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Il disturbo traumatico dello sviluppo: la necessità di una nuova diagnosi

Nel Disturbo Traumatico dello Sviluppo il bambino o l'adolescente vive o assiste a una vittimizzazione interpersonale e a un'interruzione dell’attaccamento

Di Chiara Crepaldi, Rosita Borlimi

Pubblicato il 31 Lug. 2022

Aggiornato il 04 Ago. 2022 15:15

Il Disturbo Traumatico dello Sviluppo integra più forme di disregolazione (affettiva, comportamentale, cognitiva, relazionale, psicosomatica), tutte legate all’esposizione a più traumi interpersonali nel contesto familiare durante l’infanzia (Spinazzola et al., 2018).

 

Disturbo Traumatico dello Sviluppo, Trauma Interpersonale e Polivittimizzazione

La diagnosi di Disturbo Traumatico dello Sviluppo (Developmental Trauma Disorder, DTD) è stata proposta da Bessel van der Kolk nel 2005 con l’obiettivo di classificare la sintomatologia presente in bambini e adolescenti esposti a traumi interpersonali, superando i criteri diagnostici del Disturbo da Stress Post-Traumatico (Post-Traumatic Stress Disorder, PTSD; D’Andrea et al., 2012; van der Kolk, 2015; van Der Kolk et al., 2019).

Il termine “trauma interpersonale”, anche detto “vittimizzazione interpersonale” (Haahr-Pedersen et al., 2020), racchiude in sé quelle forme di maltrattamento a cui gli individui possono essere sottoposti durante l’infanzia. Ne fanno parte, per esempio, il maltrattamento fisico e gli abusi sessuali, ma anche situazioni di abuso emotivo o di abbandono, o il deterioramento della relazione primaria con il caregiver. Attualmente, in letteratura, manca una diagnosi specifica per spiegare l’impatto negativo sullo sviluppo conseguente all’esposizione a queste situazioni traumatiche (D’Andrea et al., 2012; Spinazzola et al., 2018).

Nel 2005, Finkelhor e collaboratori hanno introdotto il concetto di “polivittimizzazione” per indicare l’esperienza di molteplici e differenti traumi interpersonali, e le rispettive conseguenze in bambini e adolescenti (Finkelhor et al., 2005; Haahr-Pedersen et al., 2020). I bambini polivittimizzati presentano una sintomatologia più acuta rispetto a chi ha vissuto solo un momento potenzialmente traumatico: il numero totale di traumi interpersonali risulta essere un predittore significativo della pervasività dei sintomi di stress post-traumatico (Finkelhor et al., 2005).

Le ricerche condotte sui bambini polivittimizzati hanno portato alla proposta di una nuova diagnosi, quella del Disturbo Traumatico dello Sviluppo.

Criteri proposti per il Disturbo Traumatico dello Sviluppo

Il Disturbo Traumatico dello Sviluppo integra più forme di disregolazione (affettiva, comportamentale, cognitiva, relazionale, psicosomatica), tutte legate all’esposizione a più traumi interpersonali nel contesto familiare durante l’infanzia (Spinazzola et al., 2018).

Nel febbraio 2009 è stata presentata una bozza dei criteri diagnostici proposti per il DTD dal National Child Traumatic Stress Network (NCTSN). Poiché il Disturbo Traumatico dello Sviluppo non è ancora stato inserito nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5; American Psychiatric Association [APA], 2013), è importante considerare i seguenti criteri come delle semplici descrizioni dei sintomi più comuni manifestati dai bambini che hanno fatto esperienza di traumi interpersonali (Spinazzola et al., 2021; van der Kolk, 2015; van Der Kolk et al., 2019).

Caratteristica fondamentale per una diagnosi di Disturbo Traumatico dello Sviluppo è che il bambino o l’adolescente abbia vissuto o assistito sia a una vittimizzazione interpersonale, sia ad un’interruzione dell’attaccamento con il caregiver primario (a causa, per esempio, di una separazione prolungata, di negligenza, o di abuso verbale/emotivo).

Sono poi stati individuati 15 sintomi specifici per il Disturbo Traumatico dello Sviluppo, suddivisi in tre differenti domini: disregolazione emotiva/somatica, disregolazione cognitiva/comportamentale e disregolazione auto/relazionale (Spinazzola et al., 2021).

