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Disturbo dissociativo dell’identità

I sintomi del disturbo dissociativo dell'identitià si manifestano all’improvviso, con l’evidenza che non vi siano collegamenti tra le diverse personalità

Di Ludovica Caprio

Pubblicato il 29 Ott. 2021

Il disturbo dissociativo dell’identità è costituito dall’esistenza di personalità (alterazioni dell’identità) differenti e disgiunte nella stessa singola persona.

 

La Dissociazione è un meccanismo di difesa che compromette la coscienza vigile attraverso la mancanza di alcuni elementi come la coscienza di sé, del tempo e del contesto. Secondo il DSM-5, essa viene definita come “Separazione di gruppi di contenuti mentali dalla consapevolezza. Spesso conseguenza di un trauma psichico, essa consente all’individuo di mantenere l’adesione a due verità contraddittorie rimanendo inconsapevole della contraddizione”. È importante sottolineare come la dissociazione risulta essere il distacco di un concetto dal suo significato emotivo e dall’affetto connesso (Martinotti et al., 2015).

Secondo i criteri del DSM 5, il disturbo dissociativo dell’identità è quindi costituito da:

A. Disgregazione dell’identità caratterizzata da due o più stati di personalità (descritta talvolta come possessione) che comprende marcata discontinuità del senso di sé e della consapevolezza delle proprie azioni accompagnata da correlate alterazioni di: affettività, comportamento, memoria, coscienza, percezione, cognitività, funzionamento senso-motorio. Questi segni e sintomi possono essere osservati da altri e segnalati dall’individuo.

B. Ricorrenti amnesie nella rievocazione di eventi quotidiani, importanti informazioni personali e/o eventi traumatici non riconducibili a ordinaria dimenticanza.

C. I sintomi causano disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, lavorativa o di altre aree importanti del funzionamento.

D. Il disturbo non è parte tipica di una pratica culturale e religiosa largamente accettata.

E. I sintomi non sono attribuibili agli effetti fisiologici di una sostanza o di un’altra condizione medica (APA, 2013).

Il Disturbo (denominato in precedenza disturbo della personalità multipla) è costituito dall’esistenza di personalità (alterazioni dell’identità) differenti e disgiunte nella stessa singola persona. Numerosi studi evidenziano che, come detto anche precedentemente, trauma e dissociazione sono collegati tra loro. Janet (1889) parlò per primo, infatti, di “désagrégation” come l’indebolimento dell’abilità di sintetizzare delle diverse funzioni mentali (sensazioni, ricordi, cognizioni e affetto) con il subentro del trauma. Ciò vuol dire che sensazioni e ricordi venivano eliminati dalla coscienza. Freud, invece, volle parlare di “scissione” negli studi sull’isteria (1898) evidenziando come la scissione fosse nient’altro che repressione attiva (rimozione) alla generazione del sintomo. La ragione potrebbe essere, in questo caso, l’incongruenza dell’idea da eliminare con l’aggregato delle rappresentazioni dominanti dell’Io (differentemente da Janet che evidenziava il deficit dell’Io). Questo processo causa così una patogenesi (Martinotti et al. 2015; Siracusano et al., 2014).

Importante è sottolineare che, da un punto di vista psicoanalitico, la dissociazione è quindi un meccanismo di difesa con cui la persona conduce i conflitti emozionali mediante il mutamento delle funzioni della coscienza. Nella prospettiva cognitivo-evoluzionistica, invece, la dissociazione è la mancanza di collegamento tra i diversi ambiti della coscienza di sé-con l’altro. Ciò favorirà l’assenza di una regolazione fisiologica delle emozioni.

Per quanto riguarda la sintomatologia del disturbo, essa può manifestarsi all’improvviso, con l’evidenza che non vi siano collegamenti tra le differenti personalità. Quando avviene l’episodio dissociativo si hanno delle sensazioni corporee estranee, accompagnate da un eccessivo stato d’ansia e da sensazioni di deformazione corporea. Si provano anche vertigini, preoccupazioni somatiche, alterata percezione del tempo, paura di impazzire e continue rimuginazioni sul proprio status. Si aggiungono anche depressione, ansia e pensieri suicidari, incapacità di affrontare situazioni di stress, sia emozionale che lavorativo, stress e problemi relazionali, identità confusa, percezione distorta di ciò che ci circonda, senso di separazione da sé stessi o dalle proprie emozioni e perdita di memoria selettiva (Martinotti et al. 2015; Siracusano et al., 2014).

Le diverse forme del disturbo dissociativo dell’identità

Vi sono inoltre due tipi di dissociazione con differenti sintomatologie: forma di possessione e forma di non possessione. La forma di possessione si distingue poiché le personalità multiple sono evidenti ai familiari e alle altre persone; le personalità sono infatti completamente differenti tra di loro. Nella forma di non possessione, invece, le molteplici personalità non sono evidenti, anzi il soggetto prova sensazioni di irrealtà e di distacco del proprio sé. Sente di perdere il controllo del proprio agire e di essere soltanto osservatore della sua vita.

L’epidemiologia indica che il 5% dei pazienti psichiatrici viene colpita e che tale disturbo è più diffuso nel genere femminile.

