Le descrizioni della parafilia possono essere collegate alla pressione sociale e agli ideali presenti nella società. Molte delle definizioni viste, infatti, sono basate su deviazioni rispetto all’idea di normalità che la società ha assegnato al sesso.
Andrea Goldoni – OPEN SCHOOL Studi Cognitivi San Benedetto del Tronto
Che cos’è la parafilia?
I ricercatori hanno adottato definizioni diverse del termine parafilia (Moser, 2011). Nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, quinta edizione – DSM 5 (APA, 2013) la parafilia è definita come un interesse sessuale intenso e persistente verso stimoli che deviano dalla stimolazione genitale o dai preliminari condotti con partner sessualmente maturi e consenzienti.
La World Health Organization (1992) classifica le parafilie come un comportamento sessuale preferenziale abituale e impulsivo, ma non le considera un problema a meno che non sia presente disagio psicologico o effetti deleteri. Kafka (1997, 2003) le ha descritte come un fenomeno caratterizzato da un’alterazione delle preferenze sessuali, da compromissione della propria volontà e da un aumento dei comportamenti legati al desiderio sessuale. Kaplan e Krueger (2010) affermano che sono strettamente legate all’ipersessualità perché gli individui che presentano una parafilia hanno caratteristiche simili a chi presenta dipendenza sessuale, come fantasie sessuali molto frequenti e una particolare intensità del desiderio e dei comportamenti sessuali. Fisher, Kohut, Gioacchino e Fedoroff (2013) le inquadrano come interessi sessuali persistenti, non convenzionali e problematici. Importante è la visione di Arrigo e Purcell (2001), che affermano che la parafilia possa essere inserita in un continuum: da un lato ci sono interessi non convenzionali ma non dannosi per sé e per gli altri, dall’altro forme più gravi che possono comprendere masturbazione compulsiva e ricorso a droghe ed alcool come facilitatori.
Queste definizioni, seppur diverse, descrivono la parafilia come una preferenza sessuale alternativa, caratterizzata da fantasie sessuali frequenti e da un intenso interesse legato a contenuti non tradizionali, che deviano dalla tipica stimolazione genitale o dai preliminari erotici. Esistono numerose parafilie, ma tutte hanno in comune gli elementi descritti.
Il nucleo della parafilia è costituito quindi da interessi sessuali e fantasie non convenzionali o alternativi, che vengono particolarmente enfatizzati dall’individuo (Kaplan, Kruegar, 2010).
Non tutte le definizioni scientifiche considerano la parafilia come un problema, piuttosto lo diventa nel momento in cui è presente un disagio significativo o delle compromissioni nelle diverse aree di vita. Kafka (1997) sostiene che le parafilie possono diventare un problema nel momento in cui la compromissione della volontà che le caratterizza impedisce all’individuo di scegliere come e quando soddisfare il proprio desiderio. Fisher et al. (2013) affermano che le difficoltà sorgono nel momento in cui sono legate a comportamenti come abuso di pornografia e aggressioni sessuali.
Quando la parafilia diventa un disturbo?
Non è ancora stato trovato un accordo su una solida definizione che distingua una parafilia da un disturbo parafilico. Moser (2010) afferma che tale distinzione sia non valida, e che in pratica abbia poco senso. Wakefield (2011) sostiene che la distinzione tra un individuo che ha una parafilia e uno affetto da disturbo parafilico sia in parte collegata a motivazioni legali, in quanto faciliterebbe l’inquadramento dei reati a sfondo sessuale.
Le descrizioni della parafilia possono essere collegate alla pressione sociale e agli ideali presenti nella società. Molte delle definizioni viste, infatti, sono basate su deviazioni rispetto all’idea di normalità che la società ha assegnato al sesso, ma in realtà è difficile inquadrare quale tipo di comportamento sessuale possa essere effettivamente inquadrato come parafilico. (Stewart, 2012). Tale fenomeno ha reso il comportamento sessuale atipico vulnerabile allo stigma sociale, e lo ha precluso dallo studio scientifico. Le persone, infatti, potrebbero temere che le proprie compagne, i propri amici o le altre persone appartenenti al loro gruppo sociale possano scoprire le loro preferenze sessuali, cosa che li porterebbe alla condanna e al rifiuto sociale (Moser, Kleinplatz, 2006).
Allo stesso modo, gli individui che hanno una parafilia potrebbero credere di essere affetti da un disturbo psichiatrico, pensando che le loro condotte non rientrino nella normalità. Ma cos’è la normalità?
Strong e Devault (1988) dividevano la normalità sessuale in quattro categorie: statistica (la normalità è definita dal numero di persone nella popolazione generale che praticano l’attività), biologica (la normalità è definita dalla presenza di comportamenti collegati alla funzione biologica, come la riproduzione), psicologica (la normalità è definita dall’assenza di stati mentali negativi come ansia, colpa e frustrazione) e morale (la normalità è definita dal contesto culturale o storico).
