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Adolescenti e musica. Un rapporto stretto che aiuta il processo di crescita

La musica è di aiuto agli adolescenti perché parla per loro, dà voce ai loro pensieri, alle loro paure, li aiuta a fare chiarezza nei loro sentimenti

Di Annalisa Balestrieri

Pubblicato il 14 Mag. 2021

Ascoltare musica ha per gli adolescenti un grande valore sociale. Ascoltare la stessa musica fa sentire parte di un gruppo e il genere musicale che si condivide con il proprio gruppo finisce per diventare una parte del nostro senso di identità.

 

Una vita senza musica sarebbe come una primavera senza fiori (Susanna, 14 anni).

L’adolescenza, un periodo difficile

Quante volte ci capita di osservare ragazzi assorti nell’ascolto della musica, con le cuffiette collegate al cellulare? Se abbiamo figli o nipoti adolescenti ci sarà sicuramente successo di tentare di richiamare la loro attenzione sfilandogli un auricolare perché ascoltassero quello che cercavamo di comunicare loro.

Periodo difficile l’adolescenza! Si passa dalle certezze assolute dell’infanzia al rimettere in discussione qualsiasi cosa. A cominciare dalle figure più vicine, quasi sempre rappresentate da quelle genitoriali e dagli insegnanti, che da punti di riferimento indispensabili diventano quasi dei nemici, percepiti come limiti alla propria nascente autonomia.

Non si è più bambini ma non si è nemmeno adulti, non si hanno ancora gli strumenti per esserlo. Si va alla ricerca della propria identità, ci si sente confusi e fragili. Il bisogno degli adulti di riferimento e della loro approvazione è ancora forte ma contemporaneamente si tenta di sfuggire alle loro regole e di opporsi al loro modo di pensare nel tentativo di dimostrare a sé stessi che si è autonomi, che non si è condizionati dal giudizio degli adulti.

Come la musica viene in aiuto

In questa età la produzione di ormoni esplode e tutto quello che accade viene enfatizzato e recepito dal cervello come estremamente importante. Tutto ciò che si prova si crede assoluto. E così è la musica: amplifica le emozioni, esalta i desideri, mette le ali alla fantasia, fa sentire liberi di immaginare e sognare.

È in questa fase che la musica assume un valore enorme, consente di confrontarsi con i propri umori che spesso, proprio a questa età, risultano essere faticosamente gestibili e difficilmente decifrabili.

Tra i 12 e i 22 anni il cervello attraversa un veloce sviluppo neurologico, tipiche degli adolescenti sono le reazioni amplificate, le situazioni enfatizzate ed estremizzate: in questo contesto l’effetto della musica assume un’importanza enorme. È proprio la grande produzione degli ormoni della crescita che dice al nostro cervello che ogni cosa è incredibilmente importante. Ascoltare musica ha per un adolescente anche un grande valore sociale. È da ragazzi che cominciamo ad ascoltare musica scelta da noi e spesso lo facciamo insieme agli amici. Ascoltare la stessa musica fa sentire parte di un gruppo e il genere musicale che si condivide con il proprio gruppo finisce per diventare una parte del nostro senso di identità.

La musica dà voce a quelle emozioni che si fatica ad esprimere

È proprio nel confuso contesto a cui abbiamo accennato che la musica comincia a ritagliarsi uno spazio importante e ad assumere un grande valore, innanzitutto perché permette di confrontarsi con le proprie emozioni. Emozioni che spesso sono ancora sconosciute, che non si riescono a raccontare agli altri e che nemmeno a sé stessi sono chiare e decifrabili. In un certo senso si può dire che la musica è di aiuto agli adolescenti perché parla per loro, dà voce ai loro pensieri, alle loro paure, li aiuta a fare chiarezza nei loro sentimenti ottenendo un effetto rassicurante e tranquillizzante.