Le possibili cause del disturbo dissociativo dell’identità

Possibile causa potrebbe essere l’influenza di più fattori come i molteplici episodi di stress elevato, la fissazione difensiva alle normali tappe evolutive e i traumi psichici ripetuti. Altri fattori potrebbero essere quelli genetici poiché uno studio su coppie di gemelli monozigoti e dizigoti ha sottolineato che la causa di tale disturbo sia la predisposizione genetica, indipendentemente dal contesto. Inoltre possono aggiungersi anche fattori biologici poiché il processo di neurosviluppo può essere compromesso davanti ad un fenomeno traumatico a causa del rilascio di fattori neurochimici. In ultimo si parla di fattori ambientali come la causa di un disturbo dissociativo poiché, come hanno affermato varie teorie psicologiche, la dissociazione è una difesa della mente di fronte ad eventi traumatici. Il 50% dei pazienti psichiatrici è stato vittima di maltrattamenti ed episodi di abusi fisici e sessuali in età infantile (Martinotti et al. 2015; Siracusano et al., 2014).

Quando il disturbo non viene trattato in modo giusto, l’evoluzione della dissociazione diventa cronica e spesso con mancanza di remissione spontanea.

Comorbilità e disagnosi differenziale per il disturbo dissociativo dell’identità

La Comorbilità: solitamente nel campione clinico di pazienti con disturbo dissociativo si rileva anche la presenza di disturbi dell’umore, disturbo di somatizzazione, disturbo ossessivo-compulsivo, schizofrenia e disturbo da stress post-traumatico.

Diagnosi differenziale: il disturbo spesso potrebbe essere confuso con un disturbo psicotico poiché le voci interne vengono scambiate per pseudoallucinazioni; la perdita di controllo, invece, è scambiata per segni del disturbo formale del pensiero. Altra diagnosi differenziale può essere fatta con il disturbo post traumatico, poiché spesso persone con disturbo post traumatico hanno anche un disturbo dissociativo, ma è indispensabile cercare quei sintomi che non ci sono in un paziente con post-trauma come ad esempio intrusioni disgregative a causa della dissociazione degli stati del sé, cambiamenti a causa delle varie personalità, amnesie per vari giorni. Anche i disturbi convulsivi possono essere confusi poiché i soggetti con disturbo dissociativo hanno spesso sintomi simil-convulsivi e crisi parziali complesse. Inoltre si aggiungono i disturbi di conversione, amnesia dissociativa e disturbo di derealizzazione e depersonalizzazione (momenti di irrealtà e di estraniamento dall’ambiente e momenti in cui si assume il ruolo di osservatore esterno ai propri pensieri e sensazioni) (Martinotti et al., 2015; Siracusano et al., 2014).

Trattamento per il disturbo dissociativo dell’identità

In conclusione bisogna capire come trattare tale disturbo. È indicato un trattamento farmacologico (inibitori selettivi della ricaptazione di serotonina- SSRI e betabloccanti), ma soprattutto di tipo psicoterapico, ovvero mediante l’approccio psicodinamico che permette la possibilità di unire le parti scisse garantendo una sola personalità e un miglior funzionamento integrato. L’obiettivo è far conoscere le varie identità tra loro, l’una con l’altra, accettandosi come parti legittime del sé e negoziando per risolvere i loro conflitti (Siracusano et al., 2014, Martinotti et al., 2015).

Oltre alla psicoterapia individuale, i pazienti possono scegliere la terapia dialettico-comportamentale DBT (Linehan, 1993a, 1993b), la desensibilizzazione e rielaborazione mediante i movimenti oculari (EMDR; Shapiro, 2001), la psicoterapia sensomotoria (Ogden et al., 2006), le terapie di gruppo.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Linehan MM. Cognitive-Behavioral Treatment of BPD. New  York,  NY: Guilford  Press; 1993.
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  • Linehan MM. Cognitive-Behavioral Treatment of BPD. New  York,  NY: Guilford  Press; 1993.
  • American Psychiatric Association (2013). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition, DSM-5. Arlington, VA. (Tr. it.: Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Quinta edizione, DSM-5. Raffaello Cortina Editore, Milano, 2014).
  • Linehan MM. Cognitive-Behavioral Treatment of BPD. New York, NY: Guilford Press; 1993.
  • Linehan MM. Skills Training Manual for Treating BPD. New York, NY: Guilford Press; 1993.
  • Martinotti, G., di Giannantonio, M., Janiri, L., & di Giannantonio, M. (2015). Compendio di psicopatologia (1st ed.). Fila 37.
  • Ogden, P., Minton, K., Pain, C. (2006). Trauma and the Body. A Sensorimotor Approach to Psychotherapy. New York: Norton
  • Shapiro, F. (2001). Eye movement desensitization and reprocessing: Basic principles, protocols, and procedures (2nd ed.). Guilford Press.
  • Siracusano, A., Balestrieri, M., Niolu, C., Rubino, I. A., & Troisi, A. (2014). Manuale di psichiatria (2nd ed.). Il Pensiero Scientifico.
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