Tale suddivisione comporta non pochi problemi: ad esempio, la categoria biologica afferma che gli atti sessuali normali sono solo quelli che hanno un incentivo biologico, come la riproduzione. Se ci dovessimo basare su essa, qualsiasi comportamento sessuale che devi dalla penetrazione vaginale potrebbe essere considerato come anormale. Allo stesso modo, secondo la categoria statistica, un comportamento potrebbe essere classificato come non normale solo perché è portato avanti da un numero di persone non significativo.
Kite (1990) ha cercato di risolvere questo problema somministrando un questionario composto da 30 item agli studenti universitari, per identificare ciò che consideravano un comportamento sessuale normale. Gli studenti hanno affermato che ciò che è normale è difficile da definire, e ciò che è considerato normale da un individuo potrebbe essere considerato anormale da un altro. In più, gli studenti hanno riferito che normale corrisponde a qualsiasi atto in cui i membri di una coppia si sentano a loro agio. Se una coppia considera un comportamento sessuale come piacevole, allora quel particolare comportamento è normale agli occhi della coppia. Infine, per gli studenti è normale qualunque comportamento che non provochi a un individuo sentimenti di colpa.
Il disturbo parafilico nel DSM-5
Per soddisfare i criteri clinici per uno dei disturbi parafilici presenti nel DSM-5, ci dev’essere stato un periodo di almeno sei mesi durante il quale sono occorse fantasie sessuali intense e ricorrenti. In più, i disturbi parafilici creano un disagio clinicamente significativo o deterioramenti in aree importanti di funzionamento, come quelle sociali o lavorative, attraverso fantasie, desideri o comportamenti. Il DSM-5 identifica i seguenti disturbi parafilici:
- Disturbo esibizionistico – Gli individui diagnosticati con disturbo esibizionistico sperimentano un’eccitazione sessuale ricorrente e intensa esponendo i propri genitali a una persona che non se lo aspetta, generalmente in un ambiente pubblico.
- Disturbo feticistico – Eccitazione sessuale ricorrente e intensa derivante dall’uso di oggetti inanimati o una concentrazione altamente specifica su parti del corpo non genitali. Gli specificatori per il disturbo feticistico includono parti corporee, oggetti inanimati o altro.
- Disturbo frotteuristico – Eccitazione sessuale ricorrente e intensa derivante dal toccare o dallo strusciarsi su una persona che non se lo aspetta, generalmente in un contesto pubblico affollato, come una metropolitana.
- Disturbo pedofilico – Gli individui diagnosticati con disturbo pedofilico presentano fantasie sessuali ricorrenti e intense, bisogni sessuali, e comportamenti legati all’attività sessuale con ragazzi in età prepuberale o con bambini, generalmente sotto i 13 anni di età. Gli specificatori includono l’esclusività, che indica che il soggetto è in grado di sperimentare eccitazione sessuale esclusivamente dai bambini, e la non esclusività, che indica che il soggetto è in grado di sperimentare eccitazione sessuale anche da adulti o da individui della stessa età. Altri specificatori indicano se il soggetto sia attratto dal sesso maschile, femminile o da entrambi.
- Disturbo da masochismo sessuale – Eccitazione sessuale intensa e ricorrente derivante dall’atto di essere umiliati, picchiati, legati o fatti soffrire in altro modo. In alcuni casi, lo specificatore di asfissiofilia è usato per descrivere gli individui che ottengono eccitazione sessuale dalla limitazione della propria respirazione.
- Disturbo da sadismo sessuale – Eccitazione sessuale intensa e ricorrente derivante dall’infliggere sofferenza fisica o psicologica a un altro individuo, o dal torturarlo. Generalmente, gli individui con questa diagnosi traggono piacere dall’infliggere dolore agli altri e ottengono piacere ed eccitazione sessuale da questi atti.
- Disturbo da travestitismo – Gli individui affetti da disturbo da travestitismo sperimentano un’eccitazione sessuale intensa e ricorrente derivante dal cross-dressing, ovvero dall’indossare indumenti che appartengono al sesso opposto. Gli specificatori per questo disturbo indicano se sia presente un feticismo diretto a tessuti, materiali o indumenti o se sia presente autoginefilia, ovvero eccitazione derivante da pensieri o immagini in cui ci si immagina come appartenenti al sesso opposto.
- Disturbo voyeuristico – Eccitazione sessuale ricorrente e intensa derivante dall’osservazione di individui nudi, intenti a svestirsi, o intenti in un rapporto sessuale, a loro insaputa.
- Disturbo parafilico con altra specificazione – Questa diagnosi di disturbo parafilico è riservata a quegli individui che possiedono le caratteristiche sintomatologiche appartenenti al disturbo, che causano un disagio clinicamente significativo ma che non rispondono ai criteri di nessuno dei disturbi sopraelencati. Tale diagnosi è utile al clinico che desidera comunicare la specifica ragione che spinge a non inserire il quadro sintomatologico in uno dei precedenti disturbi.
