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Applicazioni specifiche dei modelli CBT di terza generazione – Congresso CBT-Italia

Il 29° simposio del congresso CBT-Italia è stato moderato dalla Dott.ssa Annalisa Oppo ed è stato dedicato ai modelli CBT di terza generazione

Di Gaia Giglio

Pubblicato il 10 Nov. 2022

Firenze, dalla seconda giornata del Congresso CBT-Italia 2022. Applicazioni specifiche dei modelli CBT di terza generazione.

 

Il modello ACT

 Il 29° simposio, svoltosi nella seconda giornata del congresso CBT-Italia, è stato moderato dalla dott.ssa Annalisa Oppo, psicologa, psicoterapeuta e docente di Psicologia generale presso la Sigmund Freud University (SFU) di Milano.

Proprio la dott.ssa Oppo ha inaugurato il simposio parlando di due particolari processi afferenti all’Acceptance and Commitment Therapy (ACT): la fusione cognitiva e il sé concettualizzato. In particolare, la fusione cognitiva con un determinato pensiero o contenuto del sé porta ad avere un sé concettualizzato che provoca dolore e sofferenza psicologica.

Secondo Godbee e Kangas (2020), per promuovere un sé concettualizzato ci sono cinque repertori da allenare: la consapevolezza di un sé (1) distinto, (2) trascendente, (3) persistente, (4) capace di assumere una prospettiva e (5) di osservare. La dott.ssa Oppo si è poi soffermata in particolare sul primo aspetto: avere un “sé distinto” significa discriminare l’esperienza diretta così com’è dall’esperienza controllata da regole verbali, e uno strumento per allenare questo repertorio sono le tecniche di defusione.

A questo proposito, ha presentato brevemente i risultati di una meta-analisi in corso di pubblicazione, secondo cui la defusione è risultata efficace nel ridurre la credibilità e la dolorosità legata a contenuti del sé negativi. La tecnica d’elezione è risultata essere la Word Repetition (ripetizione di parole). Relativamente agli 8 studi inclusi nella meta-analisi, sono emersi alcuni problemi: tutti gli studi includevano un campione di soli studenti, solo uno studio confrontava più tecniche e solo uno studio valutava il follow-up.

Rispetto alla defusione, la dott.ssa Oppo ha poi messo in luce un problema di termini: la defusione non deve essere intesa come una tecnica, bensì come un esito perseguibile attraverso processi di base diversi (Assaz et al., 2018). Ed è da questo razionale che è nato lo studio sperimentale esposto successivamente, che riguardava l’efficacia di due differenti tecniche di defusione cognitiva (vedi Figura 1):

  • la Word Repetition: basata sul processo di estinzione rispondente;
  • il Contextual Cue: basato sulla contestualizzazione attraverso autoclitico.

Tecniche di defusione valutate nello studio di Oppo e colleghi (in corso di pubblicazione)

CBT di terza generazione applicazioni specifiche Congresso CBT Italia Fig 1

Entrambe le tipologie di intervento sono state condotte online e avevano come obiettivo la riduzione della credibilità, della dolorosità e del disagio associati a un pensiero autoreferenziale negativo.

I risultati dello studio hanno mostrato una riduzione significativa di tutte e tre le variabili considerate, in entrambe le condizioni di defusione, che persiste al follow-up. Non si sono rilevate differenze fra le due tecniche in termini di efficacia ma, considerando la loro durata, la Word Repetition è risultata più efficiente. Inoltre, l’utilizzo tra sessioni della stessa parola o di parole diverse appartenenti alla stessa classe non influenza il risultato.

Osservando i dati esplorativi della network analysis, si possono notare due configurazioni diverse che, afferma la dott.ssa Oppo, potrebbero indicare che le due tecniche consentono di ottenere lo stesso risultato, pur agendo attraverso processi diversi.

ACT e psicooncologia

A seguire, la dott.ssa Maria Rosita Campagna, psicologa e psicooncologa, ha argomentato le motivazioni per cui l’utilizzo di interventi basati sull’ACT è utile con pazienti oncologici. Una recente revisione sistematica condotta da Mathew et al. (2020) ha, infatti, dimostrato che il loro utilizzo comporta dei miglioramenti significativi rispetto allo stato emotivo, alla qualità della vita e alla flessibilità psicologica.

Quando il trattamento attivo e le cure non sono più possibili, la qualità della vita diventa l’obiettivo primario per i pazienti e per chi si prende cura di loro, afferma la dott.ssa Campagna. La presa in carico globale della persona sofferente, tipica dell’assistenza in hospice, si riferisce a un modello multidisciplinare in cui lo psicologo-psicoterapeuta è parte integrante dell’équipe di cura. In particolare, il focus dell’intervento psicologico-psicoterapeutico basato sull’ACT è quello di aiutare le persone a sviluppare maggiore flessibilità psicologica, abbandonando i tentativi inefficaci nel controllare, ridurre o evitare la sofferenza, per muoversi verso precisi obiettivi.

