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Sono come tu mi vuoi: il fenomeno del bodyshaming e la ricerca della perfezione

Il bodyshaming, forma di bullismo verbale legata all’aspetto fisico, ha un forte impatto sul quotidiano dal punto di vista fisico, psicologico e sociale.

Di Maria Stella Andreozzi

Pubblicato il 08 Ott. 2020

Aggiornato il 12 Ott. 2020 12:39

Vivere in una società come quella di oggi comporta essere continuamente esposti a immagini di corpi apparentemente perfetti, che non tollerano imperfezioni; non corrispondere a questi canoni di bellezza ideale significa diventare con più facilità vittime di bodyshaming, con possibili ripercussioni sulla salute fisica e psicologica.

 

Il bodyshaming può essere descritto come un atteggiamento o un comportamento sociale rispetto al peso corporeo, alla corporatura e all’aspetto esteriore di se stessi e degli altri (Gilbert, 2007). Rappresenta una forma di bullismo verbale che si concretizza nell’atto di deridere, umiliare, criticare e valutare le persone unicamente per come appaiono. La crescente popolarità dei social media e la divulgazione massiva di un modello di corpo ideale a cui ispirarsi rischiano di generare aspettative irrealistiche sui modi in cui si dovrebbe apparire. Particolarmente vulnerabili a questo tipo di immagini e messaggi sembrano essere gli adolescenti, non solo perché maggiormente esposti ai social media, ma soprattutto per il profondo periodo di trasformazione che si trovano a dover affrontare (Gam, Singh, Manar, Kar e Gupta, 2020). Il passaggio dall’infanzia all’età adulta è infatti segnato da drammatici cambiamenti nello sviluppo fisico, sessuale, cognitivo, psicologico e sociale. Questi anni delicati e tumultuosi possono avere conseguenze a lungo termine per l’individuo, soprattutto per quanto riguarda la salute mentale. La generazione di aspettative non salutari sulla forma del corpo per se stessi e per gli altri si pongono alla base delle critiche verso coloro che non si conformano ai canoni ideali dettati dalla società (Gam et al., 2020).

Il bodyshaming si può manifestare in diversi modi, ad esempio:

  • criticando il proprio aspetto e comparandolo con quello altrui (Guarda che braccia poco muscolose che ho rispetto alle tue!);
  • criticando apertamente l’aspetto di qualcun altro (Che fianchi larghi che hai!);
  • criticando l’aspetto di qualcuno che non si conosce (Hai visto quanto è in carne quella ragazza?).

In generale queste modalità sono accomunate dall’idea che le persone debbano essere giudicate prevalentemente per il loro aspetto fisico (Vargas, 2017). L’essere valutati sulla base di canoni estetici preimpostati rischia di generare un vortice di emozioni e stati d’animo come vergogna, ansia e rabbia legati alla paura di essere rifiutati e non accettati (Cash e Pruzinsky, 2002; Gam et al., 2020). Il fenomeno del bodyshaming ha in tal senso un forte impatto psicosociale e negli adolescenti può sfociare nel ritiro dall’ambiente sociale e nella riluttanza a comunicare e ad interagire con gli altri (Lestari, 2019). Oltre alle importanti ripercussioni sull’autostima, gli studi fino ad oggi condotti hanno riportato una serie di problematiche legate al bodyshaming che possono favorire l’insorgenza di veri e propri disturbi mentali (Cash e Pruzinsky, 2002; Lestari, 2019). Ricerche in letteratura hanno rivelato in tal senso correlazioni positive tra sentimenti di vergogna e una cattiva salute psicologica (Eisenberg, Neumark-Sztainer e Story, 2003; Grabe, Hyde e Lindberg, 2007; Noll e Fredrickson, 1998). La percezione di sentirsi desiderabili solo nella condizione in cui si rispettano gli standard estetici veicolati dalla società solleciterebbe una corsa inesorabile per il raggiungimento di una forma corporea considerata ideale. I teorici dell’emozione a tal proposito sostengono che la vergogna motiva gli individui a cambiare quegli aspetti del sé che non riescono a essere all’altezza degli ideali interiorizzati (Lewis, 1992; Noll e Fredrickson, 1998; Scheff, 1988). Il peso e la forma del corpo assumono un ruolo centrale nell’anoressia e nella bulimia nervosa, disturbi mentali in cui diete, digiuni e/o condotte compensatorie (come vomito, iperattività, uso di lassativi) vengono messi in atto per prevenire l’aumento di peso. Quando si è vittime di bodyshaming, aumenta il rischio di incorrere in uno di questi disturbi in cui i livelli di autostima sono indebitamente influenzati dalla ricerca della perfetta forma corporea (APA, 2013). Secondo una prospettiva emozionale, la messa in atto di comportamenti alimentari non salutari permetterebbe, nell’ottica del disturbo, di affievolire la vergogna del corpo derivante dall’insoddisfazione per le sue dimensioni. Tuttavia, in maniera paradossale, le pratiche messe in atto per contrastare l’aumento di peso possono aumentare la consapevolezza del fallimento nel raggiungimento della perfezione corporea amplificando l’esperienza di vergogna piuttosto che alleviarla; lo stesso effetto lo avranno anche i fallimenti nel dimagrimento o nel mantenimento di peso. Il rischio quindi è quello di favorire l’instaurarsi di un circolo vizioso in cui l’incapacità di soddisfare gli ideali del corpo così come gli sforzi nel perdere peso alimentano e aggravano il vissuto di vergogna (Moradi, Dirks e Matteson, 2005; Noll e Fredrickson, 1998). In tal senso il bodyshaming potrebbe avere un ruolo importante nell’innesco di questa spirale di vergogna in cui è facile rimanere intrappolati, con gravi ripercussioni per la salute mentale e fisica.

