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La supervisione (2022) di Nancy McWilliams – Recensione del libro

'La supervisione' di Nancy McWilliams si apre con contributi storici e generali all’argomento, per poi giungere a riflessioni più attuali e specifiche

Di Annamaria Nuzzo

Pubblicato il 28 Set. 2022

Il nuovo lavoro di Nancy McWilliams, La supervisione”, propone una prospettiva inedita sulla supervisione clinica, individuale e di gruppo, soffermandosi sulla Gestalt della supervisione e sul suo ruolo nel promuovere la crescita personale, la sicurezza e il sentimento di padronanza nel terapeuta.

 

Al suo meglio, fare supervisione significa aiutare gli studenti a integrare l’eredità esperienziale della pratica clinica con quello che hanno studiato nel corso della formazione accademica (XII, McWilliams, 2022).

 Il testo affonda le sue radici in una tradizione psicodinamica psicoanalitica; le conoscenze teoriche e di ricerca esposte vengono arricchite da una grande esperienza sul campo, veicolata mediante suggestivi esempi clinici.

Pur adottando una prospettiva psicodinamica, l’autrice si propone di offrire un contributo di qualità a professionisti della salute mentale che prediligono diverse prospettive, fermamente convinta che la qualità di qualsiasi supervisione sia indipendente dall’orientamento teorico di chi la mette in atto (McWilliams, 2022), così come l’efficacia della terapia è determinata da fattori di matrice relazionale più che dalla mera etichetta del trattamento.

Il riduzionismo formativo che traduce il momento di supervisione all’insegnamento di particolari procedure e competenze è contrario alla visione di supervisione presentata in questo libro che si fonda sull’importanza di una buona alleanza terapeutica, sulla condivisione di chiari obiettivi del trattamento, sulla comprensione delle aspettative e degli esiti del processo terapeutico nei rispettivi ruoli di clinico e paziente.

In particolare, il testo si apre offrendo dei contributi storici e generali all’argomento, per poi giungere, nel corso dei nove capitoli, a riflessioni più attuali e specifiche.

Il primo capitolo propone un’analisi degli obiettivi e dei processi implicati nella supervisione psicoanalitica, evidenziando l’importanza di offrire un supporto ai clinici, promuovere l’onestà e la sensibilità etica, condividere informazioni, prevenire pericolosi momenti di burnout e trasmettere alcune competenze essenziali del lavoro psicoanalitico, come stabilire una buona alleanza terapeutica, attuare processi non verbali di ascolto e di contenimento, porre dei chiari confini, gestire le comunicazioni verbali, tra cui le espressioni di sintonizzazione, gli inviti a elaborare, la chiarificazione dei problemi, l’esposizione ai pattern controproducenti e l’interpretazione dei significati (McWilliams, 2022).

L’autrice si sofferma sull’importanza della tempistica, del tono e del contenuto dei commenti, destinati a comunicare empatia, affrontare le difese, stabilire connessioni di senso o fare inferenze sul significato del materiale portato dal paziente. In particolare, evidenzia il potere delle parole, in grado di far sentire le persone profondamente comprese, commosse, desiderose di apprendere di più, stimolate a diventare la versione migliore di loro stesse, ma al contempo segnala il rischio delle stesse parole di ferire l’altro, di far sentire il paziente umiliato, colpevole o trattato in modo condiscendente, di limitare processi di autoesplorazione e autoesposizione. McWilliams (2022) evidenzia come si possa essere perspicaci e brillanti senza essere per niente terapeutici, in quanto il progresso clinico ha davvero poco a che fare con “l’essere nel giusto”, e questa consapevolezza è difficile da elaborare per i giovani clinici in supervisione, che hanno riscosso precedenti successi accademici dall’aver dimostrato ai docenti di conoscere la “risposta giusta”.

I clinici principianti hanno bisogno di sapere che ciò che i pazienti soddisfatti ricordano e considerano del loro trattamento non riguarda le interpretazioni brillanti del loro terapeuta. Piuttosto, rammentano l’attitudine complessiva di calore, speranza, interesse e rispetto da parte del terapeuta (McWilliams, 2022, p.26).

Il secondo capitolo traccia un excursus storico della supervisione psicoanalitica, dalle intuizioni di Freud sino alle teorie relazionali più recenti sull’alleanza di supervisione. Ci si interroga soprattutto su alcune tematiche, in tensione permanente, ovvero se si debba “insegnare o trattare” i clinici in supervisione e se vada riposta una maggiore enfasi all’impartire conoscenze e insegnare tecniche o al promuovere un processo di maturazione professionale complessiva (Watkins, 2011).

