna e la sua ‘response’ globale al paziente. L’intuizione può essere ricercata non solo con le associazioni libere e l’attenzione liberamente fluttuante, ma anche con la ricerca sistematica del terapeuta. La dinamica interattiva tra i due attori, determinata anche dai numerosi cicli di domanda-risposta sempre più mirati, può portare all’intuizione esplicativa del caso.

Parole Chiave: prima visita psichiatrica, terapia a seduta singola, consultazione terapeutica bi-sistemica singola, processo duale, intuizione, unipatia, comprensione, Theodor Reik.

English abstract

In this paper I face dual-process (intuition and analysis) as the heart of my single bi-systemic therapeutic consultation and of Theodor Reik’s psychoanalytic comprehension. I arrived at such idea of consultation after previously transforming first psychiatric visit into a single session therapy. Often patients come to us once or twice at all, so first psychiatric visit has already to be a therapeutic act. Therapy must be intended as a consultation because it has also to stimulate patient’s self-healing resources. It has to be bi-systemic because, at the same time, systematic-analytic and intuitive. Also Reik gives importance to conjectural intuition and to next rational comprehension, appreciating therapist’s subjectivity, his inner self-observation and his global response to the patient. Intuition can be found not only by free associations and free floating attention, but also by a therapist’s systematic research. The interactive dynamic between the two actors, also caused by several cycles of question-answer always more targeted, can bring to the explicative intuition of the case.

Key Words: first psychiatric visit, single session therapy, single bi-systemic therapeutic consultation, dual-process, intuition, unipathy, comprehension, Theodor Reik.

Introduzione

Nel 2007 applicai il modello manageriale della Qualità Totale ad un’ipotesi riorganizzativa del Dipartimento di Salute Mentale che tendesse all’eccellenza, partendo da un cambiamento radicale della prima visita psichiatrica (Gherardi, 2007). In un mio articolo del 2014, ho poi proposto di trasformare la prima visita psichiatrica tradizionale (PVP) in una terapia a seduta singola (TSS) e, successivamente, in una consultazione terapeutica bi-sistemica singola (CTBS), in quanto i pazienti vengono spesso da noi una o due volte in tutto e quindi, la prima visita deve essere già un atto terapeutico. Nel 1985 partecipai ad una ricerca presso il servizio psichiatrico territoriale di Imola sugli autodimessi di quell’anno (8,6 %) (Gallo, et al. 1988). La maggioranza di tali autodimessi (2 su 3) erano rappresentati da prime visite, che interrompevano il rapporto alle prime consultazioni in quasi la metà dei casi (il 47,7 % dopo 1-3 consultazioni). Nel corso del 2011, il 28,5 % delle mie prime visite psichiatriche private ha avuto con me solo un incontro, l’11,4 % due in tutto. Nel 2012 tali percentuali sono lievemente diminuite, rispettivamente al 26,4 % e all’8 %. In sintesi, nella libera professione psichiatrica, circa un paziente su quattro viene da noi una volta in tutto (Gherardi, 2014).

La terapia va intesa come una consultazione, perché è finalizzata anche a stimolare le risorse auto-terapeutiche del paziente. E’ bi-sistemica in quanto, al tempo stesso, è sistematico-analitica ed intuitiva nelle modalità d’indagine e di cura (teoria del processo duale). Il terapeuta infatti usa, contemporaneamente, la parte conscia ed inconscia della propria mente, per comprendere e curare. In modo particolare, utilizza l’intuizione dell’inconscio, una forma di intelligenza propria dei suoi strati più superficiali, la logica del processo primario. La CTBS è quindi una forma di consultazione terapeutica anche intuitiva in quanto, come sostiene Jung (1921), chi intuisce carica anche l’oggetto intuito di un influsso inconscio. Non si possono infatti separare le forme epistemologiche di comprensione dell’altro e di se stessi dalle forme conseguenti di terapia. Rimando il lettore allo splendido articolo di Mauro Fornaro sulla validità epistemologica dell’intuizione nella clinica psicoterapeutica (2011). Comunque, non sempre abbiamo bisogno di utilizzare la nostra intuizione per comprendere pienamente il paziente durante la prima visita. Spesso bastano infatti le nostre abilità sistematico-analitiche.

