Con grande capacità di evoluzione e adattamento i servizi digitali ci hanno consentito di introdurre nel nostro quotidiano smart-working, sedute on-line, lezioni di fitness su zoom, dirette Instagram e intrattenimenti di ogni genere.
Le nostre vite oggi sono cambiate. È un affermazione che ormai inizia quasi a diventare vecchia.
Nel corso della nostra evoluzione diverse invenzioni sono state in grado di dare una forte accelerazione a questo processo che l’essere umano percorre da sempre. In questo momento storico assistiamo ai cambiamenti che si ascrivono a quella che possiamo definire “l’era digitale” e ”l’Homo Digitans”, come definisce Michele Spaccarotella (Il Piacere Digitale, 2020), ne è il suo indiscusso abitante.
Oggi più che mai, nel pieno corso di una crisi sociale senza precedenti, il digitale è stato tra le risorse più usate e abusate assieme all’amuchina e al lievito di birra, permettendoci di assaporarne sempre più vantaggi, limiti e anche pericoli. Con grande capacità di evoluzione e adattamento, i servizi digitali hanno soddisfatto esigenze dell’utenza quasi in tempo reale consentendoci di introdurre nel nostro quotidiano smart-working, sedute on-line (o teleterapia), lezioni di fitness su zoom, dirette Instagram e intrattenimenti di ogni genere riuscendo ad ammortizzare un colpo che la nostra società non era preparata a ricevere.
Questo cambiamento sta da tempo coinvolgendo inevitabilmente la nostra professione di psicologo ed è assolutamente opportuno e necessario fermarsi a riflettere sulle conseguenze che ne derivano sia sulle nostre vite che nel nostro contesto lavorativo.
Flavio Nascimbene è uno di quei colleghi che lo sta facendo da tempo e lo fa anche con molta cura e competenza e ora ha voluto condividere il suo interessante impegno e il suo utile punto di vista con il suo libro Born to Surf.
Se avessi letto la prima parte di questo libro negli anni 90, dalle prime righe avrei pensato di aver iniziato quasi un racconto di Asimov. Questo perché l’autore introduce l’argomento proiettando il lettore da subito in una realtà di vita intrisa di abitudini digitali. Ho letto le pagine sul mio portatile in giro per la città, per restare attaccato a questa sensazione e trattenere il senso fluido e veloce delle infinite opportunità che il mondo digitale è solito farci provare; liberi da vincoli strutturali, ogni posto poteva essere una sala di lettura metropolitana. La sensazione personale che ho sviluppato però andando avanti è divenuta presto ambivalente. Da una parte il senso di arricchimento, quella possibilità tendente all’infinito dove il digitale è una risorsa senza limiti, dall’altra la mia dimensione analogica di pre-millennial ha iniziato a provare un senso di invadenza, di costrizione.
È proprio questo uno dei punti fermi del libro, tutta questa facilitazione di vita e ricchezza di opportunità offerta dal mondo digitale viene descritta raccontando anche l’altra faccia della medaglia, quella che impegna in modo significativo le nostre facoltà cognitive di pre-millennials che assistono ad un mondo che cambia e si evolve, ma non sempre in modo semplice e intuitivo. Con delle sue regole che nascono e si sviluppano tra necessità di gestirlo e di nutrirlo, come se avesse vita propria.
Un mondo che a volte tende a divenire marcatamente diviso dall’esistenza di differenti generazioni che lo abitano e lo utilizzano in modo differente.
Parte della realtà è cambiata, siamo in un contesto dove ormai i parametri che definivano le nostre abitudini quotidiane prettamente analogiche, non sono più gli stessi, ci sono nuove modalità e nuove regole.
Flavio Nascimbene lo descrive dal punto di vista di chi c’era prima e cerca di capirne il senso con curiosità e riflessioni che non risparmiano un sano spirito critico e a volte anche preoccupato. Tempi, distanze e altri aspetti che poco tempo fa costituivano dei limiti, ora assumono un valore diverso attraverso infinite possibilità che chiamiamo applicazioni. Il problema? Dobbiamo scegliere costantemente tra tutte le possibilità che offrono queste applicazioni con un ipertrofico senso di responsabilità al quale prima non eravamo abituati.
Possiamo restare in collegamento continuo con i colleghi e amici, accedere a tante modalità di spostamento nella nostra città e ordinare cibo on line con una facilità incredibile. Ciò che cambia è il modo di definire noi stessi e anche quello di rapportarsi alle altre persone. Gli spazi personali sono concepiti con confini più fluidi e meno formali.
Le nostre dimensioni sociale, organizzativa, interpersonale e personale, hanno nuovi confini e meno limiti rendendoci a volte disorientati attraverso queste nuove infinite possibilità. Il percorso evolutivo intrapreso sembra irrimediabilmente tracciato e incontrovertibile mentre diviene sempre più faticoso farne una sintesi per utilizzarlo al meglio rispetto le nostre necessità.
Cavalchiamo un cambiamento in itinere che sembra impossibile da arrestare e ancora più difficile da sintetizzare in modo semplice. Insomma non si torna certo indietro e quindi non ci resta che cercare di comprendere come le cose cambiano e quindi come adattarci al meglio possibile.
Quali sono quindi le implicazioni di tutto questo nelle nostre vite? Cosa accade tra le varie generazioni coinvolte? Sembrerebbe che qualcosa con tanto potere di collegarci e metterci in comunicazione gli uni agli altri, paradossalmente stia creando enormi distanze tra le generazioni.
