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Kafka sulla spiaggia: uno spirito solitario che vaga lungo la riva dell’assurdo – Recensione del libro

Il giovane protagonista di 'Kafka sulla spiaggia' esplora il mondo attraverso l’esplorazione di sé, del suo passato e della profezia che dovrà compiere

Di Antonella Bascià

Pubblicato il 18 Mar. 2021

Kafka sulla spiaggia è un libro di Murakami Haruki, scrittore contemporaneo che ha la particolarità di catapultare il lettore in mondi paralleli, attraverso viaggi nell’assurdo e nei meandri dell’inconscio dei protagonisti.

 

Questo libro, attraverso una sorta di viaggi intrapsichici (e non solo), affronta molte tematiche legate all’adolescenza. Il protagonista, infatti, è un adolescente che sta per fuggire dalla casa natale nella quale ha vissuto con suo padre, uno scultore di successo e molto severo. Prima di partire ritrova una vecchia foto in cui vi sono ritratti lui e sua sorella, della quale non ricorda nulla, neanche il nome. Si intuisce da subito che non ha ricordi nemmeno della madre e la sua storia sembra circondata da segreti familiari. Il suo viaggio comincia così: zaino in spalla e una profezia che dovrà compiersi. La prima meta da raggiungere viene scelta “a pelle” e tutto il racconto è mosso da questa pseudo casualità, e si intuisce ben presto che niente è al caso.

Il giovane spirito solitario sceglie un nome fittizio per scollarsi dal suo passato e iniziare una nuova vita e decide di chiamarsi Tamura Kafka e così inizia il suo lungo viaggio, accompagnato dal “ragazzo di nome Corvo”, il suo alter ego che lo seguirà e lo consiglierà per tutta la sua avventura, fino al compimento della profezia.

Ma chi è Tamura Kafka? E’ un ragazzo di appena 15 anni che si sta preparando a fuggire di casa da ben 2 anni, allenandosi tutti i giorni per poter sembrare più grande dell’età che ha, così da evitare possibili problemi futuri e per affrontare ciò che lo aspetterà durante il suo viaggio. Ha vissuto da solo con il padre, con il quale non scambia nessuna parola e che cerca di evitare in tutti i modi, gli unici scambi comunicativi li ha con la domestica e qualche compagno di classe. Si può quindi definire un ragazzo solitario, che ha eretto intorno a sé un muro altissimo che non permette a nessuno di valicare (Murakami H., 2002) e con questo atteggiamento riesce a tenere lontani tutti i suoi pari. Kafka è mosso dal desiderio di conoscere di più sulla sua vita passata e di allontanarsi da un padre che con la sua presenza-assenza riempie ogni singola stanza come se la casa fosse permeata dalla sua essenza. Emerge da subito il desiderio di evadere da quel posto che non sente suo, desiderio che attraversa ogni adolescente, in quanto ci si stacca dalle figure di accudimento per dirigersi verso l’esplorazione del mondo e l’instaurarsi di nuove relazioni significative. Ed è ciò che il nostro Kafka mette in atto: esplora il mondo attraverso l’esplorazione di sé stesso, del suo passato e della profezia che dovrà compiere.

Qualche volta il destino assomiglia a una tempesta di sabbia che muta incessantemente la direzione del percorso. Per evitarla cambi l’andatura. E il vento cambia andatura, per seguirti meglio. Tu allora cambi di nuovo e subito di nuovo il vento cambia per adattarsi al tuo passo. Questo si ripete infinite volte, come una danza sinistra. Perché quel vento non è qualcosa che è arrivato da lontano, indipendente da te. E’ qualcosa che hai dentro. Quel vento sei tu. Perciò l’unica cosa che puoi fare è entrarci, in quel vento, camminando dritto e chiudendo forte gli occhi per non fare entrare la sabbia. Attraversarlo, un passo dopo l’altro. […] Poi, quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio:
tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi era entrato (ibidem).

Ho scelto questa citazione perché, a mio avviso, racchiude perfettamente ciò che avviene durante il cambiamento. L’adolescenza è il periodo per eccellenza dei cambiamenti, il corpo cambia, la voce cambia, l’identità cambia, mutandosi e trasformandosi. Ci si ritrova con un passo verso l’infanzia e un passo verso il mondo adulto e l’adolescente si ritrova in una posizione mediana e non sa quali panni dover indossare. Spesso è confuso dal turbinio emotivo e Murakami descrive con un’immagine visiva della tempesta ciò che avviene nel giovane Kafka ed è certo che, finita la tempesta, inevitabilmente ci si ritrova cambiati, mutati. Dunque, la tempesta è simbolo del cambiamento che è a volte necessario, a volte obbligato e il cambiamento in ogni caso è trasformazione di noi stessi.

