L’autocontrollo di tratto presuppone la presenza di un “sé attivo”, che sia in grado di dare priorità agli obiettivi a lungo termine, rispetto a quelli a breve termine, nonostante questi ultimi forniscano una gratificazione immediata.
L’autocontrollo viene generalmente definito come la capacità di inibire comportamenti indesiderati, in virtù del perseguimento di obiettivi a lungo termine (Metcalfe & Mischel, 1999). A livello disposizionale, l’autocontrollo di tratto presuppone la presenza di un “sé attivo”, che sia in grado di dare priorità agli obiettivi a lungo termine, rispetto a quelli a breve termine, nonostante questi ultimi forniscano una gratificazione immediata (Baumeister et al.,1998). Essere in grado di rinunciare al piacere istantaneo, in favore di obiettivi più gratificanti, è considerata una tendenza cruciale nell’evoluzione umana (Tangney, Baumeister, & Boone, 2004).
Molti studi hanno dimostrato che la presenza di un basso autocontrollo di tratto determina una vasta gamma di problemi individuali e sociali, compresa l’obesità (Tsukayama et al., 2010), la procrastinazione (Steel, 2007), l’abuso di sostanze (Baumeister & Heatherton, 1996) e il comportamento delinquenziale (Gottfredson & Hirschi, 1990). D’altro canto, coloro i quali possiedono alti livelli di autocontrollo riscontrano molteplici benefici, tra cui migliori prestazioni nei diversi ambiti di vita (De Ridder et al., 2012), un maggior benessere e livelli più elevati di soddisfazione personale (Hofmann et al., 2013).
Dunque, mentre i vantaggi derivanti dall’astenersi da comportamenti indesiderati (ma spesso piacevoli) sono abbastanza ovvi quando in gioco vi sono obiettivi a lungo termine, è più difficile comprendere come la mera inibizione degli impulsi possa di per sé favorire il benessere.
Attraverso una revisione sistematica, alcuni autori si sono proposti di scardinare “l’ipotesi puritana” che associa l’autocontrollo unicamente all’inibizione degli impulsi, chiarendo come il conseguimento degli obiettivi a lungo termine – e dunque il raggiungimento del benessere – non dipenda unicamente da comportamenti inibitori.
È bene sottolineare come chi possiede alti livelli di autocontrollo di tratto, altro non ha che la capacità di affrontare un dilemma, ovvero una scelta tra una ricompensa immediata ed una ritardata del tempo. La gestione di tale dilemma, però, può comportare differenti opzioni, tra cui l’inibizione di un comportamento indesiderato (come mangiare cibi grassi), l’avvio di un comportamento desiderato (come mangiare alimenti sani) o, ancora, una combinazione di entrambi.
Inquadrare l’autocontrollo come la capacità di affrontare un dilemma offre l’opportunità di enfatizzare sia la classica componente inibitoria, sia la sua componente inizializzante. Sono le stesse evidenze sull’autocontrollo di tratto (Hoyle & Davisson, 2016), che soventemente vengono dimenticate, ad aver dimostrato come esso presupponga sia componenti inibitori che di iniziazione. Difatti, quando si persegue un obiettivo a lungo termine come l’essere snelli e sani, spesso non è sufficiente astenersi semplicemente dai comportamenti indesiderati, ma è altrettanto importante che il comportamento desiderato venga messo in atto. Analogamente, non sgridare i propri figli non implica di per sé essere dei genitori amorevoli.
La distinzione tra iniziazione e inibizione costituisce quindi l’aspetto centrale dell’autocontrollo. Nel caso del benessere, la componente iniziatica dell’autocontrollo può rivelarsi ancora più importante perché è stato dimostrato che lottare per risultati positivi aumenti il benessere (Brunstein, 1993) ma la semplice inibizione può compromettere negativamente quest’ultimo (DeNeve & Cooper, 1998).
Dunque, per poter comprendere come l’autocontrollo sia legato al benessere, sarebbe meglio considerare anche la componente iniziatica dell’autocontrollo stesso.
Dalla definizione dell’autocontrollo di tratto come capacità di rinunciare agli impulsi immediati, concentrandosi su obiettivi a lungo termine, si potrebbe ipotizzare che la vita delle persone con un alto livello di autocontrollo non sia molto divertente. A sostegno di questa ipotesi, alcune ricerche hanno dimostrato che gli individui con un alto livello di autocontrollo possono sperimentare una minor spontaneità ed estroversione (Zabelina, Robinson & Anicha, 2007) e una intensità emotiva giornaliera limitata (Layton & Muraven, 2014).
Tuttavia, altri studi hanno messo in luce il reale meccanismo sottostante l’associazione tra autocontrollo e benessere. Le ricerche di Hofmann e colleghi (2013) hanno mostrato come le persone con un elevato autocontrollo non si preoccupino troppo di resistere alle tentazioni che potrebbero far tentennare i loro obiettivi a lungo termine e trovino persino piacere nell’essere disciplinati.
Difatti, questi individui sono meno soggetti a cadere in tentazione nel loro ambiente quotidiano, in quanto strutturano strategicamente la loro vita allontanandosi dai vizi stessi e, dunque, non inibiscono i comportamenti nella stessa misura in cui lo fanno coloro i quali presentano un basso autocontrollo (Hofmann et al., 2012).
In linea con quanto appena detto, lo studio di Cheung e colleghi (2014) ha mostrato come gli individui con un elevato autocontrollo di tratto sono più orientati a trovare strategie per raggiungere i loro obiettivi, piuttosto che essere preoccupati di evitare opportunità che potrebbero impedire il raggiungimento dei suddetti. Questi risultati danno sostegno all’idea che l’associazione tra autocontrollo e benessere comporti per lo più l’avvio di comportamenti desiderati, piuttosto che la mera rinuncia dei piaceri momentanei.
Se, dunque, le persone con un alto livello di autocontrollo sono più felici perché si impegnano di più in attività dirette all’obiettivo, la domanda successiva è: come riescono a farlo in un mondo pieno di tentazioni che entrano in conflitto con gli obiettivi a lungo termine?
A ciò va aggiunto che le persone raramente sperimentano il lusso di essere impegnate in un solo obiettivo alla volta e spesso hanno obiettivi multipli che possono entrare in conflitto.
Esiste un ampio corpus della letteratura che dimostra che l’utillizzo di routine aiuti le persone a mettere in atto comportamenti desiderati senza alcun tipo di sforzo. Difatti le abitudini, basandosi sull’automaticità piuttosto che sulla deliberazione, determinano un minor affaticamento e consentono ai soggetti di impiegare le proprie energie sulla messa in atto dei comportamenti adattivi.
Sembra, dunque, che la differenza cruciale tra le persone con alto e basso autocontrollo non risieda in una capacità innata di inibire gli impulsi ma, piuttosto, in alte routine adattive e basse routine disadattive (Mann et al., 2013).
Sulla base di quanto appena esposto, è possibile affermare che l’essere in grado di impegnarsi nel perseguimento di un obiettivo è facilitato dalla messa in atto di abitudini: piuttosto che essere impegnati a sopprimere gli impulsi indesiderati, che prosciugherebbero le risorse di autocontrollo portando al fallimento dell’autocontrollo stesso, un alto autocontrollo è una questione di routine adattive, che a sua volta lascia più spazio al perseguimento di obiettivi e al raggiungimento del benessere.