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La musica in tempo di guerra per tenere viva la speranza

La musica è capace di offrire sollievo quando a quello che ci circonda non siamo più capaci di trovare una spiegazione logica, come nel caso della guerra

Di Annalisa Balestrieri

Pubblicato il 30 Mar. 2022

Abbiamo visto una musicista suonare il suo violino in un rifugio sotterraneo, forse un gesto nato per caso, forse la musica era l’unico modo che questa persona conosceva per tentare di tranquillizzare le persone terrorizzate che condividevano con lei quel rifugio.

 

L’abbiamo visto nei giorni più bui della pandemia, i primi mesi in cui il mondo si era fermato e la televisione trasmetteva immagini terribili che abbiamo ancora tutti davanti agli occhi. Il rifugio alla disperazione era diventato la musica. Musica nelle strade, dai balconi, dalle finestre. Persone che ad ore fisse si ritrovavano simbolicamente unite a cantare la speranza.

Ora che il nemico Covid non è ancora sconfitto, un nuovo nemico non meno spaventoso ci minaccia e ci spaventa: la guerra.

E ancora una volta nelle strade si sente suonare.

Musica e trascendenza

Trascendente è ciò che va “al di là”, al di là del mondo in cui viviamo e dell’esperienza che abbiamo sperimentato. Al di fuori della realtà. Un termine che ben si adatta all’arte in generale e quindi anche alla musica, capace di offrire sollievo quando a quello che ci circonda non siamo più capaci di trovare una spiegazione logica.

Nella specifica situazione della guerra, cui stiamo purtroppo assistendo in questi giorni, la musica soddisfa tre esigenze principali:

  • aiuta a superare la paura non facendo sentire soli
  • rafforza il senso di identità, del bene comune e della responsabilità sociale
  • soddisfa il bisogno di misticismo e la ricerca dell’ordine

Ripensando alle immagini che ci sono arrivate negli ultimi giorni dall’Ucraina, cerchiamo di capire da cosa nascono questi bisogni e come nella musica si cerchi una risposta capace di offrire sollievo.

Musica per non sentirsi soli

Sappiamo che l’uomo è per sua natura un animale sociale, interagire con i suoi simili fa parte del suo istinto. Questa necessità si avverte in modo particolare nelle situazioni estreme. Quando siamo immensamente felici sentiamo il bisogno di condividere la nostra gioia con chi ci sta intorno. Lo stesso succede quando siamo tristi, angosciati, impauriti. Abbiamo visto la bambina nella penombra di un rifugio sotterraneo cantare la canzone di un cartone animato, quasi ad invocare un diritto alla serenità che dovrebbe essere garantito, se non a tutti, almeno a chi ha la sua età.

Essere soli di fronte ad un pericolo ne aumenta la portata e accresce il nostro senso di impotenza. La fatica e la sofferenza fanno meno paura e diventano meno gravose se condivise. Creare uno “spirito di gruppo” rappresenta un mezzo assai più conveniente per non soccombere alle avversità e alle minacce, e in questo la musica ha sicuramente svolto da sempre un ruolo fondamentale.

In questi giorni abbiamo visto una musicista suonare il suo violino in un rifugio sotterraneo, un gesto nato per caso, forse l’unico modo che questa persona conosceva per tentare di tranquillizzare le persone terrorizzate che condividevano con lei quel rifugio (riusciamo ad immaginare quello che si può provare in un bunker, mentre la nostra casa e tutto quello che possediamo sono sopra le nostre teste, esposte ai bombardamenti?). I video di quel concerto improvvisato sono passati di mano in mano, di rifugio in rifugio. “Siamo diventati una famiglia”, ha spiegato la violinista quando quelle immagini sono diventate virali e le è stato chiesto il significato di quel gesto. E una famiglia è il nucleo da cui si attinge forza nei momenti più difficili.

