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Come la danza aiuta l’interiorizzazione

La danza permette esperienze complesse e includono sottili cambiamenti nella connessione corporea, percezioni del sé in un gruppo e aspetti emotivi

Di Catia Lo Russo

Pubblicato il 19 Apr. 2021

Aggiornato il 23 Apr. 2021 12:39

Il presente studio è stato inserito all’interno di una ricerca controllata e randomizzata (RCT) di un intervento di danza per ragazze adolescenti con problemi di internalizzazione (Duberg et al., 2013).

 

La ricerca mostra che i problemi di salute mentale sono attualmente tra le maggiori sfide di salute pubblica a livello globale (Ferrari et al., 2013) e colpiscono il 10-20% dei bambini e degli adolescenti di tutto il mondo (Kieling et al., 2011). La frequenza attuale dei problemi di salute mentale tra gli adolescenti è più alta di quanto sia stata negli ultimi decenni (Bor, Dean, Najman, & Hayatbakhsh, 2014), e le ragazze mostrano una maggiore prevalenza di disturbi mentali rispetto ai ragazzi (Bor et al., 2014). È stato dimostrato che le ragazze sono più esposte allo stress interpersonale, tendono ad essere più sensibili alle reazioni degli altri sui loro successi e fallimenti (Murberg & Bru, 2004), e si sforzano di essere all’altezza dei bisogni e delle aspettative degli altri più dei ragazzi (Wiklund, Bengs, MalmgrenOlsson, & Ohman, 2010). L’adolescenza, come sappiamo, è una fase di transizione dall’infanzia all’età adulta, ed è caratterizzata da trasformazioni sia psichiche che fisiche, pertanto anche il corpo assume una forma e un valore simbolico differente: infatti, sperimentiamo il mondo attraverso il nostro corpo, ed è presente in tutte le nostre sensazioni, pensieri, comunicazione e azioni.

La danza è una forma sociale e culturale di attività fisica popolare tra le ragazze e le giovani donne (O’Neill, Pate, & Liese, 2011). È anche collegata a una maggiore consapevolezza dell’elaborazione delle emozioni e a una maggiore capacità di interpretare le emozioni degli altri (Bojner Horwitz, Lennartsson, Theorell, & Ullen, 2015). Le esperienze durante un’attività fisica come la danza possono essere complesse e possono includere sottili cambiamenti nella connessione corporea, percezioni del sé all’interno di un gruppo e aspetti emotivi. Un approccio qualitativo è utile per indagare le esperienze di questo tipo di intervento (Verhoef, Casebeer, & Hilsden, 2002).

A tale scopo, il presente studio è stato inserito all’interno di una ricerca controllata e randomizzata (RCT) di un intervento di danza per ragazze adolescenti (N=59, 24 delle quali hanno partecipato all’intervista) con problemi di internalizzazione (Duberg et al., 2013), condotto in una città svedese di medie dimensioni, al fine di esplorare questo tipo di esperienza.

L’intervento di danza ha avuto luogo in una palestra, dopo la scuola, due volte alla settimana per 8 mesi, sotto la guida di tre istruttori di danza formati (uno alla volta). Ogni lezione di danza durava 75 minuti e comprendeva: 15 minuti di riscaldamento, 40 di danza effettiva e 15 di rilassamento. L’obiettivo principale dell’intervento era il piacere del movimento. La danza era per lo più coreografata, ma l’improvvisazione e i movimenti spontanei erano sempre inclusi per incoraggiare la creatività. Le partecipanti avevano anche l’opportunità di fare proposte circa la musica e gli stili di danza. Non erano previste vere e proprie esibizioni, in quanto l’intenzione era quella di offrire un’esperienza di danza positiva priva di pressioni esterne, per godere della musica, della socializzazione con i coetanei (circa 20 ragazze per gruppo), e per migliorare la consapevolezza del corpo. Le interviste erano faccia a faccia, semi-strutturate, e tutte sono state condotte dalla stessa persona, il primo autore (AD), per garantire la coerenza interna. La durata delle interviste variava tra i 35 e i 90 minuti a seconda delle risposte individuali dei partecipanti, e le domande erano del tipo “Cosa ti è piaciuto di più/meno della sessione di danza?” e “Come si sente il tuo corpo quando danzi? È cambiato? Come?”. Le interviste sono state poi analizzate con l’analisi qualitativa induttiva del contenuto (Elo & Kyngas, 2008). La trascrizione delle interviste è stata letta da diversi autori che hanno scritto delle note sul contenuto a margine del testo, in un processo di codifica aperta. I dati sono stati poi analizzati utilizzando il programma software NVivo 10 (QSR International, 2014). Successivamente, si sono incontrati per discutere la codifica e creare delle categorie, a loro volta suddivise in sottocategorie.

L’analisi ha prodotto cinque categorie generiche e una categoria principale, intitolata “Trovare la fiducia in se stessi, che apre nuove porte”, che rappresenta la loro principale esperienza di una maggiore fiducia in se stesse e la capacità di affrontare la vita con un senso di libertà e apertura. Nello specifico, l’intervento di danza, secondo quanto riportato dalle adolescenti, dava accesso alle risorse personali e le arricchiva: all’interno di un’atmosfera non giudicante e di supporto reciproco come base sicura, il divertimento e la responsabilizzazione nella danza hanno dato origine all’accettazione, alla fiducia nelle capacità e all’espressione emotiva. Ciò può essere spiegato dal fatto che, quando si usa il corpo in modi nuovi, una persona può imparare a vedere le cose in modo diverso (Anderzen-Carlsson, Persson Lundholm, Kohn, & Westerdahl, 2014). Le categorie generiche sono le seguenti: (1) un’oasi dallo stress, (2) supporto reciproco, (3) divertimento e responsabilizzazione, (4) trovare accettazione e fiducia nelle proprie capacità, (5) danza come espressione emotiva.

