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Un concetto base della psicologia sociale: l’anticipazione degli eventi – I Parte

La psicologia della previsione studia i meccanismi attraverso i quali costruiamo le previsioni sul futuro, ma anche come migliorarne l'aderenza alla realtà

Di Giammaria Trimarco

Pubblicato il 26 Ott. 2021

Aggiornato il 28 Ott. 2021 11:25

Questo e il prossimo articolo cercheranno di introdurre il lettore poco esperto ai principi teorici della psicologia della predizione.

Ndr – Il presente articolo è il primo di una serie di due articoli sul tema dell’anticipazione degli eventi. Il secondo contributo sarà pubblicato nei prossimi giorni su State of Mind

 

Sono fuori dall’ufficio del professore in attesa di essere ricevuto. Mi è stato dato appuntamento per discutere del progetto per la tesi di laurea. Non sono nervoso, ma non saprei con precisione cosa aspettarmi. I pensieri girano cercando di predire in anticipo quali domande e quali osservazioni saranno fatte al mio lavoro, e sulla base di queste supposizioni inizio a preparare le mie risposte. Penso anche nel frattempo a cosa potrei fare per migliorare il progetto e dove troverò il tempo per farlo, dato che siamo a ridosso dell’estate e, francamente, desidererei stare in spiaggia anziché davanti a un computer in camera.

Ogni giorno le persone spendono gran parte del proprio tempo per pensare, parlare e fare calcoli su cosa le aspetta nel futuro: cosa faranno gli altri, cosa faranno loro stessi, cosa accadrà nel mondo. Anche molte professioni sembrano fondarsi sulla capacità del professionista di leggere le informazioni presenti nell’ambiente, per poi estrapolarne previsioni sul futuro e sostenerne la ragionevolezza di fronte al proprio pubblico: il medico cerca di prevedere il decorso di una malattia, l’operatore di borsa l’evoluzione dei prezzi sui mercati, lo psicologo forense e lo psichiatra la probabilità che l’imputato possa riattuare una condotta deviante. Gli esempi possono essere molti.

La psicologia della predizione cerca di studiare i processi che descrivono adeguatamente la capacità delle persone di crearsi un’idea di ciò che faranno loro stessi, gli altri, e ciò che accadrà nel mondo. Nel complesso questa disciplina dimostra come gli individui raramente possiedono tutta l’informazione necessaria per fare predizioni accurate e, comunque, anche se la possedessero, il risultato sarebbe fortemente influenzato da bias e distorsioni cognitive derivanti da abitudini di pensiero scorrette e dalla mancanza di consapevolezza degli elementi della psicologia individuale che influenzano tali risultati.

Sulla base di queste osservazioni Dunning (2007) fornisce un resoconto teorico che sintetizza i limiti della cognizione umana appena considerati, come anche per fornire indicazioni su come ‘riparare’ (rendere più accurate e valide e, quindi, aderenti alla realtà) le proprie previsioni.

Questo e il prossimo articolo cercheranno di introdurre il lettore poco esperto ai principi teorici della psicologia della previsione, considerando i quali potremmo non solo comprendere i meccanismi tramite cui costruiamo le nostre previsioni sul futuro, ma anche migliorarne l’aderenza alla realtà.

Gli errori nella previsione degli eventi

Sono fondamentalmente due gli errori che le persone fanno quando considerano i risultati attesi in una situazione. Vediamoli uno a uno.

Innanzitutto, tendiamo in diversi modi a crearci previsioni eccessivamente ottimistiche. In primo luogo, tendiamo a sovrastimare la probabilità di esiti positivi e a sottostimare la probabilità di eventi negativi, dando origine a previsioni eccessivamente ottimistiche, soprattutto per le nostre azioni future. Quanto spesso abbiamo iniziato, ad esempio, ad andare in palestra a fare esercizio fisico animati dalle migliori intenzioni, per poi ritrovarci dopo qualche tempo non più così motivati di ritrovare la nostra forma fisica di quando avevamo vent’anni, perché troppo faticoso? Oltre a ciò, sembra che non siamo in grado di stimare adeguatamente neanche il tempo di completamento di un piano d’azione, di una scadenza, di un progetto (planning fallacy; Buehler, Griffin & Ross, 1994). Alzi la mano chi è riuscito a preparare la propria tesi entro i tempi previsti al momento della consegna del progetto in segreteria.

