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Il concetto di bisogno nella ricerca in psicologia. Seconda parte: teorie rappresentative a confronto

Le teorie dei bisogni sono tentativi che hanno portato a identificare insiemi di bisogni giudicati di volta in volta come particolarmente rappresentativi

Di Giammaria Trimarco

Pubblicato il 21 Mar. 2022

Dal punto di vista della sopravvivenza alcuni bisogni sono necessari per l’organismo in quanto senza di essi cesserebbe la vita; altri, di matrice psicologica, hanno invece un impatto misurabile in base ad altri parametri.

Ndr – Il presente articolo è il secondo di una serie di tre contributi sull’argomento. Il primo contributo è stato pubblicato la settimana scorsa su State of Mind, il terzo verrà pubblicato la prossima settimana.

 

Quando un bisogno è fondamentale dal punto di vista psicologico ?

La questione dei bisogni fondamentali è in ultima istanza anche una questione di cosa distingua l’uomo dalle altre specie animali. Le differenze sono solo di costituzione fisica o anche psicologica? Sono solo quantitative o anche qualitative? C’è qualcosa che tutti gli individui, indipendentemente dalle loro caratteristiche soggettive, universalmente considerano desiderabile?

Per la psicologia rispondere a queste domande vorrebbe dire poter descrivere con precisione il comportamento umano, spiegarlo, influenzarlo, prevederlo fin dalle sue espressioni più superficiali, riconnettendo tutto al funzionamento psicologico generale. Purtroppo non sembriamo avere ancora una teoria unificata dei bisogni fondamentali in grado di svolgere il ruolo, per la psicologia, che svolgono ad esempio la fisica, la chimica e la biologia per la medicina: un ruolo fondativo e un prerequisito a partire dal quale comprendere tutto il resto.

Le teorie dei bisogni in questo senso sono tentativi parziali che hanno portato, per mezzo di lavoro speculativo sottoposto a test d’ipotesi e supportato da successiva validazione empirica, a identificare degli insiemi di bisogni umani, giudicati di volta in volta come particolarmente rappresentativi.

Ma come identificare un bisogno? Una serie di criteri utili a questo scopo ci sono forniti da Baumeister e Leary (1995) nelle loro considerazioni a favore della tesi che il bisogno di appartenenza sia un bisogno fondamentale. In questo senso:

  • la sua soddisfazione produce effetti immediati in tutte le condizioni favorevoli;
  • possiede una componente affettiva;
  • dirige l’elaborazione cognitiva;
  • se ostacolato conduce a conseguenze negative per il benessere;
  • stimola condotte orientate all’obiettivo allo scopo di essere soddisfatto, e può subire variazioni a livello motivazionale (ad esempio per saziazione e sostituzione d’oggetto);
  • è universale e si applica a ogni individuo;
  • non deriva da altre motivazioni e non ve ne derivano altre;
  • influenza un’ampia varietà di comportamenti.

È fuori di dubbio che dal punto di vista della sopravvivenza alcuni bisogni, soprattutto se di matrice biologica, siano necessari per l’organismo in quanto senza di essi cesserebbe la vita e quindi, per definizione, la loro mancata/avvenuta soddisfazione ha un impatto sulla salute in tempi brevi (non si sopravvive neppure una settimana senza bere). Altri bisogni, di matrice psicologica, hanno invece un impatto misurabile in base ad altri parametri (ad esempio livelli di stress, qualità della vita, percezione di benessere etc.) e su distanze temporali più lunghe.

In questo senso possiamo pensare ai classici bisogni di controllo (Rotter, 1966), di mantenere l’autostima (Sedikides, 1993), di avere relazioni significative (Bowlby, 1969) e molti altri, e di come la difficoltà nel loro soddisfacimento, come noto, impatti sulla salute individuale (ad es. Marmot, 2003). In aggiunta a ciò, riferendoci ai criteri visti sopra, il soddisfacimento del bisogno psicologico dovrebbe promuovere il funzionamento ottimale della persona ed essere fonte di flourishing: una vita più ricca, produttiva, coinvolta in relazioni significative, autentica, nella quale sia possibile sviluppare il proprio potenziale psicologico e una progettualità di vita autentica (Deci & Ryan, 2000). In questo senso il loro soddisfacimento resta comunque fondamentale per chiunque.

Le diverse tassonomie si sono rivelate, da questo punto di vista, estremamente feconde. Ma il prezzo della proliferazione di teorie è la confusione e la dispersione, sembra quindi utile pensare a delle modalità con le quali comporre un quadro di riferimento coerente ed unitario delle teorie sui bisogni maggiormente validate e di successo, per trovare sintesi e integrazione.