Nel complesso le ragazze hanno definito lo stress come un qualcosa con cui vivevano ogni giorno sotto forma di pressione delle norme socioculturali e dalle valutazioni critiche: hanno riferito che a volte era difficile gestire la pressione interna ed esterna e spesso si sentivano suscettibili all’influenza dei media. L’intervento di danza è stato descritto come un’oasi, un rifugio dalle pressioni, una zona libera dalle aspettative e dai giudizi, in cui potevano essere semplicemente se stesse. Una ragazza ha detto: “nel nostro contesto è sempre tutta una questione di voti o crediti, ed è così bello andare a ballare. Perché lì puoi lasciare andare tutto il resto ed essere e basta. Senza cercare sempre di ottenere qualcosa. È fantastico.”

Il supporto reciproco e la possibilità di stare insieme offerto dall’intervento ha dato alle partecipanti la possibilità di connettersi con altre adolescenti con gli stessi problemi di interiorizzazione, che hanno sperimentato le stesse pressioni e richieste, e di sentirsi a proprio agio all’interno di un gruppo. Una delle partecipanti ha riferito: “E’ come se, dopo dieci anni, fossi abbastanza stanca di stare sempre da sola, senza fare nulla e gironzolare per casa. All’improvviso vedi degli amici che sembrano voler passare del tempo con te e allora è tutta un’altra cosa”.

Le intervistate hanno riconosciuto che all’inizio dell’intervento, c’era senza dubbio insicurezza sociale, ma l’unione e l’atmosfera permissiva hanno contribuito a sviluppare rapidamente un sentimento di accettazione e inclusione amichevole: il confronto competitivo diminuiva man mano che la connessione con gli altri nel gruppo migliorava e l’unione diventava più prominente. Un altro aspetto evidenziato da quasi tutte le ragazze era che il ballo dava una sensazione di divertimento: “Ci si sente come se, sai, ti liberassi di quello che hai fatto prima di quel giorno e andassi davvero lì e dare tutto quello che hai. Qui non devo pensare a nient’altro, devo solo essere felice, dare tutto quello che ho, e divertirmi con tutti gli altri”. La parte creativa della sessione di danza è stata descritta come giocosa ed utile per esplorare nuovi movimenti. Inoltre, il fatto di non dover essere sempre perfette, ha dato spazio all’aumento dell’accettazione personale: una delle ragazze ha detto “Se ho delle battute d’arresto, so che, tipo, ehi, andrà tutto bene … le cose possono essere difficili a volte, è sempre così, ma migliorano”. Ancora, è stata riferita una fiducia nelle proprie capacità, che secondo le ragazze non dipendeva dal confronto con le altre, piuttosto era basata su un crescente sentimento di competenza personale. Infine, un aspetto centrale dell’esperienza dell’intervento di danza è stato il modo in cui le diverse coreografie hanno permesso l’affermazione e l’espressione di diversi tipi di emozioni attraverso il movimento di tutto il corpo, invece delle parole. Ciò ha arricchito la consapevolezza e il linguaggio del corpo, facilitando l’espressione dei sentimenti attraverso un canale di comunicazione nuovo. Ad esempio, una ragazza, riferendosi ad una coreografia che includeva delle cadute a terra, ha detto: “E’ come la vita… cadi e ti rialzi”. Questo movimento ha aiutato queste ragazze ad accettare la caduta e a concentrarsi sulla parte positiva di esso: il momento in cui ci si rialza.

In conclusione, questi risultati possono fornire informazioni pratiche agli operatori sanitari riguardo quali aspetti potrebbero essere utili nella progettazione di interventi che mirano a ridurre i problemi di interiorizzazione per le ragazze adolescenti. Come descritto in questo studio, la danza potrebbe costituire un esempio di intervento non farmacologico promettente come trattamento complementare. Inoltre, potrebbe anche motivare questo gruppo-target a impegnarsi in forme attive e positive di auto-cura, alleviando così il carico di lavoro sanitario e contribuendo a sostenere abitudini sane.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Anderzen-Carlsson, A., Persson Lundholm, U., Kohn, M., & Westerdahl, E. (2014). Medical yoga: Another way of being in the world*A phenomenological study from the perspective of persons suffering from stress-related symptoms. International Journal of Qualitative Studies on Health and Well-being, 9, 23033.
  • Bojner Horwitz, E., Grape Viding, C., Osika, W., Kowalski, J., Hallqvist, J., & Theorell, T. (2015). ‘‘The Cultural palette’’*A randomized intervention for women with burnout symptoms in Sweden. British Journal of Medical Practitioners, 8(2), 813.
  • Bor, W., Dean, A. J., Najman, J., & Hayatbakhsh, R. (2014). Are child and adolescent mental health problems increasing in the 21st century? A systematic review. Australian and New Zealand Journal of Psychiatry, 48(7), 606-616.
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