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Dolore e Regolazione Emotiva nella Fibromialgia. Dati a favore dell’intervento terapeutico

La DBT in pazienti con dolore cronico ha mostrato riduzione del dolore e minore disgregolazione emotiva, con interessanti risvolti per la fibromialgia

Di Marika Gesué

Pubblicato il 07 Ott. 2021

La fibromialgia o sindrome fibromialgica (FMS) è una malattia cronica caratterizzata da dolore muscoloscheletrico diffuso e persistente che colpisce prevalentemente le donne (tra il 61% e il 90%) e ha una prevalenza stimata del 2%-4% nella popolazione generale.

 

Altri sintomi associati sono affaticamento, insonnia, rigidità mattutina, depressione e ansia. La fibromialgia è spesso accompagnata da altre condizioni mediche e sintomi come sindrome dell’intestino irritabile, mal di testa, febbre, diarrea, ulcere orali, secchezza oculare, vomito, stitichezza, eruzioni cutanee, difficoltà uditive, perdita di capelli, minzione dolorosa e frequente, ecc.

Alcuni fattori sembrano predisporre gli individui alla FMS, come incidenti (stradali, infortuni sul lavoro, fratture, politraumatismi), interventi medici e complicazioni (chirurgici e infezioni) e traumi emotivi (abuso sessuale, fisico e abbandono). In generale, alcuni studi hanno evidenziato un’associazione tra traumi durante l’infanzia e l’adolescenza (non solo abuso o violenza, ma anche negligenza e altri eventi negativi della vita) e lo sviluppo della patologia.

Un ruolo importante è stato affidato a meccanismi disadattativi di risposta allo stress: stress prolungato o eventi traumatici ripetuti a partire dell’età infantile sembrano influenzare negativamente i sistemi di modulazione del cervello, sia del dolore che delle emozioni.

A tal proposito è stato mostrato che i pazienti con fibromialgia presentano una ridotta reattività dell’HPA (ipotalamo-ipofisi-surrene) (in particolare a livello ipofisario), che porta a una risposta inadeguata del cortisolo allo stress o alle attività della vita quotidiana con maggior coinvolgimento emotivo.

Quando parliamo di emozioni nei pazienti FMS, facciamo riferimento ad uno stato generale di angoscia dettato da una miscela di stati emotivi avversi come tristezza, paura, senso di colpa e rabbia verso se stessi, il dolore o gli altri.

Un paziente ha descritto le sue emozioni in questo modo:

Ho costantemente paura del mio dolore perché so quanto possa diventare grave. Questo mi fa preoccupare e pensarci tutto il tempo, il che provoca rabbia e tristezza perché sto sprecando la mia vita. Non so come affrontarlo. Ma a volte le emozioni sono più difficili da affrontare rispetto al dolore stesso. Questo mi stressa.

Le emozioni vengono spesso gestite attraverso modalità non sempre efficaci. Ad esempio la ruminazione rabbiosa è una delle strategie più utilizzate da questi pazienti. Essa implica un pensare, ripensare, ripetere, immaginare, rivivere e “rimasticare”, un evento vissuto con contenuto rabbioso con conseguente incremento dello stato emotivo e delle sensazioni spiacevoli dolorose.

I pazienti FMS sperimentano emozioni e credenze catastrofiche rispetto al proprio dolore, vale a dire un esagerato orientamento negativo verso lo stesso che provoca paura e disagio e aumenta le stesse percezioni dolorose.

Tutti questi meccanismi di risposta emotiva sono frequentemente associati ad un peggioramento dei sintomi, compresi quelli cognitivi.

L’intensità delle emozioni negative è infatti positivamente associata all’aumento dell’intensità del dolore, all’irritabilità, alla tensione fisica e mentale, alle limitazioni funzionali, al numero di punti sensibili, a insonnia, ai deficit cognitivi, all’affaticamento e all’impatto della malattia sulla qualità della vita . Questi pazienti si sentono spesso isolati, incompresi o rifiutati da parenti, amici, operatori sanitari e in generale dal proprio contesto sociale.

Fibromialgia e regolazione delle emozioni: quale legame?

Il successo dell’adattamento al dolore cronico richiede quindi la capacità di autoregolarsi o esercitare il controllo sui propri sintomi corporei, sui pensieri, sulle emozioni e sui comportamenti (Solberg Nes et al.,  2010). In particolare, si è ritenuto che la regolazione delle emozioni sia fondamentale nell’adattamento al dolore cronico (Hamilton et al.,  2005).