Per cercare di avere un quadro più completo, oltre a fare riferimento a studi e teorie sull’argomento, abbiamo chiesto l’opinione di un’adolescente e ascoltato il parere e l’esperienza personale di un giovane musicista di talento, nonché professore di lettere, che vive quotidianamente il contatto con gli adolescenti e la loro realtà guardando con un’attenzione particolare il loro rapporto con il mondo musicale.

Se penso alla mia adolescenza – ci racconta Mico Argirò, musicista e professore – penso a disagio, timidezza, alle pene d’amore… in quei momenti per me era naturale, nemmeno una scelta, mettere su della musica che mi aiutasse, magari anche a sprofondare nella tristezza, ma che mi sostenesse. La musica è principalmente questo nell’adolescenza: il primo sostegno. Paradossale che sia sostegno una cosa completamente immateriale ed eterea… dopo essere sostegno però diventa strumento, strumento di reazione (tanti sono gli adolescenti che producono musica, che gridano il proprio malessere o si sfogano contro qualcuno) e strumento di aggregazione (la musica fa gruppo e il nucleo sociale sempre e in ogni contesto, dalle tribù fino alle gang, dalle religioni fino ai radical chic, si riconosce nella musica che ascolta).

La musica allontana la solitudine

Ascoltare musica è un modo per estraniarsi dal mondo e concentrarsi su sé stessi e sui propri stati d’animo. Nelle canzoni si ritrovano i propri sentimenti e questo ha un duplice effetto positivo. Da un lato fa sentire meno soli: se qualcuno ha scritto una certa canzone in cui ci si rispecchia così bene significa che anche lui ha provato le stesse emozioni. Dall’altro, consente di guardare quella stessa situazione, quell’emozione, dall’esterno, da un altro punto di vista. Permette di assegnarle un significato simbolico e di riuscire a contenerla senza esserne travolti.

Da sempre la musica è una parte fondamentale della mia vita – ci dice Susanna – mi piace tantissimo e la ascolto sempre, ogni giorno, non immaginerei nemmeno una vita senza musica. Di solito la scelta di cosa ascoltare dipende molto del mio stato d’animo, non ascolterei mai una canzone allegra se sono giù di morale o una canzone super movimentata se sono stanca. La cosa bella della musica è che si adatta ad ogni umore, ogni pensiero, è capace di tenerti sempre compagnia, infatti la maggior parte delle volte che la ascolto sono sola. La musica però è anche un’ottima consolazione nei momenti difficili, c’è stato un periodo nella mia vita che è stato duro da superare e uno dei motivi per cui sono stata meglio è stata proprio la musica. Devo dire grazie musica!.

La funzione degli idoli musicali

Ascoltare una canzone aiuta a rivivere un’esperienza emotiva già provata, a restare in contatto con essa rafforzando l’esperienza stessa, e la presenza di questo amico simbolico, colui che canta la canzone, diventa un sostegno che aiuta ad agevolare l’accettazione delle emozioni.

Capita spesso che questi personaggi finiscano per assumere appunto il ruolo di idoli. Diventano dei modelli da seguire perché rappresentano dei valori che l’adolescente sente di condividere, o perché hanno raggiunto degli obiettivi desiderabili, o perché manifestano degli aspetti della loro personalità che l’adolescente ammira e dei quali avverte il bisogno. Quando si inizia a pensare a come si vorrebbe diventasse la propria vita e si incontrano momenti in cui si pensa di non farcela, queste figure arrivano in aiuto diventando fonti di ispirazione.

Possono diventare dannosi? Dipende. È necessario differenziare tra un processo di identificazione in cui l’idolo prende il sopravvento su tutto il resto, allontanando dalla realtà, accentrando su di sé tutte le attenzioni fino a far trascurare gli impegni (ad esempio lo studio) e portando all’isolamento sociale, e una sana imitazione, in cui un idolo è imitato in maniera positiva e non si sostituisce alla realtà e alla quotidianità di un ragazzo, ma costituisce solo un esempio verso il quale indirizzare i propri sforzi.