Confrontare le diverse teorie sulla base delle relazioni tra bisogni

A questo proposito Pittman e Zeigler (2007) propongono un confronto basato sulla distinzione dei livelli di analisi delle diverse teorie, allo scopo di identificare aree di sovrapposizione concettuale e possibilmente empirica, come anche la tipologia strutturale che lega i bisogni da esse considerati. Dal punto di vista strutturale, gli autori propongono quattro possibilità:

  • Struttura gerarchica;
  • Struttura a un bisogno fondamentale dal quale dipendono gli altri e al quale gli altri sono direttamente riferiti;
  • Struttura a sistema di controlli e bilanci tra elementi e processi consapevoli e inconsapevoli (o consci e inconsci, se la teoria possiede una matrice psicodinamica);
  • Struttura a sistemi indipendenti.

Struttura gerarchica

Un esempio è la teoria dei bisogni di Maslow (1943). I bisogni fondamentali si situano su un gerarchia che culmina nel bisogno di attualizzare il sé, ovvero il portare a realizzazione le proprie aspettative e possibilità: bisogni fisiologici (sopravvivenza e necessità biologica), di sicurezza (padronanza e difesa in relazione agli eventi della vita), di appartenenza (far parte di un gruppo, di una comunità, cooperare), di stima (riconoscimento di stima e apprezzamento da parte degli altri), di attualizzazione di sé.

Un altro esempio è la teoria dell’autoaffermazione di sé (Steele, 1988). Quando il senso del sé è minacciato dalla percezione di incoerenza o dal timore di un fallimento, l’individuo reagisce allo scopo di ritrovare una percezione coerente di sé, cui sono subordinati tutti gli altri bisogni (di adattamento, di riduzione della dissonanza cognitiva, di percepirsi competenti etc.).

Struttura a un bisogno fondamentale

Un esempio di questa struttura è fornita dalla teoria dei motivi sociali di fondo (Core Social Motive Theory; Stevens & Fiske, 1995). Cinque bisogni sono considerati fondamentali perché emersi nel corso dell’evoluzione dell’uomo e funzionali per la sopravvivenza sociale: bisogno di appartenere a un gruppo, di comprendere il mondo fisico e sociale, di sentirsi efficaci ed in grado di esercitare influenza e controllo sull’ambiente, di mantenere l’autostima, di percepire il mondo come benevolo e non minaccioso. Essi si attiverebbero alla presenza di altri reale, immaginata o anche solo implicita (ad esempio quando si è ripresi da una videocamera). Il bisogno di appartenenza è considerato il bisogno fondamentale e dal quale tutti gli altri dipendono.

Un altro esempio è la teoria dell’attaccamento (Bowlby, 1969), che descrive il funzionamento di sistemi autoregolatori (sistema della paura, dell’esplorazione/del gioco, dell’attaccamento/accudimento/affiliazione) corretti all’obiettivo da raggiungere. Il sistema di attaccamento (ricerca di vicinanza, conforto e protezione in situazioni di malessere, dolore, pericolo) avrebbe la priorità poiché dal punto di vista individuale (ontogenetico) si presenta per primo, ‘dalla culla alla tomba’ (Bowlby, 1982), guidando i comportamenti del neonato con l’obiettivo principale di garantirgli la sopravvivenza e, successivamente, nel corso della vita, influenzando in maniera significativa il funzionamento degli altri sistemi (cfr. Mikulincer & Shaver, 2007).

Un ultimo esempio, infine, è fornito dalla Terror Managment Theory (Pyszczynski, Greenberg & Solomon, 1997), che espande le conseguenze dei mandati evoluzionistici dell’autopreservazione e della sopravvivenza ai meccanismi di gestione dell’ansia. La problematizzazione della mortalità per gli autori è una questione tipicamente umana derivante da abilità cognitive come l’autoconsapevolezza e il pensiero astratto, e porterebbe l’individuo ad una frattura esistenziale generatrice di ansia. Di conseguenza la persona tenterebbe, inconsapevolmente, di fronteggiare l’ansia per mezzo della ricerca dell’immortalità ‘reale’, sotto forma di credenze in una vita nell’aldilà, o simbolica, espandendo il Sé tramite la propria discendenza biologica, le opere o i riconoscimenti terreni. Per questi scopi entrano in gioco due ordini di credenze: la credenza nella validità della visione del mondo, degli standard e dei valori della cultura cui si fa riferimento, e la credenza di stare vivendo all’altezza di tali standard e valori, equiparata all’autostima (Rosenblatt, Greenberg, Solomon, Pyszczynski, & Lyon, 1989).

Quando invece la morte venisse consapevolmente contemplata, entrerebbero in gioco reazioni diverse e miranti al soddisfacimento di ‘motivi diretti’, come i motivi fisiologici (il bisogno di acqua, di cibo etc.) e i pensieri consapevoli riguardanti la longevità propria o della propria stirpe (Pyszczynski, Greenberg, & Solomon, 1999).

Struttura a sistema di controlli e bilanci

La teoria cognitivo-esperienziale del sé rientra tra le cosiddette ‘teorie del doppio processo’ (per una rassegna, si veda Stanovich & West, 2000), ed è una teoria della personalità influenzata dal pensiero psicodinamico (Epstein, 1992). Essa assume che l’individuo elabori le informazioni provenienti dall’ambiente interno ed esterno tramite due diversi sistemi – il sistema razionale ed il sistema esperienziale – operanti in accordo a regole diverse. Il primo opera a livello consapevole, lento e sequenziale, guidato dal pensiero analitico e dalla conoscenza mediata socialmente; il secondo opera in assenza di deliberazione consapevole, sotto l’influenza delle emozioni, e utilizzando scorciatoie cognitive quali euristiche e intuizione.

