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Schizofrenia e stigma sociale: la parola ai pazienti

La schizofrenia è purtroppo associata a un forte stigma sociale, che ha un significativo impatto sulla qualità di vita degli individui che ne soffrono

Di Annamaria Nuzzo

Pubblicato il 21 Set. 2022

Risulta interessante riportare alcuni resoconti delle esperienze di vita di persone colpite da schizofrenia, per approfondire i vissuti personali e i problemi di discriminazione a cui sono esposti.

 

Lo spettro della schizofrenia

 La schizofrenia è una malattia mentale cronica e invalidante che colpisce circa l’1% della popolazione mondiale.

La schizofrenia costituisce uno spettro dai confini indefiniti e presenta una molteplicità di fattori eziologici (biologici, ereditari, psicologici e socio-ambientali); nello spettro schizofrenico rientrano il disturbo schizotipico (di personalità), il disturbo delirante, il disturbo psicotico breve, il disturbo schizofreniforme, il disturbo schizoaffettivo (di tipo bipolare e depressivo), il disturbo psicotico indotto da sostanze e il disturbo psicotico dovuto ad altra condizione medica.

Secondo Estroff (1989), la schizofrenia è definibile come una “I am illness”, in quanto non costituisce semplicemente un disturbo che una persona ha (come possono esserlo il cancro e le malattie cardiache), bensì qualcosa che una persona è o potrebbe diventare. Essa, infatti, si traduce in una trasformazione del sé, conosciuto interiormente, e della persona, nota esternamente agli altri, in quanto è legata al senso interiore di sé e all’identità sociale (Estroff, 1989).

In tal modo emerge quella che Brody (1987, pag.10) definisce la duplice natura della malattia: «il modo in cui può renderci persone diverse mentre rimaniamo sempre la stessa persona».

A causa dei suoi sintomi distintivi, del comportamento imprevedibile e bizzarro, e della pericolosità percepita (Link et al, 1987), la schizofrenia è associata a un forte stigma sociale, legato alle reazioni dell’ambiente sociale d’appartenenza; significativo l’impatto sulla qualità della vita e numerosi gli effetti sulla psicopatologia generale degli individui schizofrenici.

Il vissuto della persone con schizofrenia

Risulta interessante riportare alcuni resoconti delle esperienze di vita di persone colpite da schizofrenia, per approfondire i vissuti personali e i problemi di discriminazione a cui sono esposti, facendo riferimento ai risultati della ricerca condotta da Knight (2003) dall’emblematico nome ‘People don’t understand’; il campione, tratto da precedenti studi sulla percezione dello stigma, era costituito da sei partecipanti provenienti da diversi distretti urbani del Regno Unito (UK), i quali sono stati sottoposti ad interviste incentrate su quattro aree:

  • La storia di vita individuale;
  • L’esperienza personale e la comprensione del loro problema di salute mentale;
  • La comprensione sociale del problema e come viene contestualizzato nella loro vita, per comprendere come sono visti dalla società e come personalmente sentono di essere considerati dall’ambiente sociale e familiare;
  • La riflessione rispetto all’impatto che il problema ha avuto sulla loro vita, in particolare rispetto all’auto-percezione, all’identificazione o al rifiuto dello status di “malato”, e sui presunti strascichi futuri.

Dall’Interpretative Phenomenological Analysis (IPA) dei dati ottenuti, sono emersi i temi sovra-ordinati del giudizio, confronto e comprensione sociale.

Il giudizio verso le persone schizofreniche

Il tema del giudizio si è sviluppato a partire dalle reazioni negative che i partecipanti alla ricerca hanno ricevuto da amici e familiari, figure di autorità che rappresentano la medicina e la polizia, e dalla società in generale, i quali presentano “una visione prevenuta e razzista nei confronti della malattia mentale”, a cui fa seguito, come reazione comportamentale, la discriminazione, sperimentata negli ambienti di vita familiare e lavorativa: “Tu sei schizofrenico. . .non puoi entrare”; “non siamo accettati quando torniamo al lavoro, non importa che tu faccia bene il tuo lavoro. Non ti trattano come un pari, sono sempre un po’ diffidenti nei tuoi confronti, [pausa] dalla mia esperienza” (Knight, 2003).

Gli individui intervistati si sentivano etichettati come “estremamente diversi [pausa] intollerabili”, “sporchi, inaccettabili”, attraverso “un’immagine così negativa” (Knight, 2003).

Gli atteggiamenti da loro menzionati erano prevalentemente sfavorevoli e frutto di una ignoranza generale – “Non capiscono, la gente non capisce ciò che accade alle persone” – e sorprendentemente provenivano dai propri genitori e dai propri amici, nonché dagli psichiatri da cui erano in cura e dalla Polizia (Knight, 2003).