La dott.ssa Campagna ha poi presentato il caso di Mhannia, una paziente con diagnosi di tumore maligno ricoverata in hospice. Ha raccontato del primo incontro con Mhannia, durante il quale le ha domandato quali fossero le cose più importanti per lei, per poi chiederle di scegliere tra due caramelle: la caramella bianca avrebbe tolto il dolore, e con esso anche la famiglia e gli amici di Mhannia; la caramella colorata invece le avrebbe consentito di tenere le cose importanti ma anche il dolore (Figura 2). La donna ha scelto la caramella colorata.

CBT di terza generazione applicazioni specifiche Congresso CBT Italia Fig 2

Dopo aver descritto le fasi del trattamento, che per rispettare le condizioni di salute dei pazienti oncologici difficilmente avviene a cadenza regolare, la dott.ssa Campagna ha riportato alcuni episodi del percorso ACT svolto con Mhannia. Per esempio, un valore per la donna era la cura del proprio aspetto fisico e un’azione impegnata svolta in quella direzione è stata trascorrere una giornata per sé, all’insegna della propria bellezza, tra parrucchiera, estetista etc., con l’aiuto dell’Associazione di Volontariato “Ali Rosa”.

Infine, l’intervento si è concluso con una citazione:

Mhannia: “Rosy io ho tanta tanta paura di morire…”
Dott.ssa Campagna: “Non sappiamo ciò che accadrà, ma qualsiasi cosa accada io sarò qui con te…”

ACT e adolescenza: il programma DNA-V

Dopo di che, gli psicologi e psicoterapeuti Francesco Dell’Orco e Antonella Ferrara hanno introdotto il programma DNA-V, aprendo a una riflessione sull’adolescenza: la domanda non è come curare l’adolescenza, ma su quali processi si può lavorare in modo che un individuo che sta attraversando questa fase possa crescere in modo sano.

Il DNA-V è un modello per l’intervento psicologico in ambito educativo e clinico con adolescenti e giovani adulti, sviluppato da L. Hayes e J. Ciarrocchi (2017). Esso affonda le sue radici nella scienza contestualista-funzionale e utilizza l’ACT per trovare soluzioni ai problemi dei giovani di oggi, promuoverne la crescita e lo sviluppo anche in situazioni di difficoltà. L’acronimo DNA-V descrive tre classi funzionali di comportamento (Figura 3):

  • Esploratore (Discoverer): ampliare i nostri repertori comportamentali e riconoscere se quello che stiamo facendo funziona o no (conseguenze del nostro comportamento sul contesto);
  • Osservatore (Noticer): notare il proprio mondo interno e accoglierlo con un atteggiamento aperto e non giudicante;
  • Consulente (Advisor): prendere distanza dai propri pensieri (defusione), riconoscerli, dare loro un nome, e riconoscere se sono utili nel proprio agire.

Tutti e tre al servizio dei Valori (-V).

CBT di terza generazione applicazioni specifiche Congresso CBT Italia Fig 3

L’ACT nell’intervento LIBET

L’ultimo intervento è stato sostenuto dal dott. Luca Calzolari, psicologo e psicoterapeuta, il quale ha brevemente discusso dell’ACT come tecnica all’interno dell’intervento LIBET (Life themes and semi-adaptive plans: Implications of biased beliefs, elicitation and treatment) e sull’importanza di focalizzarsi sui valori. In particolare, l’ACT è basata sull’idea che la psicopatologia sia la conseguenza di tentativi controproducenti di sopprimere o evitare stati interni, allontanando la persona dal perseguire i propri valori. Questo avviene perché ciò su cui decidiamo di focalizzarci è ciò che crescerà; pertanto, se una persona tende a focalizzarsi prevalentemente sulle proprie preoccupazioni, le alimenterà ulteriormente. Al contrario, se ci focalizziamo su ciò che per noi è importante, sui nostri valori, questi cresceranno sempre di più.

CBT di terza generazione applicazioni specifiche Congresso CBT Italia Fig 4

Il dott. Calzolari ha poi elencato le fasi della terapia LIBET-oriented:

  • formulazione e condivisione;
  • intervento sui sintomi;
  • intervento sui piani: utilità;
  • intervento sui piani: incontrollabilità;
  • intervento sui temi: condizionamento e intollerabilità;
  • costruire nuovi scopi.

Proprio nel corso dell’ultima fase viene affrontata la domanda: che tipo di persona vorresti essere se non lottassi con quel dolore? Ed è qui che ha luogo la connessione con i Valori come processo proprio dell’ACT.

Attraverso un approccio maggiormente esperienziale nell’indagine e nell’esplorazione dei valori, il dott. Calzolari ha concluso sottolineando l’importanza della costruzione di nuovi scopi di vita maggiormente flessibili.

 

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