Quattro bisogni fondamentali fungono da scopi primari per entrambi i sistemi: massimizzare il piacere e minimizzare il dolore, mantenere un sistema di concetti stabile e coerente per organizzare l’esperienza, mantenere le relazioni con gli altri, mantenere un’autostima positiva. In questo modo il soddisfacimento di essi fungerebbe da meccanismo di controlli e bilanci permettendo al comportamento di rimanere entro limiti adattivi.

Liste di sistemi indipendenti

La teoria dell’autodeterminazione (Deci & Ryan, 1980) assume l’esistenza di tre bisogni di base: bisogno di autonomia (capacità di autoregolazione); bisogno di competenza (efficacia nell’interazione con l’ambiente); bisogno di essere in relazione con altri in modo autentico e significativo. Il soddisfacimento dei bisogni di autonomia e competenza è necessario affinché la persona riesca a motivarsi da sé, indipendentemente dai risultati che l’ambiente gli paventa (motivazione intrinseca). Il soddisfacimento del bisogno di relazione ha un ruolo nel processo di internalizzazione di leggi, regole, prescrizioni culturali, nell’adozione di abiti di pensiero e nell’impegno in azioni collaborative.

Il grado maggiore di vitalità, flessibilità psicologica e di un senso profondo di benessere, si presentano per l’individuo quando tutti e tre i bisogni sono soddisfatti.

Considerare le diverse teorie dei bisogni in base ai livelli di analisi e alla struttura che mette in relazione i bisogni considerati può rivelarsi un’euristica efficace per identificare in base a quali relazioni concettuali cercare risultati di ricerca empirica a sostegno della produzione di un quadro integrativo. Questo è ciò che si cercherà brevemente di mostrare nel prossimo contributo, ispirato, come i precedenti, dalle analisi di Pittman e Zeigler (2007).

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Baumeister, R. F., & Leary, M. R. (1995). The need to belong: desire for interpersonal attachments as a fundamental human motivation. Psychological bulletin, 117(3), 497–529.
  • Bowlby, J. (1969). Attachment and Loss, Vol. 1: Attachment. Attachment and Loss. New York: Basic Books.
  • Deci, E. L., & Ryan, R. M. (1980). Self-determination theory: When mind mediates behavior. The Journal of mind and Behavior, 33-43.
  • Epstein, S. (1992). The cognitive self, the psychoanalytic self, and the forgotten selves. Psychological Inquiry, 34-37.
  • Marmot, M. (2003). Self esteem and health. Bmj, 327(7415), 574-575.
  • Maslow, A. H. (1943). A theory of human motivation. Psychological Review, 50(4), 370-96.
  • Mikulincer, M., & Shaver, P. R. (2007). Attachment in adulthood: Structure, dynamics, and change. Guilford Press.
  • Pittman, T. S., & Zeigler, K. R. (2007). Basic human needs. In A. W. Kruglanski & E. T. Higgins (Eds.), Social psychology: Handbook of basic principles (pp. 473–489). The Guilford Press.
  • Pyszczynski, T., Greenberg, J., & Solomon, S. (1997). Why do we need what we need? A terror management perspective on the roots of human social motivation. Psychological inquiry, 8(1), 1-20.
  • Pyszczynski, T., Greenberg, J., & Solomon, S. (1999). A dual-process model of defense against conscious and unconscious death-related thoughts: an extension of terror management theory. Psychological review, 106(4), 835.
  • Rosenblatt, A., Greenberg, J., Solomon, S., Pyszczynski, T., & Lyon, D. (1989). Evidence for terror management theory: I. The effects of mortality salience on reactions to those who violate or uphold cultural values. Journal of personality and social psychology, 57(4), 681.
  • Rotter, J. B. (1966). Generalized expectancies for internal versus external control of reinforcement. Psychological monographs: General and applied, 80(1), 1.
  • Ryan, R. M., & Deci, E. L. (2000). Self-determination theory and the facilitation of intrinsic motivation, social development, and well-being. American psychologist, 55(1), 68.
  • Sedikides, C. (1993). Assessment, enhancement, and verification determinants of the self-evaluation process. Journal of personality and social psychology, 65(2), 317.
  • Stanovich, K. E., & West, R. F. (2000). Individual differences in reasoning: Implications for the rationality debate?. Behavioral and brain sciences, 23(5), 645-665.
  • Steele, C. M. (1988). The psychology of self-affirmation: Sustaining the integrity of the self. In Advances in experimental social psychology (Vol. 21, pp. 261-302). Academic Press.
  • Stevens, L. E., & Fiske, S. T. (1995). Motivation and cognition in social life: A social survival perspective. Social cognition, 13(3), 189-214.
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