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“Io non sono un oggetto”: la relazione tra oggettivazione, controllo percepito e aggressività

L'oggettivazione consiste nel trattare gli altri come oggetti, con l’obiettivo di poterli manipolare e poter raggiungere i propri obiettivi

Di Dominique De Filippis

Pubblicato il 30 Lug. 2021

Vi è mai capitato di ritrovarvi in interazioni sociali e di rendervi conto che l’unico interesse del vostro interlocutore fosse quello di sfruttarvi col fine di poter ottenere qualcosa? Se la risposta è affermativa, vuol dire che siete stati vittime di oggettivazione. 

 

Con il termine oggettivazione si fa riferimento all’attitudine di trattare gli altri come oggetti, con l’obiettivo di poterli manipolare e poter raggiungere i propri obiettivi (Volpato, Andrighetto & Baldissarri, 2017). Gli esseri umani hanno un bisogno innato di padroneggiare il loro destino e realizzare il loro potenziale (Deci & Ryan, 2000), ma l’oggettivazione priva ingiustamente le persone di tale bisogno (Volpato, Andrighetto & Baldissarri, 2017).

Di contro, il controllo percepito si riferisce alla convinzione che un individuo sia in grado di esercitare un’influenza sui propri stati interni e sugli ambienti esterni (Pagnini, Bercovitz & Langer, 2016). Di conseguenza, il controllo percepito delle persone oggettivate potrebbe essere vanificato. Nelle interazioni sociali quotidiane, il fenomeno dell’oggettivazione si verifica in differenti contesti, personali e professionali (Haslam & Loughnan, 2014). Per esempio, quando i lavoratori vengono trattati come meri strumenti affinché i loro superiori possano avere successo, così come, all’interno dei nuclei familiari, quando i genitori impongono ai figli di realizzare i propri sogni inespressi senza considerare i loro bisogni reali. Studi passati hanno mostrato che fattori come l’asimmetria nella posizione di potere, la ricchezza e lo specifico compito da portare a termine, possono aumentare la tendenza delle persone a oggettivare gli altri per raggiungere obiettivi di performance (Teng et al., 2016; Wang & Krumhuber, 2017). Tuttavia, è ancora poco chiaro come le persone rispondano all’oggettivazione in tali contesti. Sulla base dei processi motivazionali di base (Shah & Gardner, 2007), le persone dovrebbero essere motivate a mettere in atto comportamenti che consentano loro di ripristinare il proprio controllo percepito a seguito dell’oggettivazione. Poiché l’aggressione può essere utilizzata come un mezzo per ristabilire il controllo attraverso l’affermazione simbolica della propria superiorità sugli altri (Baumeister, Smart & Boden, 1996), alcuni ricercatori hanno ipotizzato che le persone oggettivate possano tendere a comportarsi in modo aggressivo e che il controllo percepito possa mediare l’effetto di tale associazione. Inoltre, essi hanno supposto che il ripristino del controllo percepito delle persone oggettivate possa indebolire la loro aggressività. Ricerche precedenti hanno dimostrato come gli interventi che mirano a ripristinare la percezione di controllo, possono contrastare molti effetti negativi derivanti dalla privazione del controllo stesso, quali l’esaurimento delle risorse cognitive (Ric & Scharnitzky, 2003) e l’ansia legata alla morte (Agroskin & Jonas, 2013). Nella presente ricerca, gli autori hanno proposto che il suddetto intervento potrebbe migliorare l’effetto dell’oggettivazione, in quanto, quando il controllo viene ripristinato, i soggetti dovrebbero avere meno probabilità di impegnarsi in comportamenti aggressivi. Al contrario, quando il controllo percepito delle persone oggettivate non viene ripristinato, esse dovrebbero essere più propense ad impegnarsi in comportamenti aggressivi in quanto motivate a ripristinare il controllo.

La scelta di studiare l’effetto dell’oggettivazione sull’aggressività è dovuta al fatto che quest’ultima comporta implicazioni significative sulle relazioni interpersonali, sul senso di soddisfazione personale e sul benessere fisico e psicologico (Griskevicius et al., 2009). Secondo l’ipotesi della frustrazione-aggressione, le persone saranno frustrate quando il raggiungimento del loro obiettivo risulterà ostacolato e, tale frustrazione, le motiverà ad impegnarsi in comportamenti aggressivi per ferire gli altri (Berkowitz, 1989). I ricercatori hanno inoltre teorizzato che la frustrazione non solo scatena l’aggressione ritorsiva, ovvero quella diretta ai “carnefici”, ma può anche portare alla messa in atto di comportamenti aggressivi nei confronti di persone innocenti, soprattutto quando gli individui frustrati non hanno l’opportunità di aggredire la fonte di frustrazione (Breuer & Elson, 2017).

Dunque, al fine di garantire la generalizzabilità dei risultati, i ricercatori hanno testato se l’oggettivazione potesse incrementare l’aggressività solo nei confronti degli autori di tale atto o anche verso estranei incolpevoli.

