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Theodor Reik e la comprensione psicoanalitica

Si approfondisce il concetto di comprensione psicoanalitica sottolineando l'importanza della soggettività dell’analista e dei processi intuitivi inconsci

Di Stefano Gherardi

Pubblicato il 05 Dic. 2019

Il processo duale (intuizione ed analisi) come fulcro della consultazione terapeutica bi-sistemica singola e della comprensione psicoanalitica secondo Theodor Reik.

Il presente articolo è il secondo, in ordine di pubblicazione, dei tre contibuti sul tema scritti dallo stesso autore e pubblicati da State of Mind. Il primo e il terzo contributo sono rispettivamente:
1- Dalla prima visita psichiatrica alla consultazione terapeutica bi-sistemica singola
3- Riflessioni meta-cognitive dello psichiatra psicoterapeuta sul metodo della consultazione terapeutica bi-sistemica singola: domande sistematiche, ‘skilled intuition’ e interpretazione precoce

 

Si conobbero. Lui conobbe lei e se stesso, perché in verità non s’era mai saputo. E lei conobbe lui e se stessa, perché pur essendosi saputa sempre, mai s’era potuta riconoscere così. (Italo Calvino – Il barone rampante)

 

Abstract

In questo lavoro affronto il processo duale (intuizione ed analisi) come fulcro della mia consultazione terapeutica bi-sistemica singola e della comprensione psicoanalitica secondo Theodor Reik. A tale idea di consultazione sono giunto dopo avere precedentemente trasformato la prima visita psichiatrica in una terapia a seduta singola. Spesso i pazienti vengono da noi una o due volte in tutto e quindi la prima visita deve essere già un atto terapeutico. La terapia va intesa come una consultazione in quanto deve anche stimolare le risorse auto-terapeutiche del paziente. Deve essere bi-sistemica in quanto, al tempo stesso, sistematico-analitica ed intuitiva. Anche Reik dà importanza all’intuizione congetturale ed alla successiva comprensione razionale del paziente, valorizzando la soggettività del terapeuta, la sua auto-osservazione interna e la sua ‘response’ globale al paziente. L’intuizione può essere ricercata non solo con le associazioni libere e l’attenzione liberamente fluttuante, ma anche con la ricerca sistematica del terapeuta. La dinamica interattiva tra i due attori, determinata anche dai numerosi cicli di domanda-risposta sempre più mirati, può portare all’intuizione esplicativa del caso.

Parole Chiave: prima visita psichiatrica, terapia a seduta singola, consultazione terapeutica bi-sistemica singola, processo duale, intuizione, unipatia, comprensione, Theodor Reik.

 

Lo psicoanalista sorpreso e Ascoltare con il terzo orecchio: Theodor Reik e la comprensione psicoanalitica

La soggettività dell’analista osservatore ha un ruolo insostituibile e, in modo particolare, i suoi processi intuitivi inconsci sono un organo adibito all’indovinare (individuare con esattezza affidandosi all’intuito). Le sensazioni sono impressioni raggiunte con l’intuizione, una sorta di pre-conoscenza. È un sentire qualcosa piuttosto che un conoscerlo o giudicarlo con la ragione. L’inconscio comunica con gli altri inconsci e stabilisce con essi un rapporto di comprensione. Ci dobbiamo pertanto affidare a lui, lasciandoci sorprendere e affidandoci alla regola fondamentale delle libere associazioni e dell’attenzione liberamente fluttuante (metodo funzionale al dialogo tra gli inconsci). Soprattutto nelle prime fasi dell’investigazione non ci dobbiamo aggrappare al pensiero conscio, perché, se rifletti, interrompi l’attività del cercare la verità. L’ordine che governa il processo analitico è quindi determinato dall’azione reciproca degli inconsci ed il cuore del libro Surprise and the Psychoanalyst (Reik, 1936) è costituito dall’esposizione di una teoria dell’ascolto psicoanalitico che individua la specificità di tale ascolto nel ruolo preponderante che in esso svolge il processo inconscio dell’intuizione, sia per intuire il paziente che l’inconscio del terapeuta, che reagisce a quello del paziente. La scansione temporale del processo va dalla registrazione inconscia degli ‘indizi’ alla loro comprensione razionale ed il suo spartiacque è il momento della sorpresa (la reazione di soddisfacimento ad una aspettativa inconscia, come vedremo meglio più avanti). A tal fine è fondamentale la capacità di auto-osservazione del terapeuta.

