Raccolgo impressioni sparse della seconda giornata del congresso CBT-Italia, dopo la descrizione più rigorosa che ho fornito della prima.
Ho seguito in mattinata il workshop di Antonella Montano “Approccio polivagale alla vita”, un modello e un metodo di gestione degli stati emotivi problematici impostato in esercizi esperienziali che agiscono sull’attivazione orto- e para-simpatica. Non si tratta solo di esercizi ma anche di condivisone con il paziente di nozioni, sia pure semplificate, di neurologia che lo rendono consapevole del suo livello di attivazione neurobiologica, del rapporto tra questa attivazione e una eventuale sofferenza emotiva e di come agire su di esso attraverso gli esercizi. Insomma, si tratta ancora una volta di una formulazione condivisa del caso di un razionale di trattamento che regola l’attivazione emotiva attraverso esperienze corporee invece che attraverso l’elaborazione concettuale. E tuttavia rimane salda in Antonella Montano la radice cognitivo-comportamentale, dato che il malessere emotivo, pur trattato per via esperienziale, rimane definito usando le classiche variabili beckiane delle credenze su di sé, gli altri e il mondo. Molto coinvolgenti le esperienze proposte dal workshop, con una aderenza ancora più forte che in altri casi a esercizi yoga come il respiro dell’ape o quello del fuoco.
Nel pomeriggio ho seguito alcuni simposi dedicati ai disturbi di personalità. Tra i relatori spiccavano, come controparti dialettiche, i colleghi Nino Carcione e Michele Procacci, ospiti benvenuti del congresso CBT-Italia. Ho seguito con particolare attenzione il simposio in cui Carcione, in veste di discussant, dibatteva con Ambra Malentacchi dell’applicazione della Schema Therapy (da questo momento ST) ai disturbi di personalità. Dopo aver apprezzato gli aspetti positivi della ST, un modello che comincia ad avere forti prove di fatto della sua efficacia, Carcione ha espresso qualche dubbio su un eccesso di accoglienza che rischierebbe di caratterizzare la ST, eccesso dovuto all’atteggiamento di reparenting raccomandato al terapista ST, ossia di rigenitorializzazione riparatrice. Naturalmente ha avuto facile giuoco la collega Malentacchi a rispondere che è semplicistico ridurre la rigenitorializzazione al momento dell’accoglienza, dato che il modello ST prevede che in essa ci sia anche la definizione dei limiti, una funzione frustrante e non accogliente. E tuttavia, al di là dell’intrigante e istruttiva dialettica tra Carcione e Malentacchi, mentre ascoltavo non potevo fare a meno di pensare come qualunque modello che attribuisca una funzione chiave alla relazione terapeutica si esponga sempre all’accusa che in esso la gestione della relazione privilegi soprattutto il lato accogliente mentre rischi di trascurare il momento confrontativo e frustrante. Il fenomeno mi sembrava emergere in maniera particolarmente significativa durante il dibattito tra Carcione e Malentacchi perché l’obiezione non veniva emessa da un pulpito anti-relazionale: il modello seguito da Nino Carcione, la terapia metacognitiva-interpersonale, conferisce a sua volta grande importanza terapeutica all’aspetto relazionale.
Forse, piuttosto che accusarsi a vicenda di concepire la relazione in maniera sbilanciata, accusa a cui poi è fin troppo facile controbattere rielaborando il concetto di relazione in maniera più sofisticata (ad esempio, ridefinendo l’accoglienza in termini di cooperazione paritaria contrapposta all’accudimento infantilizzante) occorrerebbe invece che gli studiosi della relazione terapeutica ammettessero la possibilità di questo rischio sia insita nei loro stessi modelli relazionali soprattutto nelle declinazioni più semplicistiche, assumendo quanto sia necessario uno sforzo culturale comune di riconoscimento, che è responsabilità di tutti noi terapeuti, che la relazione non sia ridotta al momento accogliente. Insomma, che la relazione sia solo calore ed empatia e non anche confronto e frustrazione è un pregiudizio che spesso usiamo in maniera strumentale, pregiudizio che poi, a pensarci bene, si trascina dietro il suo gemello speculare: che tutte i modelli che privilegiano il momento intrapsichico rischierebbero di impostare relazioni terapeutiche tendenzialmente frustranti e distanzianti.
Una sorta di pregiudizio cattivistico somministrato a chi non lavora esplicitamente sulla relazione, parallelo al pregiudizio buonista che investe chi invece ci lavora esplicitamente.
Il congresso si è concluso nella serata di sabato con la premiazione dei poster e una commossa cerimonia di chiusura di un evento a lungo desiderato e spesso rimandato dai tanti guai e contrattempi di questi anni difficili. Ci si reincontra tra due anni in una delle tre sedi in lizza: Modena, Palermo o Rimini.
CBT-Italia 2022: La seconda giornata
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