Recentemente ho partecipato ad uno studio osservazionale prospettico sui processi cognitivi diagnostici in medicina generale, da cui è emerso come i medici di medicina generale usino strategie diagnostiche ‘miste’, ma prevalentemente quelle ultrarapide e rapide, più intuitive, rispetto a quelle lente, più analitiche, per fare diagnosi (Ehrlich, S. et al. 2018). Ho poi utilizzato la stessa scheda sui processi cognitivi diagnostici utilizzati dal medico di famiglia con le mie prime visite psichiatriche private del 2018 e del primo semestre 2019. In tali 18 mesi ho utilizzato l’intuizione pura ‘solo’ in circa 3 pazienti su 10 (nel 32,5 % delle donne e nel 32,7 % degli uomini) e prevalentemente un’intuizione di tipo cognitivo, piuttosto che il ‘gut feeling’. Come dice infatti Reik, la verità è come una donna che non può essere sempre conquistata nello stesso modo e l’essenza della tecnica psicoanalitica è il raggiungimento e la chiarificazione della verità interiore del paziente (Reik, 1948).

Nel mio lavoro del 2014 avevo anche considerato il concetto bioniano di ‘mente binoculare intuitiva’ nell’osservazione non sensoriale del paziente (Bion, 1970). Per Bion risulta fondamentale, a tal fine, l’assenza di memoria, comprensione e desiderio e, secondo lui, anche l’apparato sensoriale può essere d’intralcio all’intuizione psicoanalitica in seduta.

L’osservazione psicoanalitica non riguarda le impressioni sensoriali e gli oggetti percepibili attraverso i sensi. La consapevolezza dei concomitanti sensoriali dell’esperienza emotiva è un impedimento all’intuizione della realtà da parte dello psicoanalista.

Anche per un operatore che, come me, valorizza molto le abilità intuitive del terapeuta, tali affermazioni mi sono sembrate eccessive e mi hanno stimolato ancora di più a riflettere su che cosa consista veramente il processo intuitivo nella sua essenza. Ho perciò attentamente studiato un libro di Duccio Sacchi del 2010 sul pensiero di Theodor Reik riguardo all’ascolto ed alla comprensione psicoanalitica (Reik, 1935 & 1948). Reik nacque a Vienna nel 1888 e morì a New York nel 1969. Psicologo, psicoanalista, fu allievo e amico di Freud. Ritenendo che Reik sia riuscito tanti decenni fa (il 1935 ed il 1948 sono gli anni della prima pubblicazione dei suoi due libri sull’ascolto e sulla comprensione psicoanalitica, da me tradotti dall’inglese e sintetizzati nel presente lavoro) ad avvicinarsi al ‘nocciolo’ dell’intuizione e quindi alla vera comprensione del paziente, ho deciso di scrivere il presente contributo per vedere la CTBS alla luce del suo pensiero illuminante, al fine di un ulteriore chiarimento, evoluzione e potenziamento di tale strategia terapeutica. Come psicologo psicoanalista, Reik è riuscito, con concetti psicoanalitici, ad essere antesignano del modello cognitivo del processo duale (ragionamento intuitivo ed analitico), oggi largamente accettato per la sua validità epistemologica ed empirica (Kahneman, 2011).