L’eccessiva attenzione posta sulla forma fisica e sull’apparenza estetica potrebbe portare a vedere se stessi come un oggetto da guardare e valutare (Grabe et al., 2007). Particolarmente sensibili alla cosiddetta ‘‘auto-oggettivazione’’ sono gli adolescenti, che in un corpo in costante cambiamento sentono di vivere sotto i riflettori di società che suggerisce ‘‘migliori modi di apparire’’. Numerose ricerche suggeriscono che durante la pubertà il corpo delle ragazze, più che dei ragazzi, si allontani dall’ideale di bellezza proposto dai canoni estetici. Questo contribuirebbe a vivere maggiore insoddisfazione corporea, una delle cause degli alti tassi di depressione riscontrati tra le ragazze durante l’adolescenza (Nolen-Hoeksema, 1994; Stice, Hayward, Cameron, Killen e Taylor, 2000). La vergogna nel mostrare un corpo non desiderabile sembrerebbe mediare la relazione tra la tendenza nelle adolescenti a vedere il proprio corpo come un oggetto alla mercé di critiche e osservazioni e lo sviluppo di disturbi depressivi (Grabe et al., 2007).

Alla luce di queste considerazioni appare necessario porre attenzione al fenomeno crescente del bodyshaming, tenendo a mente il potenziale effetto dei modi ideali di apparire sul benessere e sulla salute fisica e mentale degli individui, soprattutto degli adolescenti.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • American Psychiatric Association (APA) (2013), DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, tr. it. Raffaello Cortina, Milano, 2014.
  • Cash, T. F., & Pruzinsky, T. (2004). Body image: A handbook of theory, research, and clinical practice. The Guilford Press.
  • Gam, R. T., Singh, S. K., Manar, M., Kar, S. K., & Gupta, A. (2020). Body shaming among school-going adolescents: prevalence and predictors. International Journal of Community Medicine and Public Health, 7(4), 1324.
  • Gilbert, P. (2007). The evolution of shame as a marker for relationship security: A biopsychosocial approach.
  • Grabe, S., Hyde, J. S., & Lindberg, S. M. (2007). Body objectification and depression in adolescents: The role of gender, shame, and rumination. Psychology of Women Quarterly, 31(2), 164-175.
  • Eisenberg, M. E., Neumark-Sztainer, D., & Story, M. (2003). Associations of weight-based teasing and emotional well-being among adolescents. Archives of pediatrics & adolescent medicine, 157(8), 733-738.
  • Lestari, S. (2019). Bullying or Body Shaming? Young Women in Patient Body Dysmorphic Disorder. PHILANTHROPY: Journal of Psychology, 3(1), 59-66.
  • Lewis, M. (1995). Shame: The exposed self. Simon and Schuster.
  • Moradi, B., Dirks, D., & Matteson, A. V. (2005). Roles of sexual objectification experiences and internalization of standards of beauty in eating disorder symptomatology: a test and extension of objectification theory. Journal of Counseling Psychology, 52(3), 420.
  • Nolen-Hoeksema, S. (1994). An interactive model for the emergence of gender differences in depression in adolescence. Journal of Research on Adolescence, 4(4), 519-534.
  • Noll, S. M., & Fredrickson, B. L. (1998). A mediational model linking self‐objectification, body shame, and disordered eating. Psychology of women quarterly, 22(4), 623-636.
  • Scheff, T. J. (1988). Shame and conformity: The deference-emotion system. American sociological review, 395-406.
  • Stice, E., Hayward, C., Cameron, R. P., Killen, J. D., & Taylor, C. B. (2000). Body-image and eating disturbances predict onset of depression among female adolescents: a longitudinal study. Journal of abnormal psychology, 109(3), 438.
  • Vargas, E. (2017). Body-shaming: What is it & why do we do it. Walden Eating Disorders.
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