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Tra disastri e violenze: l’influenza dei mass media sulla salute psicologica

L’esposizione ai disastri e alla violenza su larga scala attraverso i mass media sembra poter portare ad un aumento degli esiti psicologici negativi

Di Dominique De Filippis

Pubblicato il 06 Lug. 2021

Aggiornato il 09 Lug. 2021 11:10

Gli autori hanno ipotizzato che l’esposizione ai mass media avrebbe determinato un impatto significativo sulla salute psicologica dei soggetti e che differenti variabili avrebbero moderato i risultati degli studi.

 

I progressi della tecnologia hanno incrementato un’esposizione ai disastri e alla violenza su larga scala, senza precedenti (Slone & Shoshani, 2010). Dato il vasto numero di persone che utilizzano i media e la crescente propensione delle testate giornalistiche a servirsi di tecniche volte a dare una rilevanza continua e su larga scala a tali spiacevoli eventi (Jain, 2010), appare sempre più rilevante che i ricercatori si occupino di esplorare il potenziale impatto psicologico dei contenuti mediatici.

C’è stato un lungo dibattito accademico sul fatto che i media con contenuti violenti potessero costituire o meno un’esposizione alla violenza. Alcuni studiosi sostengono che molte delle ricerche che collegano i media violenti ai comportamenti aggressivi hanno tratto inferenze infondate a partire da ricerche in gran parte correlazionali (Grimes & Bergen, 2008). D’altro canto, numerosi studi hanno mostrato prove che suggeriscono che l’esposizione ai media possa agire come un antecedente dei sintomi post-traumatici (Pfefferbaum et al., 2014).

Ulteriormente, queste ricerche hanno rinvenuto forti legami tra il consumo di media legati ai disastri e gli esiti psicologici negativi, compreso l’aumento dell’ansia (Schuster et al., 2001), della paura e della depressione (Lachlan, Spence, & Seeger, 2009), un maggiore senso di minaccia (Maeseele et al., 2008) ed aggressività (Argyrides & Downey, 2004).

Anche se molti ricercatori hanno utilizzato metodi sperimentali per esplorare le reazioni psicologiche individuali determinate dall’esposizione mediatica a disastri e minacce su larga scala, in letteratura non vi è una meta-analisi inerente questi studi. Hopwood e Schutte (2017) si sono proposti di effettuare una meta-analisi sui suddetti, al fine di identificare una dimensione complessiva degli effetti psicologici e di consolidare le informazioni riguardanti i principali tipi di reazioni esperite a seguito dell’esposizione ai media.

Una revisione della letteratura ha indicato che, tra le problematiche più frequenti, rientrano l’ansia e la rabbia (Pfefferbaum et al., 2014). Come sottolineato da Slone e Shoshani (2010), l’esperienza di queste emozioni è descritta dalla teoria della motivazione alla protezione (Rogers, 1983). Questa afferma che quando una persona interpreta una situazione come minacciosa, spesso esperisce ansia che, a sua volta, può promuovere un bisogno di voler difendere sé stessi e gli altri e, talvolta, ciò incrementa la rabbia. Questa teoria fornisce un background utile per comprendere come l’esposizione mediatica ai disastri e alla violenza su larga scala possa determinare un senso di minaccia personale o comunitaria, che a sua volta può provocare reazioni come ansia e rabbia. Un’ulteriore teoria che si aggiunge al quadro concettuale è la teoria della conservazione delle risorse (Hobfoll & Lilly, 1993), che sostiene come la capacità di un singolo di affrontare le sfide dipende dalla percezione che il singolo ha in merito al suo personale inventario di risorse pratiche, sociali ed emotive. Maguen, Papa e Litz (2008) hanno postulato che le minacce su larga scala (come il terrorismo) intensificano le percezioni di perdita in aree come l’autostima, l’autoefficacia e il locus of control interno. La perdita di queste risorse può aumentare i livelli di affetto negativo e diminuire le strategie di coping adattive (Moos & Holahan, 2003).

Nella meta-analisi presa in esame, gli autori hanno ipotizzato che l’esposizione ai media avrebbe determinato un impatto significativo sulla salute psicologica dei soggetti. Inoltre, hanno supposto che differenti variabili avrebbero moderato i risultati degli studi. Tra queste vi era la sensibilizzazione della comunità rispetto ad eventi traumatici. Difatti, numerosi studi hanno indicato che la presenza di una storia traumatica precedente aumenti la suscettibilità dei singoli rispetto ad esiti psicologici avversi, come l’insorgenza del Disturbo da Stress Post Traumatico (Chatard et al., 2012; Shrira et al., 2014). Dunque, nella meta-analisi presa in esame, la regione in cui ogni esperimento è stato condotto è stata codificata come una possibile variabile moderatrice, ed è stata creata la variabile denominata “sensibilizzazione della comunità”, al fine di identificare se la regione in questione avesse o meno sperimentato un disastro, nell’arco dei 5 anni precedenti.

Una considerevole dimensione dell’effetto meta-analitico ha mostrato che, attraverso gli studi sperimentali, l’esposizione mediatica ai disastri e alla violenza su larga scala ha portato ad un aumento degli esiti psicologici negativi.

Ulteriormente, l’analisi della variabile moderatrice della sensibilizzazione della comunità ha mostrato che le dimensioni dell’effetto erano significativamente più grandi per gli studi condotti in una regione recentemente esposta ad un certo tipo di disastro o minaccia ritratta dai media. Questo risultato rafforza ulteriormente la teoria degli effetti avversi cumulativi e la teoria della conservazione delle risorse. Se, come suggeriscono gli attuali risultati, la copertura mediatica di disastri ed eventi traumatici ha il potenziale di causare cambiamenti psicologici negativi transitori negli individui, allora è possibile che un’intensa esposizione prolungata possa determinare esiti negativi peggiori.

Le dimensioni degli effetti variano da una regione all’altra. Gli studi condotti in Medio Oriente hanno mostrato dimensioni degli effetti molto più alte rispetto agli studi condotti in altre regioni. Data l’incidenza storica della guerra e degli attacchi terroristici in questa regione (Solomon, Gelkopf, & Bleich, 2005), questi risultati suggeriscono che gli effetti cumulativi di questo tipo di trauma possono rendere le persone più suscettibili a reazioni negative legate all’esposizione mediatica di disastri e violenza su larga scala.

Gli studi analizzati hanno mostrato la presenza di differenti effetti psicologici, di cui l’ansia di stato si è rivelato essere il più frequente. Questo risultato è coerente con la ricerca correlazionale che riporta un legame tra il consumo dei media di contenuti legati ai disastri e l’ansia (Sugimoto et al., 2013).

Dunque, i risultati della presente meta-analisi suggeriscono che il consumo dei media possa essere una fonte di disagio psicologico. Di conseguenza, secondo gli autori, i clinici potrebbero considerare di discutere del suddetto consumo con i pazienti in difficoltà, al fine di valutare se le tipologie di media consultati possano rappresentare un’ulteriore fonte di sofferenza emotiva. Inoltre, coloro i quali si occupano della trasmissione di contenuti mediatici, potrebbero considerare l’impatto generato dai suddetti sui consumatori, specialmente rispetto a coloro che mostrano una maggior vulnerabilità, come gli spettatori in aree vittime di disastri o violenza.

Data la natura onnipresente delle cattive notizie nel mondo moderno, risulta sempre più importante comprendere gli esiti psicologici associati all’esposizione a questo tipo di media.

 

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