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Mindfulness e self-compassion: tra psico-educazione e clinica – Report dalla Conferenza Internazionale

Una conferenza internazionale sulla connessione tra la mindfulness, la self-compassion e il mondo della psicologia e della psicoterapia

Di Martina Bandera

Pubblicato il 09 Dic. 2021

La conferenza internazionale dal titolo Mindfulness e Self-compassion: tra psico-educazione e clinica ha avuto come tema principale le modalità di connessione tra la mindfulness e la self-compassion e il mondo della psicologia e psicoterapia. 

 

Il 27 e 28 novembre 2021 si è svolta, in modalità a distanza, la conferenza internazionale dal titolo Mindfulness e Self-compassion: tra psico-educazione e clinica organizzata da “Bioenergetica e Mindfulness” di Nicoletta Cinotti e “Interessere – mindfulness in azione” con il patrocinio del Consiglio Nazionale degli Ordini degli Psicologi.

Le pratiche di mindfulness da tempo ormai si sono affacciate sul panorama clinico offrendo molte esperienze in diversi contesti sociali e lavorativi mostrando effetti positivi sia dal punto di vista del benessere psico-fisico personale esperito dai singoli, sia sul versante scientifico, come dimostrano le numerose ricerche nate attorno all’argomento.

Con la situazione pandemica globale poi, moltissime persone si sono avvicinate alla mindfulness e alle pratiche meditative. 

La conferenza internazionale tenutasi in modalità online sabato 27 e domenica 28 novembre 2021 ha avuto come tema principale le modalità di connessione e lo stato dell’arte attuale tra la mindfulness e la self-compassion e il mondo della psicologia e psicoterapia.

Mindfulness e Self-compsassion tra psico-edcazione e clinica: i punti di forza della conferenza

La web-conference era dedicata e aperti a tutti, gli argomenti trattati e la modalità con cui questi sono stati affrontati tuttavia presupponevano conoscenze precedentemente acquisite circa le tematiche specifiche. Nota di merito per l’organizzazione di entrambe le giornate: svolte sulla piattaforma zoom, gestite egregiamente dai tecnici sia le sessioni plenarie, sia le pratiche in piccoli gruppi. Sono state infatti svolte due sessioni di pratica formale in seguito alle quali hanno avuto luogo condivisoni in piccoli gruppi. La platea virtuale era composta da circa 180 uditori, i gruppi di condivisone erano formati da una decina di persone, tale condizione ha permesso una dimensione interpersonale intima non inibente che ha consentito ad ogni partecipante l’esposizione delle sensazioni esperite. La lingua della conferenza era l’inglese, la traduzione simultanea e l’ottimo lavoro delle professioniste che se ne sono occupate ha offerto la possibilità di seguire gli interventi in italiano. Infine per i professionisti sanitari vi era la possibilità di acquisire crediti formativi, la registrazione di entrambe le giornate è stata resa disponibile il giorno successiva alla fine dei lavori. La piattaforma symposia congressi con un’interfaccia semplice e intuitiva permetteva l’accesso alla piattaforma virtuale, la consultazione rapida del programma e di tutti i documenti del convengo compresi contenuti aggiuntivi consigliati e suggeriti.

I protocolli Mindfulness

Il programma ha visto un intenso susseguirsi di interventi e sessioni di pratica per tutta la giornata di sabato e per l’intera mattina della domenica.

Durante la mattinata della prima giornata, mediata da Paola Mamone – cofondatrice di “Interessere Mindfulness in azione”, l’attenzione è stata rivolta alla pratica clinica dei protocolli mindfulness con particolare interesse alla genitorialità (italianizzato dal termine inglese parenting) e dei sistemi familiari in cui i genitori e i figli sono inseriti. Il tema è stato ben affrontato nell’alternarsi degli interventi di Nicoletta Cinotti e Susan Bogels, autrice del libro Mindful Parenting (2020) la quale ha parlato del Mindful Parenting in tempi difficili. Dal Regno Unito invece l’intervento successivo di Rebecca Crane ha spiegato la qualità delle competenze necessarie negli interventi basati sulla mindfulness attraverso l’osservazione di criteri stabiliti per l’assessment secondo il modello MBI-TAC (Mindfulness-based Teaching Assessment Criteria). Nella seconda parte Nicoletta Cinotti ha guidato una pratica formale di reparenting. Nota dolente in questo caso la qualità del suono attraverso la piattaforma telematica che ha quasi annullato il riverbero della campana tibetana (strumento fondamentale nelle pratiche di mindfulness). Finita la pratica, si è svolta la condivisone in piccoli gruppi guidata dai facilitatori, alla quale è seguita la condivisone generale in plenaria.