  • Disregolazione psicosomatica o emotiva: 1) Incapacità di tollerare o superare stati emotivi difficili (per esempio, paura, rabbia, vergogna); 2) Avversione al tatto o ai suoni, o presenza di un disagio psicosomatico non meglio spiegato da un punto di vista medico; 3) Diminuita consapevolezza delle proprie emozioni e stati fisici; 4) Compromissione della capacità di descrivere emozioni o stati fisici.
  • Disregolazione comportamentale e attenzionale: 5) Mancato o eccessivo allarme verso stimoli minacciosi, sia ambientali che relazionali; 6) Alterazione della capacità di proteggersi e/o esposizione a situazioni rischiose; 7) Manovre di autoconforto disfunzionali (per esempio, dondolio e altre stereotipie motorie, masturbazione compulsiva); 8) Comportamenti automutilanti senza tendenze suicidarie; 9) Compromissione della capacità di avviare o sostenere un comportamento orientato all’obiettivo.
  • Disregolazione della percezione di sé e delle relazioni interpersonali: 10) Avversione verso se stessi, senso di inaiutabilità, convinzione di mancanza di valore, di essere sbagliati o difettosi; 11) Disturbi nella relazione di attaccamento (difficoltà di separazione o timore nel ricongiungimento con il caregiver); 12) Senso di sfiducia nei propri o altrui confronti, con atteggiamenti ipercritici o di rifiuto nei confronti delle persone più vicine, sia adulti che pari; 13) Comportamenti aggressivi (verbali e fisici) verso le persone più vicine, sia adulti che pari; 14) Comportamenti inappropriati (eccessivi o promiscui) di vicinanza e fiducia verso estranei; 15) Difficoltà o incapacità nel regolare il contatto empatico (eccessivo coinvolgimento o distacco nelle situazioni sociali).

Mancato riconoscimento della diagnosi di Disturbo Traumatico dello Sviluppo

In vista della stesura della quinta edizione del DSM, si era proposto di introdurre ufficialmente la diagnosi di Disturbo Traumatico dello Sviluppo. La richiesta è stata però rifiutata a causa della mancanza, in quel momento storico, di prove empiriche che sostenessero la necessità di questa diagnosi, la quale sembrava essere solo il risultato di “un’intuizione clinica” piuttosto che il prodotto di ricerche scientifiche validate (Spinazzola et al., 2021; van der Kolk, 2015).

Similitudini e differenze tra Disturbo Traumatico dello Sviluppo e PTSD

Affinché la diagnosi di Disturbo Traumatico dello Sviluppo venga approvata dall’American Psychiatric Association è importante dimostrare le differenze che la rendono una problematica distinta rispetto al più comune e riconosciuto PTSD (Spinazzola et al., 2021).

La diagnosi di Disturbo Traumatico dello Sviluppo è stata inizialmente proposta come un adattamento per bambini parallelo alla diagnosi per adulti di Disturbo da Stress Post-Traumatico Complesso (Complex Post-Traumatic Stress Disorder, CPTSD; Ford et al., 2018). Ciononostante nel Disturbo Traumatico dello Sviluppo sono stati poi inclusi altri sintomi, diversi da quelli tipici del PTSD o del CPTSD, e per questo motivo è importante considerarlo come un disturbo con caratteristiche proprie, e non come il sottotipo di altre diagnosi (van Der Kolk et al., 2019).

Sia il Disturbo Traumatico dello Sviluppo che il PTSD vengono associati a una storia di esposizione a diversi tipi di trauma interpersonale e attaccamento insicuro, eppure solo il Disturbo Traumatico dello Sviluppo può essere associato all’esposizione ad ambienti violenti con presenza di caregiver non responsivi alle richieste del bambino (Spinazzola et al., 2018; van Der Kolk et al., 2019). Il Disturbo Traumatico dello Sviluppo viene quindi associato specificatamente a vissuti di abuso emotivo e a una separazione traumatica/rottura del legame di attaccamento con il caregiver primario (Spinazzola et al., 2021). Altre tipologie di trauma interpersonale, come le aggressioni e gli abusi fisici, o il vivere una perdita traumatica, risultano invece essere associate solamente a un possibile esordio di PTSD (Spinazzola et al., 2018, 2021).

Utilità clinica di una diagnosi di Disturbo Traumatico dello Sviluppo

Bambini che hanno sperimentato una serie di traumi interpersonali e un attaccamento insicuro potrebbero esordire con una manifestazione sintomatologica simile a quella del PTSD, ma che si estende ulteriormente, andando a includere sintomi identificati come tipici del Disturbo Traumatico dello Sviluppo, come difficoltà nella regolazione delle emozioni, difficoltà di controllo comportamentale e difficoltà relazionali (Spinazzola et al., 2018). Per questo motivo, secondo questa prospettiva applicare una diagnosi di PTSD a dei bambini che presentano sintomi differenti, oltre che risultare impreciso, riduce anche le possibilità di somministrare loro un trattamento efficace (D’Andrea et al., 2012). Risulta quindi necessario integrare un quadro diagnostico proprio per il Disturbo Traumatico dello Sviluppo, così da poter pianificare dei trattamenti specifici per bambini e adolescenti polivittimizzati (DePierro et al., 2019; van Der Kolk et al., 2019).

 

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