La musica offre un’occasione di confronto

Torniamo alla musica. Una delle sue funzioni principali è quella di favorire il confronto con gli altri. Con gli amici si condivide un genere musicale preferito che diventa parte della propria identità, permette di riconoscersi nel modo di comunicare, di rapportarsi, nelle idee trasmesse.

Generalmente il genere musicale preferito ha la funzione di favorire l’identificazione in una cultura diversa da quella dei genitori aumentando la coesione del nuovo gruppo di appartenenza, quello degli amici. In quella musica sono racchiusi i loro sogni e i loro sentimenti, è una dimensione con cui si convive continuamente e che consente di dare voce al proprio sentire, di raccontarsi attraverso le parole di una canzone.

L’idea di sé e il processo di rielaborazione dei propri valori in questa età in cui si sperimenta un tentativo di allontanamento dai familiari, la cui discreta presenza è comunque sempre desiderata, dipendono e sono fortemente influenzati dal rapporto con i coetanei che diventano un termine di confronto per sperimentare i cambiamenti in atto. Ma non solo, e non sempre. Può essere anche un modo per affermare la propria identità.

Non è importante avere gli stessi gusti degli altri oppure iniziare ad ascoltare un determinato genere di canzoni solo perché lo fanno tutti – sostiene Susanna – il bello della musica infatti è proprio che ce n’è di tutti i tipi apposta perché ognuno trovi il genere in cui rispecchiarsi. Non ho mai avuto gli stessi gusti musicali dei miei coetanei, sono sempre uscita fuori dagli schemi, adesso tutti ascoltano il nuovo genere che va di moda, la trap, ma a me non trasmette nulla, mi piacciono le canzoni che ti colpiscono semplicemente dalla colonna sonora, senza il bisogno di sentire o capire tutto il testo della canzone perciò ascolto anche musica straniera.

Musica e adolescenti: un mondo che esclude gli adulti

La musica che ascoltano si differenzia spesso da quella degli adulti perché una delle sue caratteristiche deve essere di diventare un luogo in cui gli adulti sono esclusi.

Su questo vertono spesso le preoccupazioni dei genitori, che a fatica riconoscono alla musica dei loro figli il potere di esercitare una qualsiasi influenza positiva. Sarebbe utile soffermarsi ad ascoltare quella musica, le parole di quelle canzoni, considerandole come un messaggio che i ragazzi mandano agli adulti, un tentativo di comunicare loro qualcosa che non si riesce a comunicare in altro modo. Spesso quelle canzoni sono mezzi per veicolare messaggi di un certo spessore, denunce sul mondo e su quello che non va nella società.

Problematiche che sono sentite e che creano apprensione ma che non si hanno gli strumenti per poter affrontare in concreto. E anche questo è un sentimento nuovo: nell’infanzia tutto era possibile, ora si avvertono dei limiti e sentirsi incapaci di affrontarli sgomenta. La musica offre un mondo virtuale in cui rifugiarsi, un mondo dove, se non altro, l’adolescente si sente capito.

Tu conosci una generazione che non si è sentita dire quand’era giovane che ascoltava musica schifosa? – continua Argirò – No. Non possiamo conoscerla perché non esiste… Il linguaggio cambia e gli adolescenti necessitano di qualcosa che possano sentire come loro e soltanto loro. Generalmente è una fase e l’ascolto delle scuole medie presto si ripudia per quello delle superiori, che a sua volta cederà il passo. Sono pochi gli artisti che accompagnano tutta la vita, gli altri mantengono un alone malinconico, ma passano. Io difficilmente posso capire perché i miei alunni ascoltino alcune cose, mi ci sforzo anche, ma non riesco a comprendere, e ci sta! Alcune cose sono anche pregevoli, altre sicuramente no. In alcune si vede chiara la voglia di reazione alla famiglia e all’educazione, in altre si vede tanto la moda, il gusto di massa. Molto di quello che fanno gli adolescenti è indirizzato dalla moda, da ciò “che va”, che non può non piacerti: così questa ossessione delle marche, scarpe, vestiti, così la trap o alcuni tipi di rap. Ma succede lo stesso anche per gli adulti, eh. Io, essendo molto curioso, ascolto tanto di questa musica, alcune cose mi piacciono, altre le trovo disgustose; probabilmente sarà perché sto invecchiando.