Self-compassion

Il pomeriggio della stessa giornata è stato completamente dedicato alla self-compassion (in italiano tradotto come compassione) pratica che condivide alcuni principi con la mindfulness ma che presenta caratteristiche proprie. L’introduzione del pomeriggio è stata affidata ad Alessandro Giannandrea che ha presentato un magnifico intervento sulla natura della coscienza e sul suo ruolo all’interno della pratica terapeutica e negli interventi di mindfulness. L’arduo compito di spiegare i complessi legami tra mindfulness, self-compassion e psicoterapia è stato affidato a Christopher Germer, ideatore, insieme a Kristin Neff, proprio del protocollo di Mindful Self-compassion. La relazione di Germer, presentata in maniera egregia, ha chiarito il legame tra mindfulness e lavoro psicoterapico riprendendo quello che già avevamo potuto leggere nel suo testo del 2018: Le psicoterapie orientate alla Mindfulness.

La conclusione della sessione plenaria affidata alla spagnola Maya Wrzesien ha presentato gli interventi ad oggi attuati in termini di compassione dal punto di vista clinico.

La pratica formale, affidata questa volta alla voce di Paola Mamone, ha permesso di sperimentare la gentilezza e la compassione verso di sé. La riflessione in piccoli gruppi e poi in sessione riunita è seguita subito dopo concludendo così la prima giornata.

La mindfulness tra scienza e clinica

Il secondo giorno di incontro, tenutosi solo nelle ore mattutine, ha visto l’alternarsi di due interventi molto belli ma tecnici, considerando la natura degli argomenti. Dopo la Mamone, che ha parlato del percorso affrontato negli anni per affermare a livello scientifico e nella sfera clinica la pratica della mindfulness, è intervenuto dai Paesi Bassi Robert Brandsma che ha esordito con una riflessione attenta e apprezzabile, seppur di poche parole, rispetto al vantaggio a livello ambientale delle modalità online. Il suo intervento si è focalizzato sulla difficoltà e allo stesso tempo sull’importanza della fase dell’inquiring all’interno delle sedute con i praticanti. Un leggero ritardo nei lavori iniziali non ha permesso il tempo previsto per il break. La tavola rotonda, in programma dopo la pausa, ha visto l’alternarsi a ritmi sostenuti (circa 7 minuti per ogni relatore) di diversi terapeuti che hanno mostrato i punti di contatto e l’utilizzo della mindfulness all’interno dei diversi approcci terapeutici: Acceptance and Commitment Therapy presentata da Andrea Bassanini; Schema therapy; Compassion Focused Therapy, ben esposta da Nicola Petrocchi; psicoterapia analitica e antropologia esistenziale; mindfulness interpersonale; Self-compassion. Nota particolare per Maria Beatrice Toro che ha presentato la prospettiva cognitivista arricchendo il suo intervento di forte emozione e di una bellissima metafora.

In conclusione si è lasciato spazio alle domande e ai ringraziamenti sentiti a tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione delle giornate.

Complessivamente una conferenza ben organizzata dal punto di vista logistico, per la qualità e la modalità degli argomenti trattati e per le personalità di spicco che vi hanno presenziato. Tutti gli interventi hanno mostrato in modo consono e adeguato il modo in cui la pratica della mindfulness si può declinare all’interno dei diversi approcci terapeutici, arricchendo la clinica di un elemento importante quale quello dell’attenzione focalizzata e della presenza consapevole nel rapporto con il paziente e nell’alleanza con esso. Gli interventi hanno assunto il carattere scientifico che la Mindfulness ha dimostrato di avere grazie alle numerose ricerche, sopratutto internazionali, presenti ad oggi nel panorama scientifico.

La pratica di consapevolezza è stata presentata come elemento arricchente dell’approccio terapeutico, basato sul sentire del clinico che partecipa in prima persona all’ascolto e all’attenzione dell’esperienza condivisa del paziente e che con esso “risuona”. Bellissima l’immagine di Brandsma che paragona il terapeuta a una campana tibetana, questa risuona restituendo note ordinate e comprensibili all’orecchio solo quando vuota, cioè libera da ogni cosa che potrebbe risiedere al suo interno, allo stesso modo il terapeuta deve essere libero da pensieri non richiesti al fine di entrare in un approccio di ascolto e attenzione consapevole con il paziente.

 

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