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Cosa fanno le persone prima di andare a dormire? Caratteristiche e implicazioni della procrastinazione del sonno

Date le sue implicazioni, la procrastinazione del sonno può essere un importante obiettivo di trattamento in contesti clinici.

Di Eleonora Galletti

Pubblicato il 17 Dic. 2020

Il mantenimento di abitudini di sonno desiderabili è una delle chiavi per una vita sana, pertanto studi recenti hanno iniziato ad indagare sugli effetti della procrastinazione del sonno (in inglese Bedtime Procrastination, BP).

 

Con la dicitura “BP” (procrastinazione del sonno) si intende quel fenomeno per cui ci si va a coricare più tardi del previsto, senza che esistano ragioni esterne per farlo. Alcune ricerche sull’argomento hanno dimostrato che la procrastinazione del sonno è abbastanza diffusa nella società moderna: fino al 53,1% dei campioni di giovani adulti è coinvolto in questo fenomeno (Kroese et al., 2016). Secondo la letteratura esistente, gli individui che svolgono frequentemente la procrastinazione del sonno hanno maggiori probabilità di sperimentare sonno e stanchezza durante il giorno, ed hanno meno probabilità di essere soddisfatti del proprio sonno rispetto a coloro che non procrastinano (Kroese et al., 2014, Kroese et al., 2016). Questi risultati suggeriscono che il suddetto fenomeno può peggiorare la qualità del sonno e quindi della vita.

Generalmente la procrastinazione è associata a variabili correlate al tempo, infatti, chi posticipa azioni o compiti, sceglie di vivere concentrandosi sul momento presente (Ferrari et al., 2007), tende ad errare nella stima del tempo richiesto per svolgere compiti, e generalmente ha difficoltà nel gestire il tempo (Aitken et al., 1982; Lay, 1990; McCown et al., 1987). Ad ogni modo, si può incappare nella procrastinazione del sonno per differenti motivi, tra i quali mancanza di auto-controllo e avversione alla routine pre-sonno, argomenti finora più studiati. La metodologia di ricerca sull’impiego del tempo (ing. Time use surveys) è utilizzata per identificare sia ciò che un individuo svolge in un determinato periodo, sia la durata e le tempistiche di tali attività (Basner et al., 2007). Lo studio del 2020 di Chung e colleghi ha utilizzato questa tipologia di ricerca per osservare il tipo di attività che 108 soggetti svolgevano prima di andare a dormire (Chung et al., 2020). Chung e collaboratori hanno infatti osservato per 48 ore le caratteristiche comportamentali di persone che avevano riferito di procrastinare fortemente il sonno, analizzando il loro utilizzo del tempo rispetto a coloro che avevano dichiarato una più lieve procrastinazione. Sulla base di studi precedenti è stato ipotizzato che il gruppo con maggior BP si sarebbe impegnato in un uso maggiore dello smartphone prima di andare a dormire (Exelmans, 2016). Questo studio mirava anche ad indagare come la procrastinazione del sonno fosse correlata a caratteristiche psicologiche.

I principali risultati emersi indicano che nelle 3 ore precedenti al sonno il gruppo con maggior BP ha trascorso molto più tempo nello svago e nelle attività sociali rispetto al gruppo con bassa BP. Gran parte di questo tempo è stato impiegato nell’utilizzo dello smartphone, infatti è emerso che il gruppo con maggior procrastinazione del sonno spendeva in media circa il 451% di tempo in più sul proprio cellulare rispetto al gruppo con minor BP (Chung et al., 2020). Inoltre, gli individui che rimandavano maggiormente il momento del riposo hanno riportato maggiore depressione e ansia, sono andati a letto in media 50 minuti più tardi rispetto a quelli con minore BP, si sono svegliati in media 46 minuti dopo di loro e presentavano più tendenze a svolgere attività serali. La maggior parte dei soggetti con elevata procrastinazione del sonno ha inoltre riportato una maggiore gravità dell’insonnia, soddisfacendo i criteri per i sintomi clinici di questa patologia (Chung et al., 2020).

Per quanto riguarda le implicazioni cliniche, la procrastinazione prima di coricarsi è risultata quindi come significativamente associata a depressione e ansia e questi risultati sono generalmente coerenti con studi precedenti, che riportano che le persone che procrastinano esperiscono sentimenti negativi, riferiscono problemi con le relazioni interpersonali, hanno una bassa soddisfazione di vita, senso di colpa e autocritica e, in particolare, presentano depressione e ansia (Ferrari & Dovidio, 2000; Klingsieck et al., 2012; Uzun Ozer et al., 2012; Stead et al., 2010; Burka & Yuen, 1983). Inoltre, l’utilizzo dello smartphone prima di coricarsi può essere problematico: come hanno riportato studi precedenti, l’uso dei media è associato ad un effetto negativo sul sonno e sul benessere psicologico e può causare sintomi depressivi e talvolta tendenza al suicidio (Seo et al., 2017). La luce intensa emessa dai dispositivi elettronici, infatti, può influire sui neuroni del talamo che regolano i ritmi sonno-veglia, riducendo la sonnolenza e aumentando l’eccitazione.

In conclusione, i risultati suggeriscono che la procrastinazione del sonno può essere un importante obiettivo di trattamento in contesti clinici. La BP potrebbe essere dunque vista come un comportamento che interferisce con la salute, considerando le sue conseguenze negative (Chung et al., 2020). L’adozione di un approccio comportamentale potrebbe essere utile per ottenere informazioni sui motivi per cui gli individui incappano in queste abitudini (Epstein & Collins, 1977). L’approccio comportamentale, infatti, sottintende che queste condotte problematiche svolgono molteplici funzioni (Hanley et al.,2003): comprendere la relazione funzionale tra la procrastinazione del momento del sonno e oggetti contestuali presenti nell’ambiente potrebbe essere utile per guidare interventi futuri.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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