- Disturbo parafilico senza specificazione: E’ riservata ai quadri clinici che non ricadono nei disturbi precedentemente elencati, ma offre al clinico la possibilità di non comunicare le ragioni per le quali non possa ricadere nelle diagnosi precedenti.
Una diversa prospettiva
Nel 2010 Blanchard ha proposto una revisione della definizione di parafilia che tenesse conto del comportamento pre-coitale, ovvero dei preliminari sessuali. A differenza della parafilia, il concetto di preliminare sessuale sembra avere una definizione comune. Per preliminare si intende la stimolazione erotica o le azioni sessuali che precedono la penetrazione, come baci, tocchi, carezze. (Palladini, 2012). I preliminari sessuali tuttavia non conducono necessariamente al rapporto sessuale completo, e la loro definizione non li limita ad azioni stereotipiche o convenzionali.
La definizione di preliminare sessuale è molto utile per inserire la parafilia in un continuum che può aiutare a discernere il livello di gravità e di compromissione a cui porta. Lo studioso utilizza quattro esempi per descrivere il concetto:
- Individuo A: Tende ad utilizzare il proprio feticcio (o focus parafilico) come un preliminare, prima di arrivare alla penetrazione e all’orgasmo.
- Individuo B: Tende a utilizzare il proprio feticcio (o focus parafilico) sia durante i preliminari che durante la penetrazione e l’orgasmo.
- Individuo C: Tende a essere sessualmente eccitato e a raggiungere l’orgasmo tramite il suo focus parafilico, invece di utilizzare un rapporto sessuale.
- Individuo D: E’ incapace di raggiungere l’eccitazione sessuale a meno che non parta dal proprio focus parafilico.
E’ facile osservare come gli individui A e B utilizzino il focus parafilico come una preferenza, che non compromette lo svolgimento di un rapporto sessuale, mentre gli individui C e D potrebbero sperimentare una grave compromissione delle relazioni sentimentali e sessuali a causa delle loro fantasie.
Eziologia della parafilia
La letteratura ha provato a spiegare le origini della parafilia tramite una concettualizzazione psicoanalitica o attraverso il modello comportamentale del condizionamento. Wiederman (2003) riporta che la prospettiva psicoanalitica assume che l’individuo che sperimenta una parafilia potrebbe aver sperimentato un abuso sessuale o un trauma perpetuato dai caregivers durante l’infanzia; tale trauma può compromettere la sua capacità di costruire e mantenere relazioni sane e intime con gli altri. Perciò, per soddisfare le sue pulsioni sessuali, potrebbe rivolgersi ad altri metodi, o traendo piacere da un oggetto inanimato (dando origine al feticismo) o tramite relazioni caratterizzate da uno squilibrio di potere tra i partner (che si tradurrebbe nel masochismo o nel sadismo sessuale). Secondo la prospettiva comportamentale, la persona che ha una parafilia potrebbe essere venuta a contatto con un particolare stimolo nelle prime esperienze sessuali, tipicamente durante la masturbazione, che potrebbe essersi legato in maniera condizionata all’eccitazione e all’orgasmo. (Wiederman, 2003; Durand, Barlow, 2013). Tale stimolo, differente dalla norma culturale sessuale, potrebbe essere stato presente nell’ambiente quotidiano, e perciò l’individuo potrebbe essere stato esposto a esso frequentemente. Le fantasie sessuali non convenzionali potrebbero essere state quindi fissate tramite comportamenti sessuali ripetuti (come la masturbazione), attraverso il rinforzo positivo derivante dalle sensazioni piacevoli legate all’orgasmo.
Tuttavia, questi concetti teorici possono spiegare solamente lo spostamento d’interesse verso stimoli non genitali, che corrisponde al primo criterio del DSM-5. Non spiegano il criterio di disagio clinicamente significativo, non facendo luce sulla motivazione che spinge alcune parafilie a non causare difficoltà personali e problematiche nella relazione con gli altri, rispetto alle forme più gravi. Infatti, anche se gli individui possono trarre piacere elicitando un comportamento sessuale alternativo, la motivazione per tradurlo in un comportamento socialmente deviante, che spesso comporta un rinforzo negativo nella forma di punizioni, non è chiaramente spiegata all’interno del modello comportamentale (Wiederman, 2003). Secondo Joannides (2012), alcuni soggetti potrebbero sentire più eccitazione sessuale nei momenti in cui vi sarebbe l’obbligo di sopprimerla, come un luogo pubblico. La problematica quindi sarebbe relativa al controllo degli impulsi, non all’accettabilità sociale dello stimolo sessuale.
La formazione di una parafilia quindi non conduce necessariamente a comportamenti disfunzionali, ma la sua problematicità dipende dalla presenza o meno di situazioni e atteggiamenti dannosi che derivano da essa.