Il secondo errore riguarda poi il dare eccessiva fiducia alle nostre previsioni, siano esse positive o negative. Vediamo, infatti, quella che è una mera sensazione soggettiva di certezza come la garanzia che il mondo e gli altri si conformeranno alla nostra intelligenza acuta, penetrante, infallibile. Leggiamo nel futuro. Nostradamus o megalomani? Pensate a tutte le volte che le cose non vi sono andate come avevate immaginato e giudicate voi. Ma non vi preoccupate, lo facciamo tutti. Persino i professionisti in ambito medico (Oksam, Kingma & Klasen, 2000), psicologico (Oskamp, 1965) e i professionisti coinvolti nella politica internazionale (Tetlock, 2002). Se iniziate ad avere qualche timore vi capisco perfettamente.

In sintesi, sembra quindi che tendiamo a fare previsioni eccessivamente ottimistiche e a darvi eccessiva fiducia.

I principi alla base di una previsione ottimistica

Ma perchè accade questo? La risposta ce la danno alcuni principi che guidano i processi cognitivi responsabili della creazione di queste previsioni (Dunning, 2007).

Il primo principio riguarda la natura delle previsioni stesse. Esse sono scenari che ci costruiamo in base alle informazioni che possediamo sugli eventi, sull’ambiente, sugli altri; scenari che tentano di costruire successioni di eventi plausibili in relazione causale tra loro, per noi dotate di senso.

Più lo scenario che ci costruiamo ci sembra semplice, facile da costruire, plausibile e contenente un gran numero di oggetti, persone o eventi, più esso ci sembrerà probabile che accada (ad esempio Atance & O’Neil, 2001). Se vi sembra troppo meccanicista come risposta, provate a pensare a voce alta quando state cercando di prevedere qualcosa e valutatene questi aspetti (Dougherty, Gettys & Ogden, 1999). Potreste farlo, ad esempio, con la vostra dolce metà, cercando di prevedere se il bello e la bella protagonisti del film che state guardando si troveranno prima o poi in una qualche situazione romantica e tesa e finiranno per mettersi insieme (quasi certamente).

Il secondo principio riguarda la completezza degli scenari, e ci informa che gli scenari che ci costruiamo sono spesso parecchio tendenziosi. Nello specifico, attueremmo uno o più di questi cinque errori (Dunning, 2007):

  • Focalizzarci sugli aspetti astratti senza considerare adeguatamente quelli concreti. Più è astratto uno scenario, più semplice e rapida ne sarà la costruzione, e più valido ci sembrerà il risultato, poiché basato su conoscenza schematica e stereotipata, soprattutto se l’evento è distante nel futuro (Vallacher & Wegner, 2007);
  • Concentrarci eccessivamente sui risultati cui siamo principalmente interessati, trascurando risultati per noi secondari (Redelmeier, Koehler, Liberman & Tversky, 1995); e a non aggiornare le nostre previsioni anche se l’ambiente ci manda informazioni utili a riguardo (Koriat, Lichtenstein & Fischoff, 1980). Spendiamo molto tempo a pensare cosa faremmo se ottenessimo qualcosa (ad esempio ‘verrò quasi certamente promosso, vado in concessionaria a comprare un’auto nuova’), senza pensare a cosa faremmo se non la ottenessimo (‘cosa accadrebbe nel caso non venissi promosso e non guadagnassi di più?’);
  • Concentrarci su elementi ottimistici a scapito di quelli potenzialmente pessimistici, che tendiamo a minimizzare, se non a ignorare, soprattutto per previsioni molto in là nel tempo (Eyal, Liberman, Trope & Walther, 2004). Una volta che l’evento previsto si avvicina sembra invece accadere l’opposto. In questo caso tendiamo invece a far slittare le nostre predizioni ottimiste su una china pessimista, progressivamente diminuendo la nostra stima sulla probabilità che l’evento accada (Gilovich, Kerr & Medvec, 1993). In altre parole, se a inizio semestre penso di prendere trenta al prossimo esame, all’avvicinarsi di questo potrei pensare o che, dopotutto, non è detto che prenda un voto alto (in termini di probabilità), oppure pensare che questo voto non sarà alla mia portata;
  • Un quarto errore, il focalismo (Wilson, Wheatley, Meyers & Gilbert, 2000), si presenta nel momento in cui falliamo nel considerare come il risultato desiderato avrà un impatto sul nostro quotidiano, come anche nel concentrarsi sugli aspetti condivisi da eventi diversi senza considerarne gli aspetti distintivi.
  • Le persone, infine, tendono a essere troppo concentrate sulla forza delle evidenze che usano per creare le proprie previsioni, piuttosto che sul peso delle evidenze stesse (ad esempio, Griffin & Tversky, 1992). In altre parole, tendiamo a mettere insieme ragioni per dare supporto delle nostre previsioni (c’è fumo, quindi c’è fuoco) senza valutare l’affidabilità delle evidenze considerate (c’è del fumo, ma mi trovo in un appartamento in centro, forse è solo l’arrosto che brucia nel forno).

