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Tre caratteri (2022) di Christopher Bollas – Recensione del libro

Nel libro 'Tre caratteri' Bollas afferma come disturbi della personalità non siano altro che tentativi per sopravvivere a un dolore mentale intollerabile

Di Alice Mannarino

Pubblicato il 04 Mag. 2022

Nel saggio Tre caratteri Christopher Bollas analizza e approfondisce tre differenti strutture di personalità: narcisista, borderline e maniaco-depressiva.

 

L’autore introduce la tematica specificando quanto sia importante cogliere l’unicità del paziente a prescindere dalla diagnosi di personalità: ciascun paziente è un individuo con caratteristiche peculiari che lo differenziano dagli altri. Al tempo stesso, vero è, che ci sono alcune caratteristiche che accomunano determinate strutture della personalità e Bollas in questo saggio ha cercato di identificare gli assiomi principali che ne guidano il comportamento. I disturbi della personalità e la psicopatologia non sono altro che tentativi della personalità per compensare e sopravvivere a un dolore mentale intollerabile. Il modo in cui questo si struttura può dipendere da molteplici fattori e si differenzia da un carattere all’altro.

Il saggio si apre approfondendo la personalità narcisistica, dal mito di narciso, alla costruzione dell’immagine di sè, per poi passare all’analisi del vuoto e del ritiro narcisistico. Secondo Bollas, la caratteristica più significativa dei narcisisti è la richiesta di attenzione che può operare in modo molto sottile. Il narcisista idealizza se stesso, aderendo all’assioma “Io sono chi e cosa sembro essere”, e tende a proiettare questa idealizzazione negli altri o nelle proprie attività. Avviene quindi uno scambio relazionale del tipo “io idealizzo te e tu idealizzi me”, il narcisista con il proprio modo di fare carismatico e idealizzante incoraggia l’altro a esaltare se stesso, a patto che l’altro faccia lo stesso con lui/lei. In questo modo si costruisce una base rassicurante per il sentimento del valore di sé, altrimenti molto fragile. Il narcisista meno disturbato può stabilire una relazione di intimità e nel migliore dei casi questo ha come risultato un rapporto reciprocamente idealizzante. Questa personalità quando si relaziona idealizza per proteggersi da un’immagine interiorizzata dell’altro invasiva, inaffidabile e predatoria. Poiché l’inconscio ha interiorizzato l’intimità con l’altro come pericolosa per il Sé, il narcisista si difende aderendo ad un’immagine idealizzata sia di Sé che dell’altro. Invece che vivere una relazione di profonda intimità, ciò comporta il relazionarsi con degli Altri poco invasivi che necessitano a loro volta di idealizzazione e che faranno da specchio al sé del narcisista. Tenendo l’altro ad una distanza di sicurezza dal Sé, questo gioco di specchi può andare avanti per molto tempo. Se il narcisista è di tipo positivo può cavarsela trovandosi un partner altrettanto narcisista e dedicarsi ad un gran numero di amici che forniranno esperienze di rispecchiamento positivo, in modo che non vi sia necessità di un coinvolgimento intimo più profondo. Il narcisista scinde il Sé in oggetti idealizzati e oggetti che non lo sono, questi ultimi o rivestono un modesto interesse, sono inutili, o sono rivestiti di odio e disprezzo. Spesso se l’Altro, inizialmente idealizzato, delude il narcisista, viene disprezzato e ricoperto di odio. In questo modo, proprio attraverso l’odio, il narcisista mantiene un collegamento con ciò che ha scartato. Proprio su questo aspetto Bollas sottolinea una distinzione diagnostica, narcisista positivo e narcisista negativo. Il narcisista positivo è meno disturbato e riesce a crearsi un mondo di legami sufficientemente appaganti; il narcisista negativo invece è la personalità che sottende un funzionamento psicotico. Nella forma negativa vediamo il fondamento del razzismo, del sessismo e del genocidio; il diverso da sè diviene una figura entro la quale depositare le parti non accettate del proprio sè, tenute a distanza attraverso la svalutazione, il disprezzo e nei casi più gravi la distruzione e uccisione dell’altro. Dal punto di vista clinico, per il narcisista l’analisi può essere l’opportunità per vivere una relazione di reale intimità ma, affinchè ciò accada, è necessario attraversare un iniziale transfert idealizzante. Poi, come sostiene anche Kouth, si verifica la crisi effettiva, quando il paziente si sente deluso sia dall’analista, sia dal Sè. Generalmente a questo punto, se tutto va bene, tale delusione porta ad una realizzazione, ovvero la consapevolezza profonda che nè il Sè nè l’altro sono perfetti e alla conquista di una maggiore intimità relazionale.

