L’Acceptance and Commitment Therapy (ACT) è un terapia di terza generazione che ha come obiettivo ultimo l’aumento della flessibilità psicologica dell’individuo attraverso sei principali processi: accettazione, defusione cognitiva, mindfulness, sé come contesto, azione impegnata e valori.
Marta Chemello – OPEN SCHOOL Psicoterapia Cognitiva e Ricerca, Mestre
Di conseguenza è possibile affermare che l’obiettivo finale dell’ACT è quello di ridurre la fusione cognitiva e l’evitamento esperienziale, ritenuti dei processi rigidi ed inflessibili, promuovendo la flessibilità psicologica che consente all’individuo di essere presente e di scegliere se persistere o meno nel proprio comportamento al fine di vivere una vita ricca di valore (Hayes, Luoma, Bond, Masuda & Lillis, 2006).
Nell’ambito dell’età adulta molte revisioni della letteratura e metanalisi sono state svolte relativamente all’efficacia della terapia ACT, tuttavia nel contesto dell’età evolutiva sono presenti – tra gli studi condotti – solamente due revisioni non strutturate della letteratura, una revisione sistematica e una metanalisi.
Dal punto di vista teorico, l’ACT appare essere un approccio funzionale in età evolutiva; i bambini hanno una modalità di pensiero meno “letterale” rispetto a quella degli adulti, pertanto l’utilizzo di metafore ed attività di tipo esperienziale all’interno del contesto della terapia potrebbero favorire in loro l’acquisizione di concetti astratti attraverso l’esperienza diretta. Inoltre dal momento che in questa fase evolutiva c’è meno possibilità di strutturare un evitamento esperienziale, è possibile che l’ACT venga utilizzata anche a scopo preventivo. Tale modalità di terapia potrebbe risultare idonea anche per l’adolescenza per tre differenti ragioni: in primo luogo poiché si tratta di un approccio meno didattico rispetto ad altri modelli di terapia; in secondo luogo si focalizza su modalità di apprendimento che richiedono il coinvolgimento diretto dell’adolescente, promuovendo la sua autonomia ed indipendenza; infine viene dato molto rilievo ai valori che guidano il comportamento individuale, fornendo nei giovani un incentivo alla naturale spinta all’esplorazione.
Inizialmente sono state svolte due review sulla letteratura esistente relativa agli interventi ACT in età evolutiva (Murrel e Scherbarth, 2006; Coyne et al., 2011), tuttavia in entrambi i casi non è stata utilizzata una procedura sistematica per l’inclusione degli studi, la revisione della letteratura e l’interpretazione di quanto emerso.
La prima review sistematica condotta in tal senso è quella di Swain et al. (2015) all’interno della quale sono stati inclusi studi che abbiano considerato almeno due processi facenti parte dell’exaflex, abbiano coinvolto partecipanti entro i 18 anni di età e siano stati scritti in lingua inglese; sono stati invece escluse review, metanalisi e articoli teorici oppure manchevoli di misurazioni psicometriche. Inizialmente sono stati identificati 202 studi sulla base di titolo ed abstract, di questi esclusivamente 20 sono risultati idonei sulla base dei criteri riportati in precedenza e comprendevano partecipanti con depressione, disturbo ossessivo-compulsivo, disregolazione emotiva, ansia, asperger, tricotillomania, tic, anoressia nervosa, dolore cronico, PTSD e comportamenti sessualizzati.
Emerge come l’ACT si dimostri efficace nel trattamento di molteplici patologie in età evolutiva, confermando di essere un valido modello transdiagnostico; va tuttavia evidenzia come sia soprattutto l’ambito del dolore cronico quello ad essere maggiormente oggetto di studi, dai quali è possibile evincere come l’ACT sia un approccio valido in quest’ambito.
Successivamente è stata condotta da Shuanghu e Dongyan (2020) un’interessante metanalisi sull’applicazione dell’ACT in età evolutiva, all’interno della quale l’obiettivo non appare solamente quello di valutare l’efficacia di tale approccio ma verificarne anche l’eventuale superiorità rispetto alla CBT. Tra questi due modelli teorici è possibile notare una prima importante differenza, nella CBT l’obiettivo è quello di regolare e gestire le emozioni spiacevoli attraverso specifiche strategie; nell’ACT invece l’obiettivo non è quello di modificare le esperienze emotive e personali dell’individuo, bensì di modificare la funzione che tali esperienze hanno per la persona. Inoltre nella CBT viene dato poco spazio ai comportamenti guidati dai valori oppure al far acquisire agli adolescenti l’abilità di continuare a vivere la propria vita nonostante la possibile presenza di emozioni spiacevoli; l’ACT invece ha come obiettivo il promuovere nell’adolescente la messa in atto di comportamenti che seguano i propri valori, andando a determinare una successiva diminuzione del sintomo.
Nella presente metanalisi sono stati inclusi esclusivamente studi RCT, aventi come partecipanti bambini ed adolescenti, che abbiano applicato l’ACT e siano scritti in inglese o in cinese; sono state invece escluse revisioni della letteratura, metanalisi, articoli teorici oppure studi con dati insufficienti. Sono stati quindi considerati 14 articoli nei quali è stata applicata l’ACT da sola o in combinazione con un’altra forma di terapia ed era presente un gruppo di controllo (nel quale veniva applicato l’usuale trattamento oppure veniva utilizzata la lista d’attesa). Le misure di outcome considerate sono state l’ansia, la depressione, i problemi comportamentali, lo stress, l’interazione tra ansia/depressione e stress e l’autostima; in secondo luogo sono stati anche valutati la qualità della vita, il benessere, la salute mentale, l’autoefficacia e il comportamento prosociale.
Dall’analisi condotta emerge come l’ACT, se confrontata con le consuete modalità di trattamento, riduca significativamente l’ansia, la depressione, i disturbi del comportamento e altri problemi relativi alla salute mentale che possono emergere durante l’infanzia; tuttavia non emerge nessuna differenza significativa tra l’ACT e la CBT tradizionale. Non è inoltre emersa alcuna significativa differenza in fattori quali la qualità di vita e il benessere; tuttavia in questi ambiti è emersa una differenza significativa tra il gruppo ACT e la lista d’attesa.
In conclusione alla luce degli studi descritti è quindi possibile affermare come l’ACT possa ritenersi efficace nel trattamento della depressione, dell’ansia e di problemi comportamentali in adolescenza, nonostante non si siano rilevate significative differenze rispetto alla CBT standard nemmeno nella qualità della vita e del benessere.