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Concerti che danno alla testa! Musica live e registrata fanno muovere il nostro corpo in modi differenti?

Far parte di un pubblico a concerti dal vivo, rispetto ad scoltare musica registrata, può contribuire positivamente all'esperienza di ascolto musicale?

Di Eleonora Galletti

Pubblicato il 09 Giu. 2021

Un concerto di musica dal vivo è un piacevole evento sociale che si colloca tra le forme più memorabili e viscerali di rappresentazione musicale.

 

Ma cosa spinge gli ascoltatori ad assistere ai concerti, a volte con considerevoli spese, quando potrebbero ascoltare le registrazioni delle stesse canzoni direttamente da casa? Un aspetto iconico che caratterizza i live show è il coinvolgimento che lo spettatore ha con gli altri membri del pubblico. I componenti della platea, infatti, si possono spesso considerare tutt’altro che “spettatori”, in quanto in realtà sono essi stessi parte dello spettacolo, attraverso emozioni e relativi movimenti corporei suscitati dalla musica dal vivo. La musica ci spinge a muoverci, e questo è un probabile risultato delle connessioni tra le aree uditive e motorie del cervello, la cui comunicazione durante la previsione del ritmo e del battito può essere misurata in oscillazioni neurali (Sakai et al., 1999; Janata e Grafton, 2003; Grahn e Brett, 2007; Zatorre et al., 2007; Grahn e Rowe, 2009; Fujioka et al., 2012). I movimenti della testa, in particolare, riflettono le emozioni esperite in quel momento di coinvolgimento, e possono favorire il legame con le persone circostanti (Swarbrick et al., 2019). Recenti studi hanno esplorato il coinvolgimento sociale affiliativo sperimentato tra le persone che si muovono all’unisono al ritmo di musica, ma i concerti dal vivo hanno anche altre caratteristiche che potrebbero essere importanti, come il fatto che durante una performance live la musica prodotta sia unica e non prevedibile, né predeterminata. Ciò aumenta l’attesa e i sentimenti di coinvolgimento del pubblico che vi assiste. Sarà per questo motivo che la maggior parte del pubblico riferisce che il costo del biglietto non influenza la scelta di assistere o meno ai concerti (Brown e Knox, 2017)?

Nello studio di Swarbrick, gli sperimentatori hanno osservato l’esperienza del concerto live, testando l’ipotesi secondo cui il semplice fatto di far parte di un pubblico di un concerto dal vivo possa contribuire positivamente all’esperienza dell’ascoltare musica. Il team di scienziati ha utilizzato il motion capture, un sistema di più telecamere emittenti luce e di marcatori di materiale riflettente in grado di rilevare movimenti con estrema precisione. È stata utilizzata questa tecnologia al fine di confrontare le risposte del movimento della testa del pubblico in termini di vigore e di coinvolgimento durante un concerto live della rock star canadese Ian Fletcher Thornley, con quelle di un concerto registrato senza gli esecutori, in cui sono state riprodotte le stesse canzoni (Toiviainen et al., 2010; Burger et al., 2013). I ricercatori hanno anche preso nota di chi del pubblico fosse fan dell’artista e di chi invece fosse ascoltatore neutrale. L’essere fan avrebbe implicato una precedente conoscenza della band e della relativa musica, fattore più che rilevante nell’emotività espressa durante il live.

Con questa sperimentazione, è stato scoperto che sia nei fan, sia negli ascoltatori neutrali, i movimenti della testa erano più vigorosi nel concerto dal vivo che nella condizione di riproduzione dell’album registrato. D’altra parte, in entrambe le condizioni sperimentali, i fan hanno mosso la testa più vigorosamente e con maggiore coinvolgimento al ritmo rispetto agli ascoltatori neutrali. Il maggior grado di coinvolgimento generale nei fan rifletteva probabilmente la loro maggiore familiarità con lo stile musicale dell’artista. Il maggior vigore dei movimenti della testa tra i gruppi rappresentava probabilmente una maggiore eccitazione, un maggiore riscontro fisiologico dell’imprevedibilità del live, e una maggiore connessione con gli artisti e con la loro musica durante il concerto dal vivo (Mazzoni et al., 2007; Leow et al., 2014).