Il tema del confronto nella schizofrenia

Il secondo tema emerso è rappresentativo dei dilemmi intra e interpersonali sorti a partire dal confronto con la vita precedente all’insorgenza della schizofrenia. Gli intervistati hanno visto le loro vite subire un enorme cambiamento qualitativo, che per molti è apparso irreversibile; in questo senso si preoccupano di non essere “mai più normali”, dal momento che le loro esistenze erano, sono e saranno segnate per sempre a causa della malattia.

“Prima ero normale, potevo andare al lavoro e vivere la mia vita”, afferma uno degli intervistati (Knight, 2003).

 Molti non riescono ad immaginare la loro quotidianità come persone non affette da schizofrenia e alcuni non sono in grado di stabilire programmi a lungo termine asserendo di non avere un futuro. Rispetto al senso di inclusione e differenziazione all’interno dei gruppi sociali, si manifesta chiaramente il desiderio di appartenere alla maggioranza della società: “ce la sto mettendo tutta per rendermi simile e accettabile dalla società, e per dimostrare che in realtà faccio parte dello stesso binario ma da un versante differente.” (Knight, 2003).

Tuttavia, il confine tra anormalità e normalità rimane una questione rilevante, come si evince dalle affermazioni degli intervistati: “Non sono come gli altri, non è vero? [pausa] Ho dei problemi. Altre persone ne soffrono”, cioè è consapevole di quanti, come lui, sono affetti da malattie mentali e possono condividere un vissuto simile, “però lo sai, la gente comune non ne soffre”, perché “le persone normali non hanno questo tipo di esperienza” (Knight, 2003).

L’ultimo tema emerso offre una panoramica sulla concettualizzazione della propria vita da parte degli intervistati. Il termine “malattia” non sembra essere sufficiente a cogliere la portata delle esperienze affrontate e considerare la propria situazione in questi termini non è frutto di una decisione personale bensì del parere esterno in quanto “mi è stato detto che sono malato, quindi ci credo” (Knight, 2003).

Schizofrenia e stigma: strategie di coping

Per quanto riguarda le strategie di coping messe in atto per fronteggiare lo stigma, molti utilizzavano frequentemente l’evitamento-ritiro – “Io non esco da casa mia” – rafforzando il senso di esclusione sociale e l’auto-stigma, e adottavano una politica di segretezza –“Non lo direi, non lo direi ad altre persone, ad altri amici… [pausa] perché mi giudicherebbero” – dal momento che il desiderio di svelare la propria situazione personale, nonostante non sia “così facile da spiegare alle persone”, era sovrastato dalle preoccupazioni relative agli effetti della notizia, alimentate dall’ostilità che a volte ha fatto seguito alla divulgazione di tali informazioni (Knight, 2003).

In prospettiva generale, la vita appare agli occhi degli intervistati “una sorta di lotta per la sopravvivenza”, in quanto “la natura di questa malattia è che prende il sopravvento se glielo lasci fare” (Knight, 2003).

I risultati della ricerca di Knight (2003) illustrano alcuni effetti personali ed interpersonali dell’avere una malattia mentale invalidante, quale la schizofrenia, ed evidenziano come lo stigma si manifesti sia attraverso il pregiudizio e la discriminazione da parte di familiari e amici, nonché di forze dell’ordine e professionisti della salute mentale, sia in termini di auto-stigma, comportando un forte ritiro sociale accompagnato da una continua lotta per l’accettazione all’interno delle cerchie sociali.

Si evince un dato allarmante: nonostante una sintomatologia positiva alleviata molti anni prima, l’etichetta dispregiativa e la vergogna associata alla diagnosi di schizofrenia rimane un onere personale e sociale da sostenere e può costituire una barriera invalicabile alla ripresa; è come se le identità degli intervistati fossero ridotte al ruolo di “malato”, nei termini di una diagnosi psichiatrica determinante per la loro intera esistenza.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Brody, H. (1987) Stories of Sickness. New Haven, CT: Yale University Press
  • Estroff S. (1989) Self, identity, and subjective experiences of schizophrenia: In search of the subject. Schizophrenia Bulletin, Vol. 15:189-196
  • Knight, M. T., Wykes, T., & Hayward, P. (2003). 'People don't understand': An investigation of stigma in schizophrenia using Interpretative Phenomenological Analysis (IPA). Journal of Mental Health, 12(3), 209-222.
  • Link, B. G. (1987). Understanding the labeling effects in the area of mental disorders: An assessment of the effects of expectations of rejection. American Sociological Review, 52, 96–112.
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