Ovviamente, non ci sono ancora in letteratura internazionale studi di efficacia sulla CTBS, in quanto rappresenta un mio modello di intervento molto specifico, da me ancora sottoposto ad ulteriore elaborazione ed indagato per ora parzialmente sotto il profilo diagnostico, coi primi risultati riportati in sintesi precedentemente nel presente lavoro. Per quanto attiene all’efficacia della TSS, da cui deriva il mio metodo, rimando il lettore ai dati abbastanza aggiornati riportati nel libro sulla TSS di Cannistrà e Piccirilli (2018). La TSS tende a massimizzare l’efficacia terapeutica del singolo incontro rispetto a quello tradizionale. Sarebbe interessante condurre in futuro uno studio di comparazione tra TSS e CTBS per vedere se quest’ultima riesce a massimizzare ulteriormente l’efficacia della TSS.

Dalla prima visita psichiatrica alla consultazione terapeutica bi-sistemica singola

Non possiamo più ritenere la PVP come riservata esclusivamente al processo valutativo, diagnostico e di impostazione di un piano terapeutico, ma come un atto terapeutico. Per passare dalla PVP alla TSS ed infine alla CTBS, sono transitato attraverso la Psicoterapia a Seduta Singola (PSS) di Moshe Talmon, ritenuta la forma più breve di psicoterapia, ma non una forma di psicoterapia breve (Talmon, 1990). Per l’analisi della letteratura a riguardo, rimando il lettore ad un mio articolo del 2008. La PSS è un intervento molto più vicino ad una tecnica ‘open-ended’ che ad una psicoterapia breve, perché, in realtà, né il terapeuta né il paziente sanno all’inizio della seduta quale sarà la durata della cura, anche se si erano accordati precedentemente di vedersi una volta in tutto. Dopo la PSS, il terapeuta deve lasciare la porta aperta al paziente, che lo può ricontattare in caso di bisogno. Talmon si propone di ottenere il massimo, sfruttando l’opportunità del primo incontro. Convoglia le risorse del paziente verso la guarigione naturale, scegliendo il metodo meno intrusivo e meno restrittivo, aiutandolo ad aiutarsi da sé, nella cornice del continuo processo di cambiamento tipico dell’uomo. Tale approccio è proposto a pazienti e terapeuti che sono disponibili e motivati a prendersi cura fin dall’inizio del problema. Può utilizzare varie tecniche terapeutiche, purché l’approccio sia adattato alla singola persona, senza costringerla dentro un rigido modello teorico. Solo così infatti l’individuo si sentirà veramente ascoltato e compreso. Considerare tale seduta completa in sé stessa, olistica, terapeutica fin dall’inizio e come se fosse l’ultima, è l’atteggiamento mentale fondamentale.

La consultazione terapeutica bi-sistemica singola

Deve essere sistematico-analitica e, al tempo stesso, intuitiva. E’ un’esperienza di co-pilotaggio, con il terapeuta con le sue competenze ed il paziente con le sue capacità attuali e potenziali di auto-terapia. Il terapeuta deve anche usare il suo inconscio per intuire il paziente e quindi, aiutarlo ad auto-intuirsi per potersi veramente auto-curare. Sull’intuizione rimando il lettore a due mie rassegne della letteratura, dove avevo sviluppato un’idea di terapia intuitiva in psichiatria e psicoterapia (2009 e 2011). In linea con il modello bi-sistemico della mente proposto da Kahneman (due processi di pensiero: il sistema 1, veloce, automatico, intuitivo; il sistema 2, lento, logico e riflessivo) (Kahneman, 2011), ho proposto il modello bi-sistemico della CTBS, al tempo stesso clinico e psicologico, diagnostico e terapeutico, sistematico-analitico ed intuitivo, ovvero conscio ed inconscio. Per rivelare il paziente a se stesso. Con questa forma di intersoggettività primaria, con questo ‘intelligere’ (saper collegare, connettere) inconscio, riusciamo in meno tempo e più facilmente a cogliere l’essenza del paziente e a formulare e ad adottare terapeuticamente un’ipotesi esplicativa profonda.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Bion, W. R. (2010). Attenzione e interpretazione, Armando: Roma.
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