Nel sostenere i propri allievi a espandere i loro orizzonti, McWilliams non enfatizza la trasmissione di specifiche tecniche o competenze, ma la maturazione di una serie di atteggiamenti e la nascita di valori personali quali: “onestà emotiva, rispetto per i pazienti, curiosità e apertura mentale, empatia autentica (opposta a un tipo di partecipazione empatica più artificiale), una capacità di mentalizzare anche i pazienti che non attirano le simpatie del terapeuta, un’integrazione della loro conoscenza clinica nel loro stile più autentico di personalità, un accrescimento delle competenze attraverso l’esposizione ad aspetti teorici esterni alla propria formazione, umiltà, sensibilità etica, apertura a riconoscere i propri errori, e sapere dove rivolgersi per cercare aiuto” (p. 49, 2022).

Il terzo capitolo esplora il concetto di “progresso” in terapia, proponendo dieci segni vitali di cambiamento psicologico da monitorare nel corso delle sedute: maggiore sicurezza nell’attaccamento; accresciuta costanza di sé e dell’oggetto; maggiore senso di agency; maturazione di un’autostima più affidabile e realistica; maggiore resilienza e accresciuta capacità di regolazione degli affetti; migliore capacità di riflettere su di sé e mentalizzare le altre persone; accresciuto benessere in contesti individuali e collettivi; un più solido senso di vitalità; sviluppo di più mature capacità di accettazione, perdono e gratitudine; e infine, più ampie capacità di amare, lavorare e giocare, come obiettivo generale del trattamento (McWilliams, 2022).

È chiaro come le dieci capacità psicologiche sopra esposte vadano ben oltre la riduzione dei sintomi comportamentali del paziente, in quanto alla base del benessere psicologico globale.

Per citare Winnicott (1968): “Noi tutti ci auguriamo che i nostri pazienti concludano la terapia e si dimentichino di noi, e che trovino nella vita stessa la loro terapia dotata di senso” (p. 712).

L’autrice passa in rassegna le dieci aree di maturazione clinica e di cura adottando una prospettiva psicodinamica arricchita da uno sguardo ad altri modelli alternativi (approccio cognitivo-comportamentale, approccio umanistico e psicologia positiva).

Per esempio, risulta particolarmente robusta la cornice teorica di riferimento per cogliere le caratteristiche psicologiche di quegli individui che mancano di vitalità e sembrano stare al mondo senza vivere pienamente la loro vita: si è parlato di “personalità come se” (Deutsch, 1942), di “falso sé” (Winnicott, 1960), di “normopatia” (McDougall, 1980), di psicologie “normotipiche” (Bollas, 1987), di dissociazione della vita affettiva (Stern, 2009), di assenza di godimento per i lacaniani, di “complesso della madre morta” di Green (Kohon, 1999; Mucci, 2018), di “agnosia affettiva” (Lane, Weihs, Herring et al., 2015).

Il quarto capitolo delinea gli elementi generali relativi alla costruzione di una buona alleanza di supervisione e alla conduzione della supervisione individuale, mentre il quinto affronta il tema della supervisione e consultazione di gruppo. Nel quarto, vengono presi in esame alcuni costrutti fondanti, come il contratto di supervisione, la formulazione di obiettivi realistici nel trattamento e la promozione di una maggiore franchezza e onestà nella diade di supervisione; successivamente, vengono affrontate alcune resistenze e complicazioni insite al processo di cambiamento e proposte alcune soluzioni alternative ai problemi clinici; infine, dopo l’introduzione di alcuni argomenti generali di natura etica, vengono poste alcune osservazioni sui benefici del lavoro di supervisione con gruppi di terapeuti e counselor e viene posta una particolare enfasi sul valore della psicoterapia personale del clinico in supervisione (McWilliams, 2022).

Il quinto capitolo propone una serie di osservazioni e questioni insite alla supervisione di gruppo, in virtù della decennale esperienza dell’autrice come conduttrice di gruppi per clinici, nonché come partecipante; a tal proposito, ella riporta come la formazione clinica di più alto valore che abbia mai ricevuto sia stato partecipare al gruppo di supervisione basato sul transfert diretto da Arthur Robbins (vedi, per esempio, 1988) a New York (McWilliams, 2022).

 Se l’obiettivo primario di una supervisione di gruppo resta quello di accrescere le competenze terapeutiche dei suoi membri, essa offre anche ulteriori benefici, in quanto promuove la costituzione di nuovi rapporti di amicizia e reti di collaborazione, offre momenti di condivisione su tematiche di pertinenza clinica all’interno di una piacevole cornice collettiva. Per dirla con le parole della McWilliams (2022): “Costituisce un raro tempio in cui i terapeuti possono rilassarsi, lamentarsi, ridere, paragonare le loro esperienze e trovare conforto” (p. 111).