Nella musica si cercano delle risposte

Nell’adolescenza ci si trova a fronteggiare per la prima volta la domanda sul significato della vita. La faticosa ricerca del proprio posto nel mondo, del senso della propria esistenza. Per vivere un cambiamento di questa portata in modo costruttivo è necessario avere una motivazione, ossia individuare l’obiettivo verso cui indirizzare i propri sforzi. La società attuale presenta tante opportunità teoriche ma spesso manca un’effettiva occasione di realizzazione delle stesse. Si pensi per esempio al lavoro: scuole di ogni tipo sembrano offrire la possibilità di realizzare tutte le proprie aspirazioni, ma sappiamo purtroppo che rendere reali queste opportunità nel mondo del lavoro che ci si presenta oggi è impresa assai più ardua.

In questa realtà non c’è da stupirsi che un adolescente cerchi degli appigli, delle risposte, e quando pensa di averle trovate in una canzone, la ascolta e riascolta decine e decine di volte.

A tutti è capitato di sentire i nostri adolescenti che canticchiano la stessa canzone per giorni, settimane e forse anche oltre. Molto spesso anche mentre noi stiamo cercando di stabilire un dialogo con loro. Ma non si stancano di ascoltare sempre la stessa cosa? Esiste una risposta.

Ascoltare una musica che ci piace fa sì che il nostro organismo rilasci dopamina, l’ormone del piacere, che allieta il nostro cervello con un senso di felicità e appagamento. Questo consente di trasportarci in una sorta di zona protetta dove ci sentiamo sicuri e dove possiamo staccare dalle problematiche che dobbiamo affrontare quotidianamente. Facile capire perché si vorrebbe protrarre questa sensazione all’infinito, per poter godere sempre di quel senso di benessere e di tranquillità che solo una situazione che già conosciamo come piacevole ci può dare. Un po’ come quando, al ristorante, finiamo per ordinare sempre il nostro piatto preferito!

Non solo l’ascolto, anche la pratica è importante

Avvicinare i ragazzi alla musica non solo come fruitori ma anche come creatori di musica è un buon metodo per mettere alla prova il loro talento stimolandone l’impegno personale, aiutandoli a diventare veri costruttori della propria vita e non semplicemente utilizzando prodotti preconfezionati.

La musica oggi ha un bel ruolo nella scuola – spiega Argirò – sicuramente maggiore rispetto a quando fu il mio turno di sedere tra i banchi, è stato fatto tanto, ma tanto ancora si può fare. Credo che l’insegnante di musica abbia un ruolo importante anche umanamente, empatico, di comprensione, attraverso l’universo musicale ha la possibilità di raggiungere l’universo interiore dei ragazzi. Su questo si può fare ancora qualche passo in avanti, magari mischiando alla teoria musicale e allo strumento della musicoterapia dei dibattiti-scambi musicali nei quali i ragazzi non si sentano giudicati per la musica che ascoltano. Si potrebbe dare spazio anche alla produzione elettronica della musica (che oggi è essenziale), alla produzione intuitiva (che genera anche il piacere di suonare), alla composizione.

Anche se l’avvicinamento alla musica non avviene nei primi anni di età, diversi studi hanno evidenziato gli effetti benefici dello studio della musica sul cervello degli adolescenti soprattutto per quanto riguarda le competenze linguistiche, essendo in grado di fornire loro una maggiore sensibilità nel riconoscere i suoni e nel dare loro risposte più rapide ed immediate. Ne deriverebbe una maggiore facilità nello studio delle lingue straniere.