In sintesi, in questo articolo abbiamo visto alcuni dei principali errori che le persone tendono a fare quando si formano una previsione su un futuro scenario, sul proprio comportamento o sul comportamento degli altri. Ciò accade perché le nostre previsioni non sono altro che simulazioni mentali di scenari che reputiamo probabili, sulla base delle informazioni a nostra disposizione.

Nel prossimo articolo vedremo in che modo la costruzione di simulazioni mentali di scenari futuri sia di per sé un procedimento soggetto a incertezza. Vedremo poi gli errori che le persone di solito fanno nel tentativo di stimare l’impatto emotivo che un evento futuro avrà su di sé e, infine, alcuni procedimenti che potremmo utilizzare per tentare di correggere questi limiti intrinseci alla cognizione umana.

 


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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Atance, C. M., & O'Neill, D. K. (2001). Episodic future thinking. Trends in cognitive sciences, 5(12), 533-539.
  • Buehler, R., Griffin, D., & Ross, M. (1994). Exploring the" planning fallacy": Why people underestimate their task completion times. Journal of personality and social psychology, 67(3), 366.
  • Dougherty, M. R., Gettys, C. F., & Ogden, E. E. (1999). MINERVA-DM: A memory processes model for judgments of likelihood. Psychological Review, 106(1), 180.
  • Dunning, D. (2007). Prediction: The inside view. In A. W. Kruglanski & E. T. Higgins (Eds.), Social psychology: Handbook of basic principles (pp. 69–90). The Guilford Press.
  • Eyal, T., Liberman, N., Trope, Y., & Walther, E. (2004). The pros and cons of temporally near and distant action. Journal of personality and social psychology, 86(6), 781.
  • Gilovich, T., Kerr, M., & Medvec, V. H. (1993). Effect of temporal perspective on subjective confidence. Journal of personality and social psychology, 64(4), 552.
  • Griffin, D., & Tversky, A. (1992). The weighing of evidence and the determinants of confidence. Cognitive psychology, 24(3), 411-435.
  • Koriat, A., Lichtenstein, S., & Fischhoff, B. (1980). Reasons for confidence. Journal of Experimental Psychology: Human Learning and Memory, 6(2), 107–118. https://doi.org/10.1037/0278-7393.6.2.107
  • Oskam, J., Kingma, J., & Klasen, H. J. (2000). Clinicians' recognition of 10 different types of distal radial fractures. Perceptual and motor skills, 91(3), 917-924.
  • Redelmeier, D. A., Koehler, D. J., Liberman, V., & Tversky, A. (1995). Probability judgment in medicine: Discounting unspecified possibilities. Medical Decision Making, 15(3), 227-230.
  • Tetlock, P.E. (2002). Cognitive biases in path-dependent systems: Theory driven reasoning about plausible pasts and probable futures in world politics. In T. Gilovich, D.W. Griffin, & D. Kahneman. (Eds.). Inferences, heuristics and biases: New directions in judgment under uncertainty. New York: Cambridge University Press.
  • Wilson, T. D., Wheatley, T., Meyers, J. M., Gilbert, D. T., & Axsom, D. (2000). Focalism: A source of durability bias in affective forecasting. Journal of personality and social psychology, 78(5), 821.
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