Musica e identità

La banda dell’esercito di Kiev suona l’inno nazionale nella piazza della capitale, dove le strade sono diventate trincee. L’inno ha lo stesso compito della bandiera, svolge una funzione simbolica capace di rafforzare valori e senso civile. Nelle sue note e nelle sue parole si trova il senso di condivisione e di appartenenza di un popolo. Noi siamo generalmente abituati ad associare l’inno a situazioni fortunatamente molto meno drammatiche, per lo più ad eventi sportivi, ma il suo significato non cambia di molto. È il simbolo di un orgoglio nazionale, un modo di dare forza e dignità alla propria immagine verso l’esterno, sia esso un rivale, un nemico o un aggressore.

In questi giorni vediamo persone che cantano sulla spiaggia di Odessa mente riempiono sacchi con la sabbia per farne barricate. Per superare la paura e prepararsi alla difesa del bene comune.

La musica ci richiama all’unità

Dà consolazione, conferma il senso di identità, infonde coraggio attraverso la condivisione e la coesione sociale, che diventano la base perché possano nascere azioni collettive finalizzate al raggiungimento di un obiettivo comune e perché si arrivi a poter pianificare azioni congiunte in vista di un traguardo futuro.

Inoltre la musica, fin dal passato più remoto, ha anche una funzione, se vogliamo meno concreta, ma altrettanto utile: consente all’uomo di staccarsi momentaneamente dalla realtà abbassando il suo livello di guardia, ma lo fa in un modo che è facilmente e velocemente reversibile. Più l’uomo diventa consapevole della sua condizione più cresce in lui anche uno stato d’ansia e uno stato d’ansia che si protrae a lungo diventa difficile da gestire e può inibire le risposte giuste da mettere in atto nel momento in cui si presenta un pericolo reale. Un allontanamento transitorio e reversibile dalla realtà consente di abbassare l’angoscia e lo stato di allarme e questo permette di agevolare una risposta più adeguata di fronte ad un pericolo che dovesse presentarsi all’improvviso.

Musica e misticismo

I brividi che ci sono arrivati del coro dell’Opera di Odessa che si raduna in piazza e intona Va pensiero di Giuseppe Verdi, con quella frase che suona straziante: “Oh mia patria sì bella e perduta!”, introducono un altro concetto.

Oltre al senso della patria c’è la ricerca di una spiegazione che venga dall’alto. Ci si rivolge a Dio, ad un potere superiore che sappia dare un senso al dolore, capace di ispirare una musica che possa infondere forza contro le sofferenze:

o t’ispiri il Signore un concento
che ne infonda al patire virtù!

L’uomo cerca rifugio nella fede perché avverte che da solo non ha il controllo sugli eventi che lo circondano. Perché, da sempre, non ha il controllo sulla vita e sulla morte. Il misticismo è un atteggiamento spirituale che tende a superare la logica dell’esperienza per tendere all’assoluto, ad un potere soprannaturale in grado di riportare l’ordine delle cose. In grado di riportare la serenità dove la logica e l’esperienza hanno fallito.

Carl Gustav Jung, psicanalista ma anche scienziato, ha affermato: “Tutto ciò che ho appreso nella vita, mi ha portato passo dopo passo alla convinzione incrollabile dell’esistenza di Dio. Io credo soltanto in ciò che so per esperienza. Questo esclude la fede. Dunque io non credo all’esistenza di Dio per fede. Io so che Dio esiste”.

Una riflessione

Davanti alle immagini che scorrono sui nostri televisori resta un senso di impotenza misto alla colpa. Colpa per non essere abbastanza forti, coraggiosi o intelligenti da riuscire ad evitare tutto questo. Certo possiamo pensare che non siamo stati noi a volerlo, ma siamo consapevoli che la pace è una conquista che richiede lo sforzo e il contributo di tutti. E una guerra è una sconfitta. Per tutti.

Una sconfitta di cui, forse, sentiamo la necessità di chiedere perdono.

e poi… prendere quel treno
che porta a casa tua
e chiederti perdono
di questa vacca guerra
che non è colpa mia
non è colpa mia…non è colpa mia…. (Nikolajevka, Massimo Priviero).

 

LA VIOLINISTA VERA LYTOVCHENKO SI ESIBISCE IN UN BUNKER DI KHARKIV – Guarda il video:

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Balestrieri, A. (2021). La mente in musica. Come reagisce il cervello all’ascolto della musica, Milano, Independently published.
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