Il saggio procede attraverso l’analisi della personalità borderline. Si tratta di una persona con un dolore mentale intenso e costante e, diversamente dal narcisista, egli sembra non volersene liberare, ma anzi di ricercarla. Nella personalità border è necessario un altro al quale possa essere attribuito questo dolore, per questo si trova spesso a vivere relazioni, anche di lunga durata, estremamente turbolente e conflittuali. La personalità borderline non possiede un senso definito di identità, che appare indefinita e frammentata. Avendo interiorizzato una figura dell’altro come turbolento e inaffidabile, riesce a percepire un senso di sé dal legame con un altro che “arreca disturbo”. Bollas sottolinea come non sia chiara per questa personalità la distinzione tra l’altro reale, l’altro interiorizzato e le proprie emozioni; al clinico arriva un tutt’uno indifferenziato. Se una personalità border potesse definirsi – Bollas sostiene – direbbe “sono la turbolenza dell’altro e come suo effetto a posteriori stabilisco con lui un legame di attaccamento”. È proprio attraverso la turbolenza che il border cerca di trovare il proprio posto nel mondo. Se l’Altro si identifica nel ruolo di salvatore e cerca di offrire aiuto al border, spronandolo all’indipendenza, il border si sente inconsciamente profondamente minacciato e reagisce attaccando l’altro e trasformando gli sforzi benevoli dell’altro in vissuti persecutori che vengono trasmessi attraverso comportamenti dannosi per il Sé e per l’altro. In questo modo il border fa sentire l’altro confuso, proprio come internamente si sente lui/lei. Dal punto di vista clinico, Bollas ritiene che un paziente border può tollerare l’interpretazione degli assiomi del proprio carattere, ma il clinico deve essere pronto a scontrarsi con il feroce tentativo del paziente di impedire che questo avvenga. Superata questa fase, se il paziente continua l’analisi, sarà possibile approfondire anche altri aspetti e costruire un senso di sé più solido e una percezione dell’altro differente.

Con il termine di personalità maniaco-depressiva, Bollas fa riferimento a quello che oggi viene più comunemente chiamato disturbo bipolare. Una persona è bipolare quando il suo umore oscilla tra estremamente elevato ed estremamente basso. Tutti noi quotidianamente abbiamo alti e bassi e sperimentiamo delle oscillazioni dell’umore, ecco gli alti e bassi del bipolare non sono questo tipo di sbalzi d’umore. Dal punto di vista psicoanalitico, quali sono gli elementi strutturali della personalità bipolare? Secondo l’autore le persone che sviluppano un disturbo bipolare, hanno vissuto all’interno di una famiglia molto piatta emotivamente, depressiva, dove le emozioni erano coperte da un velo costante di apatia. I pochi momenti entusiasmanti e carichi di emozione vengono vissuti dal bambino intensamente e in modo travolgente. Generalmente sono bambini che si sentono diversi e distanti dai propri coetanei e frequenti sono i momenti di ritiro solitario dove i propri pensieri e le proprie fantasie diventano un mondo consolatorio ed eccitante. Sono bambini molto intelligenti con idee creative, che vengono poco accolte dall’ambiente famigliare, svalutante nei confronti di questi momenti di vitalità del bambino. Il sè del bambino interiorizza questa svalutazione, si identifica con essa, inizia a prendere forma così il nucleo depressivo. Con l’arrivo dell’adolescenza, il futuro bipolare, scopre la musica, la lettura, i film e spesso essi diventano il suo mondo e le menti degli scrittori e dei registi diventano gli altri ai quali si sente più vicino, come se si creasse una connessione tra la sua mente e le menti che hanno creato le opere a cui si appassiona. Ed è proprio in questa fase che scopre una sensazione di grandiosità se lascia andare la mente, scrivendo o parlando, dando libero sfogo ai pensieri; si struttura così la componente grandiosa difensiva “io appartengo alle grandi menti, sto seguendo un cammino differente. Poi improvvisamente le luci si spengono, era solo un sogno”. Dal punto di vista clinico, Bollas è un forte sostenitore dell’utilità della terapia per questo tipo di pazienti. Il lavoro richiede molto tempo e molta pazienza, sopportando spaventosi alti e bassi, ma questo fa sì che i due aspetti del Sé (quello grandioso e quello depressivo) possano essere messi sempre di più l’uno a contatto con l’altro. Citando Bollas “la normale salute è inconfondibile, ma anche deludente. Non si può avere tutto.”

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Bollas, C. (2022). Tre caratteri. Raffaello Cortina Editore.
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