Auto-osservazione

L’attenzione del bambino piccolo è rivolta inizialmente all’esterno e solo dopo si dirige sul proprio sé. La capacità di auto-osservarsi si sviluppa dalla presa di coscienza di essere osservato dagli altri, che lo considerano come un Io. Il bambino incorpora nel suo Sé, introietta, lo sguardo con cui l’altro significativo lo osserva. Questa introiezione produce una scissione nel Sé, tra una parte che osserva (Super-io) e una parte osservata, ed è tale scissione che rende possibile l’auto-osservazione e la meta-cognizione. Tale capacità è fondamentale per la comprensione della mente altrui, in quanto siamo costretti a guardare profondamente in noi stessi per raggiungere tale scopo. Non è infatti possibile un’introspezione profonda della mente dell’altro senza un confronto inconscio con le nostre esperienze precedenti. La mente inconscia del paziente viene percepita da quella del terapeuta, che è in grado di congetturare i significati nascosti solo attraverso l’utilizzo dei segni, come dice Kant: Nihil est in intellectu quod non prius fuerit in sensibus. L’esperienza ha quindi le sue origini nelle nostre percezioni sensoriali.

Telepatia

C’è una sorta di comunicazione telepatica diretta tra i due inconsci, che non è super-sensoriale e non procede nel vuoto, ma che rende reali quei sensi arcaici, rudimentali, che sono sopravvissuti, ma che si sono alienati alla nostra consapevolezza e che leggono meglio l’istinto rispetto al pensiero. E gli istinti spesso sono più intelligenti della nostra ‘intelligenza’ conscia. Il linguaggio gestuale è un’espressione istintiva e quello verbale ne ha preso parzialmente il posto. La percezione inconscia passa i confini delle comunicazioni ricevute attraverso i nostri organi di senso conosciuti. Tali sensi si riattivano ed utilizzano come segnali l’espressione di stimoli che non superano la soglia della nostra coscienza. Movimenti piccolissimi accompagnano ogni processo di pensiero ed impulsi sotterranei sono costantemente inviati silenziosamente attraverso la parola, il gesto ed il movimento. Tale tipo di comunicazione è comparabile a quella che noi presupponiamo nelle società animali inferiori alla nostra.

Evoluzione e civilizzazione

Nei primi giorni dell’evoluzione l’uomo afferrava più immediatamente cosa passava nella mente altrui, ma poi c’è stata una progressiva perdita di questo tipo immediato di comprensione, grazie all’avanzamento della tendenza a soppiantare l’istinto. Gli animali non hanno bisogno di psicologia, nel senso di una teoria della vita interna degli altri animali, perché loro conoscono con certezza istintiva cosa si muove nella mente dell’altro. Anche l’uomo primitivo non ha bisogno di questo tipo di psicologia, perché possiede ancora in larga misura la stessa certezza istintiva sulla vita mentale altrui. Sempre di più però questa certezza istintiva è andata persa. L’interiorità si è accresciuta più differenziata, ma anche più difficile da conoscere. Ma l’antica affidabilità e immediatezza con cui diventavamo consapevoli degli impulsi negli altri è stata persa solo nella nostra coscienza; nell’inconscio invece è stata preservata. La civilizzazione ha ridotto l’importanza delle percezioni sensoriali. Lo scopo è quello di cavarsela con un minimo di percezione sensoriale, lasciando il susseguente processo di cognizione all’intelletto. E la memoria che si sviluppa diventa un sostituto della percezione sensoriale. La perdita di intensità e di significato dei sensi è un segno della diminuita vitalità della razza umana, associata ad un indebolimento dell’istinto sessuale.

Ci viene ricordato da Freud che i mortali non sono fatti per trattenere i segreti e che quindi, il nostro ‘auto-tradimento’ schizza fuori da tutti i nostri pori. E la pelle, la nostra superficie corporea, è stato il primo organo a far trasparire i processi mentali interni. Noi reagiamo all’inconscio altrui con tutti i nostri organi, con tutti i nostri vari strumenti di ricezione e comprensione.