Ed è proprio in questa cornice che in Born to Surf l’autore prova a cercare di comprendere come la generazione Millennials (nota anche come generazione X e Y) sia differente rispetto a quella dei giovani di venti anni or sono. Lo fa studiando una sotto categoria ben precisa: la generazione dei giovani sportivi.
Un tentativo di costruire un ponte tra le generazioni pre e post Millennials
questo rappresenta infatti questo libro per il Flavio Nascimbene.
Ma chi sono i Millennials e sopratutto chi è il millennials sportivo?
Questo è ciò che cerca di descrivere l’autore nella prima delle due parti del libro.
Circa il 40% della popolazione mondiale è rappresentato dai Millennials. Questa generazione, rispetto alla precedente, vive diversamente le relazioni, immagina la carriera lavorativa con modalità adattive meno rigide e acquisisce continuamente nuove capacità al fine di adattarsi a un mondo mutevole, interattivo e sempre meno prevedibile.
In tutto questo il Millennials è esposto a un processo di costruzione della propria identità differente dal nostro. Ognuno di noi, di norma, mette in atto un processo costante di integrazione tra realtà interna e realtà esterna. Quest’ultima è fatta di informazioni ed esperienze e viene percepita ed elaborata al fine di essere utilizzata in un’importante processo di categorizzazione che ci aiuta a dare senso e ordine alle cose. Lo sviluppo di questo processo per ognuno di noi è essenziale al fine di definirci e orientarci nell’assumere una posizione nel mondo e nella società con un identità e un ruolo definito al suo interno.
Il Millennials diversamente si interfaccia con una realtà on-line di cui ne è contemporaneamente cittadino e fautore. Una realtà che egli alimenta e arricchisce attraverso immagini di Sé selezionate attraverso un processo di impression management con lo scopo di confezionare identità più desiderabili e piacevoli attraverso il quale contemporaneamente si definisce e rappresenta («La personalità online – Tracce digitali dell’identità», Villani e Triberti 2018).
L’Interrealtà è il nome con cui può essere definito il nuovo spazio sociale (V. Van Kokswijk, 2003; Riva, 2009) dove il Millennials costruisce la propria identità che viene affidata a cangianti algoritmi ideati da ben altri scopi come racconta il documentario The social dilemma (2020).
Tale contesto del tutto inedito è fonte di preoccupazione del clinico che cerca di comprenderne i vantaggi e gli svantaggi.
Tanto da arrivare a domandarsi se il Web 2.0 si un vantaggio reale o una regressione di massa.
Nel libro si sceglie di concentrare l’attenzione di questa indagine principalmente su una categoria ben specifica di millennials, quella degli sportivi attraverso 62 casi studio.
Questa scelta, sviluppata nella seconda parte del libro, riesce a mettere a confronto due dimensioni apparentemente in contrasto: l’analogico del corpo che si esprime e si relaziona attraverso lo sport e la dimensione “online” che abita il virtuale attraverso il quale questi ragazzi si relazionano e sviluppano la propria identità.
La vulnerabilità caratterizzante della fase evolutiva dell’adolescenza espone lo sportivo millennials ad una dimensione comunicativa molto potente attraverso i social, da qui il processo di definizione del proprio Sè in corso può essere significativamente influenzato. Fuori da questo pericolo, sottolinea Nascimbene, non lo sono naturalmente neanche tutti coloro che vivono in condizioni di fragilità psicologia e socio economica.
Negli studi presentati vengono individuate quattro aree problematiche:
- (Is) Iperrealtà e sogno
- (Di) Demotivazione e instabilità motivazionale
- (Ai) Ansia e instabilità emotiva
- (Rs) Relazionalità e solitudine
Questa parte del libro è sicuramente più operativa e l’autore propone degli “Strumenti di lavoro per sportivi millennials” molto utili per gli addetti ai lavori e per chi volesse conoscere ed essere di aiuto a questa generazione.
Attingendo alla sua esperienza di psicologo sportivo, Nascimbene condivide importanti e mirate riflessioni assolutamente orientate su un versante pratico tenendo presente tre aspetti importanti da considerare: la consapevolezza del Sé, benessere-relazionale e ottimizzazione delle abilità utili alla performance.
Il setting terapeutico si è arricchito di una possibilità, la comunicazione a distanza, ma questa modifica attraverso svariati strumenti che operano on-line, ha sottoposto il professionista a nuove sfide. La prima è il tentativo di mantenere efficace un setting che diviene inevitabilmente più aperto, più fluido e a rischio di facile invasione e contaminazione. Ci si chiede se è possibile mantenere quell’intimità fondamentale per ogni buona relazione terapeutica. Ancor più ci si domanda: funziona la Web Therapy?
L’autore prova a dare una risposta attraverso un’accurata rassegna di studi di efficacia e meta-analisi sull’efficacia delle terapie on line rispetto a quelle vis à vis.
Le riflessioni condivise, dato il nostro periodo storico dove la necessità di molti di operare on-line è divenuta sempre più incalzate, sono assolutamente preziose.
Ogni riflessione sulle quattro aree critiche è ben descritta offrendo al lettore una visione tecnica della problematica, dettagliando i dati statistici si apre la possibilità di dare vita a profonde riflessioni che vengono attivate pagina dopo pagina e che sarebbe giusto continuare anche una volta terminato il libro.
Born to surf si mostra una risorsa utile non solo per coloro che lavorano in ambito sportivo, ma per tutti i professionisti che si occupano di adolescenza e che hanno bisogno di acquisire spunti di riflessioni utili al fine di ammodernare la loro impronta metodologica.