È bene specificare che all’interno della letteratura non vi sono evidenze dirette del fatto che l’oggettivazione vanifichi il controllo percepito dalle persone. Tuttavia, alcuni risultati preliminari indiretti hanno suggerito questa possibilità. Gli autori hanno dunque effettuato sei esperimenti che, in totale, hanno visto la partecipazione di 1070 soggetti.

In ciascuno degli esperimenti, i sentimenti di oggettivazione dei partecipanti sono stati prima manipolati e poi è stata valutata la loro aggressività.

I risultati hanno rivelato che, rispetto alle loro controparti non oggettivate, i partecipanti oggettivati avevano livelli più alti di aggressività, manifestati non solo verso gli autori dell’oggettivazione ma, allo stesso tempo, anche nei confronti di soggetti innocenti.

Inoltre, è stato identificato un meccanismo psicologico alla base del legame oggettivazione-aggressione. Difatti, gli autori hanno mostrato che l’oggettivazione ostacola il controllo percepito, che va dunque a mediare l’effetto dell’oggettivazione sull’aggressione. Presi insieme, questi risultati suggeriscono che l’oggettivazione promuova l’aggressività in quanto ostacola il controllo percepito e non perché determini un aumento di alcune emozioni negative. Questi risultati sono in linea con gli studi che mostrano che le emozioni negative da sole non sono sufficienti a prevedere l’aggressività (Wyckoff, 2016).

È stato anche identificato un modo efficace per diminuire il livello di aggressività delle persone oggettivate. Difatti, coerentemente con la previsione degli autori, gli ultimi esperimenti hanno dimostrato che il ripristino del controllo ha effettivamente indebolito l’effetto dell’oggettivazione sull’aggressività.

A livello applicativo, una migliore comprensione di come l’oggettivazione promuova l’aggressività e come sia possibile indebolire tale effetto, può aiutare lo sviluppo di strategie di intervento volte ad aiutare le persone a fronteggiare nel migliore dei modi sia i fenomeni di oggettivazione, che le forme correlate di maltrattamento interpersonale. Prendendo in considerazione gli attuali risultati, se le persone oggettivate venissero aiutate a riprendere il controllo attraverso interventi situazionali, il loro livello di aggressività potrebbe essere ridotto. Un livello di aggressività così esiguo potrebbe facilitare l’armonia e ridurre i conflitti nelle successive interazioni sociali, migliorando il benessere degli individui che subiscono l’oggettivazione.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Agroskin, D., & Jonas, E. (2013). Controlling death by defending ingroups – Mediational insights into terror management and control restoration. Journal of Experimental Social Psychology, 49, 1144–1158.
  • Baumeister, R. F., Smart, L., & Boden, J. M. (1996). Relation of threatened egotism to violence and aggression: The dark side of high self-esteem. Psychological Review, 103, 5–33.
  • Breuer, J., & Elson, M. (2017). Frustration-aggression theory. In P. Sturmey (Ed.). The Wiley handbook of violence and aggression (pp. 1–12). Chichester: Wiley Blackwell.
  • Berkowitz, L. (1989). Frustration-aggression hypothesis: Examination and reformulation. Psychological Bulletin, 106, 59–73.
  • Deci, E. L., & Ryan, R. M. (2000). The “what” and “why” of goal pursuits: Human needs and the self-determination of behavior. Psychological Inquiry, 11, 227–268.
  • Griskevicius, V., Tybur, J. M., Gangestad, S. W., Perea, E. F., Shapiro, J. R., & Kenrick, D. T. (2009). Aggress to impress: Hostility as an evolved context-dependent strategy. Journal of Personality and Social Psychology, 96, 980–994.
  • Haslam, N., & Loughnan, S. (2014). Dehumanization and infrahumanization. Annual Review of Psychology, 65, 399–423.
  • Pagnini, F., Bercovitz, K., & Langer, E. (2016). Perceived control and mindfulness: Implications for clinical practice. Journal of Psychotherapy Integration, 26, 91–102.
  • Poon, K. T., Chen, Z., Teng, F., & Wong, W. Y. (2020). The effect of objectification on aggression. Journal of Experimental Social Psychology, 87, 103940. Available here.
  • Ric, F., & Scharnitzky, P. (2003). Effects of control deprivation on effort expenditure and accuracy performance. European Journal of Social Psychology, 33, 103–118.
  • Shah, J., & Gardner, W. (2007). Handbook of motivation science. New York: Guilford Press.
  • Teng, F., Chen, Z., Poon, K. T., Zhang, D., & Jiang, Y. (2016). Money and relationships: When and why thinking about money leads people to approach others. Organizational Behavior and Human Decision Processes, 137, 58–70.
  • Volpato, C., Andrighetto, L., & Baldissarri, C. (2017). Perceptions of low-status workers and the maintenance of the social class status quo. Journal of Social Issues, 73, 192–210.
  • Wang, X., & Krumhuber, E. G. (2017). The love of money results in objectification. British Journal of Social Psychology, 56, 354–372.
  • Wyckoff, J. P. (2016). Aggression and emotion: Anger, not general negative affect, predicts desire to aggress. Personality and Individual Differences, 101, 220–226.
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