Introiezione e proiezione

Incorporare qualcosa, divorarla, è il modo elementare con cui i primitivi rendevano le cose comprensibili, le rendevano proprie. Il fatto che l’origine della comprensione fosse l’atto di incorporare l’oggetto, di sentirlo dentro di sé, non ha mai perso di significato. All’inizio della vita c’è solo l’Io del bambino. Il mondo esterno ed i suoi oggetti, come il suo corpo ed i suoi organi, appartengono a lui. Successivamente, il mondo esterno viene gradualmente e, con esitazione, separato. Ma, in un certo senso, rimarrà per sempre una parte distaccata del suo Io. Nel processo di introiezione, l’Io non fa altro che riappropriarsi di una parte di sé, temporaneamente separata dalla spinta della realtà. Si tratta di una forma di cannibalismo psicologico, che connette la passione più sublimata della conoscenza altrui al desiderio primitivo di divorare. L’oggetto compreso deve essere cambiato da se stesso ad una parte dell’Io, da qualcosa di esterno a qualcosa di interno al soggetto. L’introduzione di un oggetto dentro di noi determina un cambiamento del nostro Io. Per un momento l’Io diventa l’oggetto. Abbiamo divorato l’oggetto ed il nostro Io, temporaneamente, non c’è più. Questa assimilazione inconscia per introiezione dell’oggetto è la naturale attitudine dell’Io inconscio a trasformarsi temporaneamente nell’altro. Per comprendere l’inconscio di un’altra persona dobbiamo quindi, almeno per un istante, trasformarci in lui, diventare l’altro. Possiamo capire però solo lo spirito che ci rassomiglia e comprendere l’esperienza di un’altra persona soltanto sperimentandola in noi stessi. L’analista, vibrando inconsciamente al ritmo pulsionale dell’altro, inconsciamente risponde ai vissuti comunicati dal paziente, ed è l’osservazione analitica di questa sua risposta che gli permette di indovinare e comprendere i processi inconsci del paziente. Dopo l’introiezione abbiamo la proiezione, grazie alla quale l’Io trasformato viene gettato all’esterno e percepito come un oggetto psicologico. Questo processo costituisce la ri-emergenza, dall’Io inconscio dell’analista, dei vissuti pulsionali del paziente precedentemente introiettati e rielaborati. L’impulso del paziente, che ha inconsciamente riattivato un impulso corrispondente nell’analista, viene visto esternamente. L’osservazione di tali impulsi repressi o rimossi è solo possibile attraverso la via indiretta della percezione interna del terapeuta. Posso comprendere quindi l’esperienza altrui solo se la vivo io. L’analisi dell’altro può portare, in un modo peculiare ed indiretto, alla congettura di processi segreti che sono nel nostro Io, proseguendo in tal modo l’auto-analisi del terapeuta. L’analisi è, pertanto, un processo di ‘illuminazione reciproca’.

Terapeuta come attore

Sul palco, l’attore diventa l’eroe, sente quello che lui sente. Si trasforma in lui nel momento che lo sta recitando. I grandi attori non entrano nella personalità dell’eroe, ma diventano l’eroe stesso. Non imitano la sua esperienza, ma realmente vivono il suo destino, con l’aiuto delle loro possibilità psichiche interne e delle tracce di memoria delle proprie esperienze. Non c’è quindi empatia, identificazione, ma un cambiamento nell’Io dell’attore a livello inconscio. C’è quindi in lui una memoria inconscia ed un rivivere le proprie esperienze del passato.

Congettura e comprensione

Gli impulsi e le idee inconsce del paziente non stimolano subito l’analista ad una comprensione psicologica. Il loro primo effetto sarà invece quello di stimolare inconsciamente in lui impulsi ed idee simili. L’impulso del paziente crea un eco nell’inconscio dell’analista e tale eco è il fattore determinante della congettura psicologica. Questa è la base istintiva della comprensione psicologica e l’effetto psichico prodotto sull’analista dai segnali dell’inconscio del paziente non è un semplice processo di identificazione, ma un cambiamento dell’Io inconscio del terapeuta. C’è quindi un intervallo di tempo inconscio, un periodo di latenza per giungere alla comprensione psicologica, partendo da una congettura iniziale. In questo stadio preliminare l’analista si comporta come un investigatore che ha premura di preservare ogni indizio raccolto per poi farne uso. La fase intuitiva, congetturale, dell’ascolto è composta dalla sequenza temporale di tre processi diversi: la percezione conscia, preconscia e inconscia di elementi significativi del materiale portato dal paziente; l’assimilazione da parte dell’inconscio dell’analista di questi elementi (introiezione); la ri-emergenza nella coscienza dell’analista degli elementi che erano stati inconsciamente assimilati. Reik concepisce l’ascolto clinico come un passaggio graduale di durata imprevedibile tra una fase intuitiva, in cui l’analista perviene inconsciamente a indovinare – o a congetturare – il significato inconscio di alcuni elementi del materiale portato dal paziente, e una fase di comprensione. Nel congetturare, le tracce di memoria del terapeuta (conoscenza inconscia) sono più importanti della sua conoscenza conscia. La specificità della psicoanalisi risiede quindi nei processi della fase intuitiva, congetturale, dell’ascolto. L’ascolto analitico è un dispositivo psicologico volto specificamente alla produzione di intuizioni e l’intuizione è centrale nel processo della comprensione psicologica. Ciò che però all’inizio è stato spesso afferrato e congetturato solo inconsciamente deve passare attraverso il filtro dell’intelletto prima che la sua verità possa essere confermata.