Tra i membri del pubblico, non c’erano differenze tra musicisti e non musicisti nel vigore del movimento o nella sincronizzazione al ritmo. Allo stesso modo, Bernardi e colleghi (2017) hanno riferito che la formazione musicale non influenza il grado di sincronizzazione delle risposte autonomiche al ritmo della musica sperimentata in un ambiente di gruppo. Entrambi questi risultati suggeriscono che le risposte di coinvolgimento del pubblico sono indipendenti dalla formazione musicale.

Lo studio di Swarbrick dimostra quindi che, oltre alle caratteristiche acustiche della musica, anche i fattori ambientali e personali influenzano il movimento in relazione ad essa. In particolare, la familiarità con l’esecutore e lo stile musicale ha portato a un aumento del movimento e del coinvolgimento, mentre la performance dal vivo in sé ha portato a un aumento significativo del vigore delle movenze del capo, generando il movimento sincrono tra il pubblico, e dunque la prosocialità.

In conclusione, questi risultati confermano che la musica dal vivo ha coinvolto gli ascoltatori in misura maggiore rispetto alla musica preregistrata. In aggiunta a ciò, una preesistente ammirazione per gli artisti può portare ad un maggiore coinvolgimento psicofisico.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Bernardi, N. F., Codrons, E., di Leo, R., Vandoni, M., Cavallaro, F., Vita, G., et al. (2017). Increase in synchronization of autonomic rhythms between individuals when listening to music. Front. Physiol. 8:785. doi: 10.3389/fphys.2017.00785
  • Burger, B., Thompson, M. R., Luck, G., Saarikallio, S., and Toiviainen, P. (2013). Influences of rhythm- and timbre-related musical features on characteristics of music-induced movement. Front. Psychol. 4:183. doi: 10.3389/fpsyg.2013.00183
  • Brown, S. C., and Knox, D. (2017). Why go to pop concerts? The motivations behind live music attendance. Music. Sci. 21, 233–249. doi: 10.1177/ 1029864916650719
  • Fujioka, T., Trainor, L. J., Large, E. W., and Ross, B. (2012). Internalized timing of isochronous sounds is represented in neuromagnetic beta oscillations. J. Neurosci. 32, 1791–1802. doi: 10.1523/JNEUROSCI.4107-11.2012
  • Grahn, J. A., and Brett, M. (2007). Rhythm and beat perception in motor areas of the brain. J. Cogn. Neurosci. 19, 893–906.
  • Grahn, J. A., and Rowe, J. B. (2009). Feeling the Beat: premotor and striatal interactions in musicians and nonmusicians during beat perception. J. Neurosci. 29, 7540–7548. doi: 10.1523/JNEUROSCI.2018-08. 2009
  • Janata, P., and Grafton, S. T. (2003). Swinging in the brain: shared neural substrates for behaviors related to sequencing and music. Nat. Neurosci. 6, 682–687. doi: 10.1038/nn1081
  • Leow, L., Parrott, T., and Grahn, J. A. (2014). Individual differences in beat perception affect gait responses to low- and high-groove music. Front. Hum. Neurosci. 8:811. doi: 10.3389/fnhum.2014.00811
  • Mazzoni, P., Hristova, A., and Krakauer, J. W. (2007). Why Don’t we move faster? Parkinson’s Disease, movement vigor, and implicit motivation. J. Neurosci. 27, 7105–7116. doi: 10.1523/JNEUROSCI.0264-07.2007
  • Swarbrick, D., Bosnyak, D., Livingstone, S. R., Bansal, J., Marsh-Rollo, S., Woolhouse, M. H., & Trainor, L. J. (2019). How Live Music Moves Us: Head Movement Differences in Audiences to Live Versus Recorded Music. Frontiers in psychology, 9, 2682. https://doi.org/10.3389/fpsyg.2018.02682
  • Sakai, K., Hikosaka, O., Miyauchi, S., Takino, R., Tamada, T., Iwata, N. K., et al. (1999). Neural representation of a rhythm depends on its interval ratio. J. Neurosci. 19, 10074–10081.
  • Toiviainen, P., Luck, G., and Thompson, M. R. (2010). Embodied meter: hierarchical eigenmodes in music-induced movement. Music Percept. 28, 59–70. doi: 10.1525/mp.2010.28.1.59
  • Zatorre, R. J., Chen, J. L., and Penhune, V. B. (2007). When the brain plays music: auditory-motor interactions in music perception and production. Nat. Rev. Neurosci. 8, 547–558. doi: 10.1038/nrn2152
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