Il sesto capitolo offre alcune riflessioni sull’etica clinica, sul diritto del paziente di conoscere le informazioni appropriate (come la formazione teorica del clinico, il “funzionamento” della terapia e i limiti del trattamento), sulla responsabilità dei clinici nei confronti della comunità più allargata e della società. A tal proposito, Nancy McWilliams sottolinea la centralità del supervisore quale esempio di sensibilità morale e integrità professionale.

Il settimo capitolo affronta la complessità e le sfide peculiari della supervisione dei clinici in formazione presso istituti di formazione psicoanalitica, proponendo una revisione della letteratura sulle soddisfazioni e sulle sfide uniche del lavoro in questi contesti.

I candidati degli istituti di psicoanalisi tendono a essere curiosi, intellettualmente raffinati, più motivati a impegnarsi in un percorso di formazione che scavi in profondità, e più formati dello studente medio che inizia a studiare per diventare terapeuta. Possono interessarsi ad approfondire svariate materie e possono avere delle conoscenze di base in filosofia, teologia, arti, scienze umane e scienze sociali. Sono attratti dalla complessità e dalla profondità (p. 165, McWilliams, 2022).

Alcune delle tematiche esplorate riguardano questioni inerenti l’identità psicoanalitica, le problematiche derivanti dai fenomeni di idealizzazione, svalutazione e scissione, le dinamiche regressive, le conseguenze della self-disclosure nei termini delle eventuali inibizioni dei supervisori nel rivelarsi, e altri stress che operano a livello sistemico (McWilliams, 2022).

Con una serie di vignette cliniche, l’ottavo capitolo affronta le dinamiche che gravano sulla diade di supervisione, con un’approfondita disamina di alcune tendenze che caratterizzano le psicologie depressiva e masochistica, paranoide, schizoide, isterica, ossessivo-compulsiva, post traumatica, narcisistica e psicopatica, e degli effetti di queste dinamiche sulla supervisione stessa.

L’autrice sottolinea l’alta prevalenza di tratti depressivi-masochistici tra i terapeuti, per cui è comune in una diade di supervisione che sia il mentore sia il supervisionato presentino uno stile di personalità depressivo; tra le dinamiche più frequenti, si evidenziano processi introiettivi e formazioni reattive nei confronti di potenziali aggressori, che si manifestano con una tendenza profondamente radicata a sperimentare sensi di colpa, con gli autorimproveri e una pressione interna a dare priorità ai bisogni e alle prospettive degli altri a spese proprie Inoltre, l’autrice evidenzia come gli individui con una psicologia schizoide siano spesso attratti dalla vocazione psicoanalitica, in quanto particolarmente riflessivi e sensibili agli affetti, e come molte persone scelgano di diventare terapeuti al fine di cercare di comprendere e fare i conti con una personale storia traumatica (McWilliams, 2022).

In aggiunta alle concettualizzazioni diagnostiche, ci sono altri aspetti legati all’individualità che potrebbero influenzare la relazione di supervisione; in particolare, fattori come il genere, l’orientamento sessuale, influenze e identificazioni etniche e razziali, credenze e background spirituali o religiosi, orientamento politico e altre condizioni di unicità e marginalità (McWilliams, 2022).

Infine, l’ultimo capitolo presenta un taglio diverso dai precedenti in quanto esplora ciò che la supervisione al suo meglio può fare per la crescita professionale e personale di ciascun clinico, con alcuni consigli diretti al fine di indicare ai giovani professionisti in supervisione la strada per ottenere il massimo dalle loro esperienze di formazione.

Secondo Nancy McWilliams, “i principali obiettivi della supervisione si potrebbero sintetizzare in due punti: (1) sviluppare una voce guida di supervisore interno e (2) imparare a capire quando si ha bisogno del supporto della supervisione e come ricercarla nel corso della propria carriera” (p.6, 2022).

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • McWilliams, N. (2022). La supervisione. Teoria e pratica psicoanalitiche. Italia: Cortina Raffaello.
  • Watkins, C.E., Jr. (2011), “Celebrating psychoanalytic supervision: Considering a century of seminal contribution”. In Psychoanalytic Review, 98, 3, pp. 401-418
  • Winnicott, D.W. (1968), “The use of an object”. In International Journal of Psychoanalysis, 50, pp. 711-716.
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