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Diagnosi dei disturbi specifici dell’apprendimento scolastico (2012) di Vio, Lo Presti e Tressoldi – Recensione

'Diagnosi dei Disturbi Specifici dell'Apprendimento scolastico' offre un quadro sulla diagnostica con aspetti clinico-descrittivi e tematiche specifiche

Di Marta Rebecca Farsi

Pubblicato il 21 Ott. 2021

Diagnosi dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento scolastico unisce un intento esplicativo, consolidato da un corposo contenuto teorico, e una finalità eminentemente pratica, raggiunta attraverso casi clinici che descrivono ogni passo dell’iter diagnostico.

 

Il testo Diagnosi dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento scolastico di Vio, Cornoldi e Lo Presti offre un quadro esaustivo sulla diagnostica dei disturbi dell’apprendimento, esponendone gli aspetti clinico-descrittivi necessari ad un inquadramento di base, senza tralasciare tematiche più specifiche che, in una dimensione multidimensionale come quella in esame, non si mostrano carenti.

L’intento informativo-formativo del testo viene suggerito dall’aggiornato riferimento alle numerose e non sempre univoche fonti legislative che disciplinano la materia dei disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), con indicazione specifica della legge 170/10 e della Consensus Conference del 2011, per citare le più autorevoli; rilevante anche l’attento riferimento ai parametri diagnostici valutativi e all’importanza del dato standardizzato, considerato indispensabile ai fini di una valutazione corretta ed oggettiva, che scongiuri il pericolo di risultati approssimativi, in grado di condurre a falsi positivi e falsi negativi.

Non manca un intento esplicativo, consolidato dalla presenza di un corposo contenuto teorico e dall’apporto di tabelle ed esemplificazioni illustrative, in grado di rendere più facile l’apprendimento e la fruizione delle informazioni.

Una finalità eminentemente pratica viene infine raggiunta attraverso l’utilizzo di casi clinici che descrivono nel dettaglio ogni passo dell’iter diagnostico, conferendo all’opera un connotato esperienziale perfettamente integrato alla dimensione teorico-speculativa. Se ne origina, nel complesso, un contesto di fruizione coerente, variegato e attendibile.

La descrizione clinico-diagnostica dei disturbi

I DSA presentano un innegabile correlato neurobiologico. Sembra questa la grande premessa del testo, espressa soprattutto nella descrizione dei processi neuro-cerebrali coinvolti nell’origine e nel mantenimento del disturbo. Proprio questa innatività, e non una scarsa motivazione allo studio, è alla base di due conseguenze tipiche della patologia DSA: la resistenza all’intervento, e dunque l’impossibilità di migliorare sostanzialmente le prestazioni pur dopo un programma di recupero mirato, e la resistenza all’automatizzazione, intesa come l’incapacità di assimilare concetti generalmente memorizzabili e ben recuperabili. Il tutto sullo sfondo di una dilatazione dei tempi di esecuzione in grado di limitare marcatamente la capacità di apprendimento e la prestazione scolastica.

Si inizia con la descrizione della dislessia, disturbo fondato sull’incapacità di dar luogo al processo di conversione grafema-fonema che consente il formarsi di un’associazione stabile tra la rappresentazione ortografica e fonologica della parola. La conseguenza è una notevole compromissione della velocità e della correttezza della lettura.

Un difetto di automatizzazione è presente anche nella disortografia, che non permette la scrittura delle parole nel rispetto della regole grammaticali, e nella discalculia, in cui l‘incompetenza può riguardare più direttamente la natura semantica del numero e, dunque, la quantità astratta cui è collegato (non è possibile capire a cosa corrisponde il 3 o il 5 o il 2), la capacità di etichettamento verbale (non è effettuabile la transcodifica tra rappresentazione grafica e verbale del numero, ad esempio si dice 3 e si scrive 30) una scrittura che sia rispettosa della grammatica numerica (numeri scritti secondo un ordine scorretto, ad esempio 1003 – 1300), l’immagazzinamento e il recupero mnestico di fatti aritmetici. La conseguenza è che il numero viene a costituire una dimensione sconosciuta cui il bambino si approccia con difficoltà e diffidenza, maturando verso la matematica una sorta di frustrazione autosabotante che rende l’apprendimento ancor più problematico.

Ulteriori DSA trattati sono il disturbo della comprensione, che impedisce di inferire, a partire dai dati sintattici e semantici, il significato e l’intenzionalità specifica di un testo, e il disturbo dell’apprendimento spaziale, che limita la possibilità di svolgere tutte quelle prestazioni che hanno ad oggetto l’utilizzo di competenze visuo-spaziali. Si specifica a tal proposito l’importanza di effettuare una diagnosi differenziale con altre tipologie di disturbi che mostrano analogo coinvolgimento deficitario in ambito prassico –organizzativo, come l’ADHD, del quale viene fornita dettagliata descrizione clinica, e l’autismo.

