
L’impatto della polivittimizzazione in età avanzata è stato studiato poco dalla letteratura. Subire abusi in tarda età aumenta notevolmente il rischio di lesioni fisiche e insorgenza di psicopatologia, in particolare depressiva, che incrementano il numero dei ricoveri oltre che il rischio di mortalità, ed in alcuni casi, morte prematura.
L’abuso rivolto agli anziani, con una prevalenza stimata tra il 2% e l’11% (Brent, 2015), è considerato un atto che provoca un danno attuale o potenziale; come la mancata fornitura di un servizio essenziale, o la privazione dei bisogni di base dell’anziano, da parte di un individuo con il quale detiene un rapporto di fiducia (Burnes et al., 2016).
Nel caso in cui gli abusi siano differenti, concomitanti o sequenziali, perpetrati da uno o più autori, si parla di polivittimizzazione; ad esempio venire abbandonati dopo essere stati allontanati da un autore di violenza sessuale (Ramsey-Klawsnik, 2017).
Nonostante la sua gravità, l’impatto della polivittimizzazione in età avanzata è stato studiato poco dalla letteratura. Subire abusi in tarda età aumenta notevolmente il rischio di lesioni fisiche e insorgenza di psicopatologia, in particolare depressiva, che incrementano il numero dei ricoveri oltre che il rischio di mortalità, ed in alcuni casi, morte prematura (Yan et al., 2015).
Gli effetti possono manifestarsi diverso tempo dopo la fine dell’abuso, con l’emergere di una grave mancanza di autostima, sentimenti di impotenza, fino all’insorgenza del disturbo da stress post-traumatico (Ramsey-Klawsnik, 2017). Tale psicopatologia, se insorta in età tardiva, determina un invecchiamento meno efficace, una diminuzione del funzionamento cognitivo, disturbi psichiatrici concomitanti e problemi di salute fisica (Cook et al., 2017; Shrira et al., 2016).
In alcuni casi, essere vittime di numerose avversità può generare un migliore adattamento ed incrementare la resilienza individuale, potendo trovare un modo di vivere che consenta di funzionare al meglio delle proprie possibilità (Bolton et al., 2016).
Indagata a partire dall’età evolutiva, la resilienza è stata in seguito esplorata nella mezza età; riscontrando come consenta una migliore capacità nella risoluzione dei problemi, autoconsapevolezza dei propri punti di forza e capacità individuali, sapendo al contempo identificare risorse relazionali esterne nel momento del bisogno (Lamet & JG, 2004; Wagnild & Collins, 2009).
Tra gli anziani, la resilienza ha una funzione adattiva e protettiva per l’invecchiamento precoce (MacLeod et al., 2016), in quanto consente un miglioramento della salute fisica e mentale, ed una riduzione dei tempi di recupero a fronte di traumi fisici e mentali subiti (Hassani et al., 2017; Ohana et al., 2014).
Inoltre, è collegata a tassi inferiori di malattia mentale come depressione e ansia, maggiore attitudine a perdonare, miglioramento auto-percepito della qualità di vita e percezione di uno scopo (Fullen et al., 2018; MacLeod et al., 2016).
Similmente alla resilienza, anche la crescita post traumatica condivide la percezione dell’esperienza avversa, inclusa quella subita in tarda età, come sfida ed opportunità (Eshel et al., 2016); in particolare, si riferisce alla capacità di un individuo di raggiungere livelli più elevati di funzionamento a seguito di una o più esperienze traumatiche (Garrido-Hernansaiz et al., 2017).
La crescita post traumatica comporta l’instaurarsi di relazioni più profonde con gli altri, un maggiore apprezzamento verso la vita ed una percezione di se stessi come forti e capaci (Rzeszutek et al., 2017).
La letteratura sulla polivittimizzazione è carente rispetto al ruolo della resilienza, della crescita post-traumatica e dell’insorgenza del disturbo da stress post-traumatico in età avanzata.
La revisione di Nuccio & Stripling (2021), con lo scopo di colmare questa lacuna, ha indagato la relazione tra resilienza e crescita post-traumatica ed il ruolo che entrambe rivestono sulla polivittimizzazione in età tardiva nel rischio di insorgenza del disturbo da stress post-traumatico.
Messaggio pubblicitario Dai risultati emerge che, sebbene la crescita post-traumatica a seguito di traumi infantili, fosse associata a migliori abilità di coping, di gestione dello stress e ad un atteggiamento positivo verso la morte (ad es. Moore et al., 2011); la relazione tra l’aumentare dell’età e crescita post-traumatica, non è univoca (ad es. Lev-Wiesel & Amir, 2003).
La resilienza in età avanzata, aumentava in relazione alla capacità di riformulare positivamente l’evento traumatico (ad es. Greenblatt Kimron et al., 2019), aspetto strettamente legato ad una migliore consapevolezza emotiva (ad es. Cabral, 2010).
Mentre la ricerca attuale non chiarisce il numero di traumi che un individuo deve affrontare, per promuovere la resilienza in tarda età (Tran et al., 2013), questa si associa positivamente con il rafforzamento delle abilità di regolazione, interpersonali e di creazione di significati (Moore et al., 2011).
Resilienza e crescita post-traumatica sono due concetti spesso confusi nella letteratura sull’anziano. Si ipotizza che la resilienza acquisita nel corso della vita incrementi la capacità di un individuo di crescita post-trauma, nel caso di insorgenza di un evento traumatico (Garrido-Hernansaiz et al., 2017; Park et al., 2005).
La resilienza aumenta nel tempo fino a stabilizzarsi (Lurie-Beck et al., 2008); invecchiando si impara a gestire con successo le situazioni avverse, avendo costruito un repertorio sempre più ampio di strumenti da utilizzare in esperienze future simili (Shrira et al., 2014). Questa competenza acquisita nel superare le avversità, incrementa di pari passo la possibilità di crescita post-traumatica.
La carenza di studi che indagano questi aspetti tra gli anziani, è motivo di preoccupazione, soprattutto considerando che la letteratura sulla polivittimizzazione nell’infanzia e nella mezza età documenta l’effetto additivo di un abuso prolungato e ripetuto (Teaster, 2017). Nonostante ciò, i tassi di prevalenza di disturbo da stress post-traumatico negli anziani, rimangono inferiori rispetto agli altri gruppi di età.
La ricerca futura dovrebbe concentrarsi sullo sviluppo di metodi per una diagnosi efficace del disturbo da stress post-traumatico in età avanzata, e indagare i fattori protettivi (ad esempio, padronanza e supporto sociale), che incrementano la resilienza nel caso di trauma concomitante (Hamby et al., 2016).
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