Parlando di Kafka, non posso non fare cenno di un personaggio fondamentale: il vecchio Nakata. La storia, infatti, racconta di due vite apparentemente parallele, ma che in realtà sono intrecciate e collegate e proseguono di pari passo. La storia del giovane Tamura si affianca alla storia del vecchio Nakata, un personaggio simpatico che riesce a parlare con i gatti. Nakata tende a parlare in terza persona e a definirsi “l’unico stupido” della sua famiglia, a seguito di un evento misterioso avvenuto durante l’occupazione del Giappone da parte dell’esercito americano. Dopo un lungo coma, Nakata divenne “stupido”, in compenso però riusciva a capire il linguaggio dei gatti. Anche Nakata è un tipo solitario, trascorre le sue giornate in compagnia dei felini, con i quali instaura una certa complicità. Si rivelerà essere tutt’altro che un sempliciotto e sarà un personaggio cruciale per il compimento della profezia.

In questo libro, Murakami racconta i dilemmi adolescenziali (e non solo) attraverso eventi misteriosi e surreali e non ci fa mancare proprio niente, inserendo ciò che Freud chiamò “complesso di Edipo”: ovvero, l’identificazione con il genitore dello stesso sesso per conquistare il genitore del sesso opposto. Ma cosa succede se si considera il padre un estraneo, una sorta di coinquilino e la madre una sconosciuta della quale non ci si ricorda nemmeno un lineamento del volto? Murakami risponde a questa domanda facendo vivere al protagonista una lotta interiore tramite un vortice di eventi e vicissitudini che si intrecciano, attuando letteralmente il complesso edipico. Ricordo che Edipo, eroe della mitologia greca, uccise il padre e sposò la madre come aveva previsto l’Oracolo di Delfi.

Potrei scrivere pagine su pagine su tutti i significati intrinseci del libro, ma rischierei di svelare troppe cose e chi legge Murakami, sa che il mistero è alla base di tutti i suoi libri.

Ma quali analogie possiamo trovare con la storia di Kafka e i nostri adolescenti? La sensazione di essere soli contro il mondo, senza l’appoggio di nessuno. Gli adolescenti di oggi sono iper-connessi con il virtuale, ma sconnessi con loro stessi e di chi è la colpa? Il senso comune tende a puntare il dito contro i mass-media, ma non sono totalmente d’accordo, in quanto la tv negli anni ’50/60 (in Italia) ha cresciuto generazioni su generazioni, no non si può dare sempre la colpa alla tecnologia “cattiva”, ma piuttosto al nostro averli in balia di questi strumenti senza spiegare un utilizzo intelligente dei dispositivi elettronici e al non averli stimolati abbastanza. La responsabilità è di noi adulti, dobbiamo rieducare in primis noi stessi e poi i nostri giovani perché la tecnologia fa parte delle nostre vite, bisogna prenderne atto e renderla nostra alleata. Rimbocchiamoci le maniche e facciamo del nostro meglio per stare al loro fianco, ascoltiamo i loro silenzi, soprattutto se si oppongono, soprattutto se ci respingono. E non consideriamo le loro battaglie meno importanti delle nostre, non dimentichiamo che anche noi siamo stati adolescenti e proprio perché abbiamo percorso i loro passi, dobbiamo tendere la mano e aiutarli ad attraversare con maggiore sicurezza, ma con un occhio nuovo, al passo con i tempi. Inoltre, questa situazione pandemica ha fatto emergere in superficie ciò che la cultura italiana reprime da sempre: l’importanza delle emozioni, l’importanza di saper dare un nome a ciò che proviamo. Educhiamo i bambini e i ragazzi ad essere connessi con le loro emozioni, un bambino che cresce consapevole dei suoi stati emotivi, è un bambino che avrà maggiore successo nella vita (in tutti i campi, dallo scolastico al lavorativo, al relazionale) (Goleman D., 1995).

Dunque, dobbiamo guardare ai bisogni dei giovani e il sistema scolastico ha bisogno di una svolta in quanto la scuola strutturata come è concepita, poteva andare bene 20 anni fa, ma non oggi perché il mondo non sta cambiando, è già cambiato.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Murakami, H. (2002). Kafka sulla spiaggia. Torino: Einaudi.
  • Goleman, D. (1995). Intelligenza emotiva. Milano: Bur.
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