Ampio spazio è dedicato alla descrizione clinica della disgrafia, intesa come incapacità di riproduzione dell’allografo a causa di deficit motori, percettivi e visuo-spaziali. Gli autori si premurano di descrivere le varie fasi del corretto processo di scrittura avvalendosi dell’ausilio di immagini dimostrative, a maggior chiarimento di un disturbo del quale si conosce ancora poco rispetto alla sua diffusione e alla sua capacità di limitazione dell’apprendimento. La stessa Consenus Conference del 2011 omette di inserirlo tra i DSA, originando un vacuum valutativo che il gruppo di ricerca coordinato dal Prof. Cornoldi presso l’AIRIPA di Padova (Associazione Italiana per la Ricerca e l’Intervento nella Psicopatologia dell’Apprendimento), ha recentemente cercato di colmare esponendo una serie di parametri diagnostici specifici quali la fluenza – intesa come velocità di recupero dell’allografo – e la qualità del segno grafico, riferibile alla resa formale del grafema; si raccomanda inoltre di effettuare un’attenta valutazione psicomotoria utile alla distinzione tra i casi di disgrafia pura, con esclusivo coinvolgimento della capacità di riproduzione dell’allografo, e i casi in cui l’elemento disgrafico appare compreso nel più ampio quadro sintomatologico di patologie compromissorie di competenze prassiche e visuo-spaziali, quali ADHD e autismo (pp. 98 e ss.).

Il taglio eminentemente pratico dell’opera continua attraverso una serie di indicazioni fornite al clinico impegnato in un assessment valutativo. Nulla viene tralasciato: dal momento della richiesta – alternativamente privata o scolastica – fino a quello della restituzione della diagnosi, dando conto del colloquio anamnestico coi genitori, della strumentazione diagnostica da somministrare nei singoli casi, delle modalità in cui dovrà essere svolta la relazione finale. Un autentico supporto pratico-professionale per il clinico alle prime armi e un valido promemoria per quello più esperto, posto all’interno di un’attività complessa e variegata in cui l’attendibilità del risultato e l’attenzione al dettaglio sono più che mai fondamentali (pp. 186 e ss.)

Linee guida sono rivolte anche al personale scolastico, in vista della compilazione del PDP (Piano Didattico Personalizzato) previsto dalla legge 170/10, a seguito della certificazione e della formalizzazione del disturbo. Viene fatta raccomandazione di coinvolgere, in questo complesso compito di individualizzazione dell’apprendimento, non soltanto il personale didattico, ma tutti i soggetti più o meno direttamente coinvolti dal disturbo: a partire dal clinico che ha emesso la diagnosi, per estendersi alla famiglia e allo stesso allievo, cui sono destinati il trattamento abilitativo ed eventuali strumenti compensativi e dispensativi. Tutto questo nella consapevolezza che una facilitazione didattica debba essere costruita in un contesto di unanime condivisione, al fine di evitare effetti “iatrogeni” sia nei riguardi dell’allievo, che potrebbe viverla come una discriminazione etichettante, sia nei confronti dei pari, che potrebbero identificarla con un ingiusto favoritismo. Per ottenere risultati generalizzabili e duraturi sono pertanto necessarie competenze teorico-applicative ed una flessibilità inclusiva da parte di tutti i soggetti coinvolti (p. 189 e ss.).

Il coinvolgimento emotivo-relazionale nei DSA

In linea con un’impronta contenutistica in cui, si è precisato più volte, è il dato scientifico a mostrarsi prioritario, il testo si approccia alla trattazione del disagio emotivo connesso ai DSA con intento specificamente diagnostico: dunque, dopo averne descritto l’importanza clinica nel contesto valutativo, si premura di fornire, in appendice, una serie di questionari self-report inerenti la misurazione di costrutti specificamente indicativi della dimensione emotivo-relazionale, quali autostima, motivazione allo studio, benessere scolastico, tipologia delle relazioni sociali nell’adolescenza. Completano il quadro un profilo di self- perception e le scale per l’individuazione di comportamenti di disattenzione e iperattività di Cornoldi, nelle tre tipologie SDAI, SDAB, SDAG, da somministrare al bambino, al genitore e all’insegnante, testimonianza di come l’aspetto emotivo risulti indubbiamente compromesso nei casi di disturbi dell’apprendimento, e di come sia impossibile ometterne la valutazione all’interno di un assessment diagnostico che possa definirsi tale.

In sintesi

Pur senza snaturare un intento principalmente clinico, il testo non si colloca in una dimensione di mero riduzionismo scientifico: piuttosto evidenzia l’importanza del dato standardizzato ai fini di una valutazione oggettiva, che sia in grado di risolvere discrepanze e difformità di misurazione, troppo spesso fuorvianti in un contesto diagnostico.

Una destinazione principalmente clinico-professionale, anziché mostrarsi un elemento preclusivo verso fruizioni di altro genere, consente al contrario la visione integrata di un quadro patologico che non può e non deve limitarsi ad un’analisi monosettoriale.

Il risultato finale è un insieme di linee guida le cui fonti, di autorevole ed indiscussa attendibilità nomotetica, sono in grado di coniugarsi con aspetti idiografici ugualmente basilari per l’ottenimento di una diagnosi completa ed attendibile.

Uno dei principali meriti degli autori è pertanto quello di aver saputo integrare aspetti variegati di un’unica dimensione patologica, realizzando una trattazione aggiornata, attenta ed equilibrata, all’interno di un volume che si pone come indispensabile vademecum per la diagnosi dei disturbi dell’apprendimento, in tutti i contesti coinvolti.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Vio, C., Tressoldi, P.E., Lo Presti, G. (2012) Diagnosi dei disturbi specifici dell’apprendimento scolastico, Erickson, Trento.
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