Koechlin et al. (2018) suggeriscono che questo collegamento potrebbe essere dovuto al fatto che una regolazione emotiva non riuscita possa mantenere o addirittura peggiorare il dolore e limitare il funzionamento generale della persona. Ciò può a sua volta alimentare nuovamente il proprio livello di instabilità affettiva e, come tale, diventare un circolo vizioso di rinforzo. Tuttavia, può anche essere che il dolore persistente e la disregolazione emotiva condividano meccanismi sottostanti simili (Linton,  2013 ). Ad esempio, il pensiero ripetitivo negativo, potrebbe operare come fattore transdiagnostico, vale a dire, fungere da driver per problemi emotivi e correlati al dolore (Flink et al.,  2013 ; Linton,  2013). Quando questa modalità di pensiero ripetitivo diventa una forma di problem solving inefficace, guida lo sviluppo di problemi emotivi e fisici (Eccleston & Crombez,  2007 ; Linton,  2013 ).

Nello specifico, lo stress associato all’esperienza del dolore cronico riduce il glutammato, un neurotrasmettitore eccitatorio, nella corteccia prefrontale mediale, con conseguente disregolazione emotiva. Questi risultati si allineano con modelli animali di dolore cronico, per cui meccanismi di stress come l’aumento dei livelli di glucocorticoidi con l’insorgenza di dolore cronico, portano a un declino del glutammato nella corteccia prefrontale mediale con conseguente cambiamento nei modelli di comportamento emotivo. Complessivamente, questi risultati dimostrano che i processi neurobiologici sono alla base della disregolazione emotiva nel dolore cronico.

Il dolore cronico presenta sfide costanti alla persona fibriomialgica, e necessita di adeguate strategie di coping. A causa di queste sfide costanti è probabile che in alcuni casi, l’adattamento flessibile delle strategie di coping al contesto fallisca o che, dopo continue sfide per affrontare il dolore cronico e/o problemi correlati, il soggetto non riesca a far fronte a queste sfide, con conseguente variabilità di emozioni negative (Solberg Nes et al., 2009).

Questi dati ci suggeriscono la possibilità di introdurre all’interno del trattamento di pazienti fibromialgici, l’apprendimento di abilità per migliorare la regolazione delle emozioni spesso inerenti alla presenza di dolore cronico.

Fibromialgia: i trattamenti indicati

Recenti ricerche, seppur limitate, hanno studiato l’applicazione della DBT (terapia dialettica comportamentale) su pazienti con dolore cronico, mostrando esiti positivi sulla riduzione dell’intensità del dolore insieme a minore disgregolazione emotiva.

La terapia comportamentale dialettica (DBT) è un tipo specifico di CBT sviluppato da Marsha Linehan, originariamente per individui altamente suicidi con elevata disregolazione emotiva per apprendere abilità nel gestire in modo più efficace le proprie emozioni. La DBT aiuta le persone a far fronte a pensieri ed emozioni dolorose, paurose, preoccupanti e negative, e ha dimostrato di alleviare i sintomi emotivi negativi negli individui che presentano alti stati emotivi. Nel contesto del dolore cronico, Linton ha mostrato in uno studio con una donna di 52 anni con dolore muscoloscheletrico cronico che la DBT riduce la disregolazione emotiva e l’intensità del dolore. Inoltre, in uno studio pilota con chi soffre di dolore cronico (n=6), un programma DBT di 8 settimane ha migliorato l’intensità del dolore e i sintomi di ansia e depressione.

Una componente fondamentale della pratica DBT basata sull’evidenza è la formazione delle competenze su diverse aree chiave, come la regolazione emotiva e la consapevolezza, per aiutare le persone a regolare in modo più efficace le cognizioni e le emozioni negative. L’addestramento alle abilità fornisce all’individuo la capacità di identificare i fattori scatenanti che stimolano gli stati emotivi negativi e di applicare le abilità di coping alla sequenza di pensieri, sentimenti e comportamenti avversi.

Attualmente non esiste un protocollo specifico di intervento alla fibromialgia. Il trattamento multidisciplinare è quello maggiormente privilegiato, in cui la terapia Cognitivo Comportamentale ha un ruolo centrale, includendo tecniche di trattamenti di terza generazione.

La complessità della fibromialgia necessita di porre attenzione ai vari aspetti della patologia optando per un trattamento che, a step, possa permettere di agire secondo i principali bisogni del paziente. In tutto ciò, acquisire abilità di regolazione emotiva e allo stesso tempo ridurre il dolore, può rappresentare una priorità al fine di migliorare la qualità della vita della persona.

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