Per eseguire un brano serve memorizzare diversi passaggi, per esempio scegliere come suonarlo e anticipare mentalmente il risultato, elementi che esercitano il ragionamento analitico e la capacità di risolvere problemi. Con il conseguente effetto di aiutare a migliorare la concentrazione e la coordinazione.

Non solo, per suonare serve anche saper riconoscere schemi e strutture e questo stimola l’area del cervello dove ha luogo il pensiero logico-matematico.

Suonare favorisce la responsabilità sociale e la formazione della personalità

Eseguire dei brani, specialmente se si fa parte di un gruppo, ha effetti molto positivi anche sui rapporti sociali e lo sviluppo della personalità: insegna a stare con gli altri e a comunicare, insegna la collaborazione e l’autodisciplina, rafforza l’autostima attraverso il miglioramento che si ottiene con la pratica e la percezione dell’utilità del proprio ruolo all’interno del gruppo. Per finire, come ogni forma di arte, stimola la creatività e allevia lo stress.

Diversi studi si sono occupati di un tema caro ai genitori: studiare con la musica è utile o dannoso?

La musica è una mia routine e mi aiuta anche nei momenti di noia – dice Susanna – magari quando sto studiando da ore e non ce la faccio più, mi capita di finire sulla mia playlist e iniziare ad ascoltarla, basta questo per ridarmi energia!

L’utilità o meno di studiare con la musica è in effetti controversa. Secondo alcuni, se utilizzata come sottofondo, servirebbe a rilassarsi, prendere le distanze da ansie e preoccupazioni favorendo la concentrazione. Premesso che sarebbe da preferire musica strumentale, dove l’assenza di una voce ridurrebbe notevolmente l’effetto distrazione, il discorso è molto soggettivo e dipende da diversi fattori, non ultimo dall’abitudine o meno a studiare con dei rumori di sottofondo e dalla facilità con cui si tende a distrarsi. Anche il tipo di studio che si sta affrontando ha un suo peso, nello specifico la musica otterrebbe un effetto positivo in quegli studi che richiedono un ragionamento astratto.

Dipende, dipende tanto – conclude Argirò – Dipende dalla persona, dalla musica, dal momento. Io in alcuni momenti trovo fastidiosa la musica, non mi aiuta, in altri invece mi è essenziale. Credo che imparando a conoscersi e a sintonizzarsi sui propri gusti e ritmi si arrivi alla migliore soluzione. Per questo credo che i ragazzi debbano sperimentare, ma sperimentare sul serio. A me aiuta tanto quando studio o quando scrivo le colonne sonore dei film, mentre la classica mi distrae (tranne le suite di violoncello di Bach, non mi chiedere perché) e non mi aiuta nemmeno la mia musica preferita, quella che ho nelle playlist che ascolto invece in metropolitana o mentre cammino. Il suono è un materiale, lo dico sempre, per chi crea e per chi ascolta: la cosa migliore è giocarci, sperimentare e conoscere quanto più possibile.

Una curiosità è che se per gli estroversi la musica in sottofondo viene spesso sentita come un aiuto, gli introversi dimostrano più difficoltà di concentrazione e propensione ad esserne distratti.

Anche per questo esiste una spiegazione scientifica. Agli effetti della dopamina, a cui abbiamo accennato in precedenza, gli introversi preferirebbero quelli della acetilcolina, altro neurotrasmettitore che produce però una sensazione di benessere quando ci dedichiamo alla meditazione e all’introspezione: facile capire che in questo caso dover gestire la presenza di stimoli esterni, come la musica, possa essere avvertito come un elemento di disturbo.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Balestrieri, A. (2021), La mente in musica. Come reagisce il cervello all'ascolto della musica, Milano, Independently published.
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