Ascoltare col terzo orecchio

Riprendendo la genesi dell’auto-osservazione, il terzo orecchio non è altro che la terza persona presente nell’auto-osservazione, dopo la prima che è il Sé osservato, e la seconda, che è il sorvegliante interno introiettato (tenere sotto controllo il controllore introiettato, per ascoltare le voci interne che lo rappresentano). L’analista ascolta col terzo orecchio, udendo non solo ciò che il paziente dice, ma anche le proprie voci interne che emergono dalle profondità del proprio inconscio. L’analista ha una certa abilità e sensibilità (iperestesia) ad afferrare e a decodificare i prodotti e i segni dell’inconscio del paziente. Con la percezione endopsichica, l’osservazione dell’altro è deviata nell’osservazione dell’Io (che gioca il ruolo di medium), o piuttosto di una parte dell’Io del terapeuta, trasformata dall’introiezione del paziente in una esperienza inconscia dell’Io.

Intuizione e insight

Psicologicamente, l’intuizione è come una forma di visione, in cui una ricognizione di certe relazioni finora inconsce forza la via verso la consapevolezza. La cosa essenziale è un’immediata, o apparentemente immediata, comprensione conscia di una cognizione finora inconscia, con un vissuto di sorpresa.

L’insight è il momento in cui un’idea emerge dall’inconscio, passando dal processo psichico primario a quello secondario. L’emergenza dai piani profondi ed oscuri del pensiero dell’analista è preceduto per una frazione di secondo da un senso di alienazione, come di assenza mentale, di sensazione nebbiosa. E’ come se una cognizione analitica fosse annunciata da un momento di eclisse che la precede. Il buio più profondo precede l’alba. Forse questo momento di eclisse prima della congettura è solo l’espressione di una resistenza inconscia alla cognizione che si sta spingendo nella consapevolezza e, allo stesso tempo, il segnale della sua emergenza imminente. Dopo tale situazione caotica di passaggio si ha la lucidità immediata con cui l’idea supera la soglia della consapevolezza, la conclusione arriva nella mente del terapeuta che vive l’esperienza: ‘Oh, that’s it’.

Response

Reik non usa mai la parola ‘contro-transfert in quanto la ‘response’ è un fenomeno molto più olistico. È una reazione globale dell’analista alle comunicazioni, verbali e non, della persona analizzata. Tale risposta include tutti i tipi di impressioni ricevute ed include la consapevolezza delle voci interne reattive dell’analista verso il paziente. E’ un’esperienza interna prevalentemente inconscia e solo una sua piccola parte diventa conscia. La ‘response’ è il risultato di questa rielaborazione inconscia, è fondata sull’esperienza sensoriale del terapeuta e si palesa consciamente con un’intuizione. E tale ‘response’, nel momento in cui raggiunge l’introspezione più profonda nell’inconscio, ha la natura della sorpresa.

Surprise

La sorpresa del paziente e del terapeuta è influenzata da un risparmio di operazioni intellettuali consce in quanto l’intervento dell’inconscio permette un cortocircuito al posto delle inferenze logiche. Un paziente è sempre sorpreso quando gli viene detto un qualcosa che inconsciamente già conosce. Quindi, la sorpresa è una reazione al soddisfacimento di una aspettativa inconscia. Anche per l’analista la conoscenza più vitale ottenuta dell’inconscio rimosso del paziente è una sorpresa e deve utilizzare gli stessi meccanismi del processo primario utilizzati dal paziente se vuol scoprire il significato segreto dei processi inconsci.

Velocità di comprensione

Reik (1948) affronta anche il tema della velocità dei processi cognitivi di comprensione del paziente, evidenziandone le possibilità ed i limiti:

La prova scoperta dalle prime impressioni qualche volta conduce ad introspezioni che sarebbero state altrimenti ottenute solo dopo un lungo tempo e con uno sforzo di duro lavoro di scavo psicologico.

Evidenzia perfino l’importanza diagnostico-terapeutica della prima fase interattiva paziente-terapeuta antecedente al primo incontro:

L’analista può raggiungere qualche introspezione psicologica di un paziente perfino prima dell’inizio del trattamento se si fida delle sue impressioni, appena si rende consapevole di loro.

Ma la velocità di comprensione dell’altro non può essere sempre intesa come ipervelocità forzata:

La comprensione psicologica dei processi inconsci richiede, come tutte le comprensioni, un tempo definito, che varia in ciascun caso. La nascita di un’idea analitica può essere lievemente accelerata come la nascita di un bambino. Ma se noi cerchiamo di accelerare il progresso di una gravidanza, il risultato sarà un aborto. L’essenza dell’intervallo inconscio, questa fase fruttifera, consiste nel nostro non insistere coscientemente per comprendere i processi interni ed avere fiducia degli sforzi psicologici del nostro inconscio nel corso del tempo.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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