Rosenzweig sostiene due cose: la prima è che il successo terapeutico non è una valida prova della bontà della teoria che la sostiene, la seconda è che, se vediamo effetti analoghi in trattamenti che si dichiarano diversi, viene da supporre che in essi agiscano fattori comuni.
Il presente contributo è il primo di una serie di articoli sull’argomento. Pubblicheremo nei prossimi giorni i successivi contributi
Non dipende dai veloci
la corsa,
né dai forti
la guerra,
né dai sapienti
il nutrimento,
né dai più abili
la ricchezza
e neppure dai più sensibili
una grazia. (Qoelet 9,11)
Antefatto: La gara.
La mia discussione si articola in un antefatto, tre quadri ed un epilogo:
- Antefatto: La gara
- Primo Quadro: Rosenzweig – primo slittamento
- Secondo Quadro: Luborsky – secondo slittamento
- Terzo Quadro: Ruggiero ed altri – slittamento fatale e finale
- Epilogo e penultimo verdetto
L’assemblea che si riunì alla spiaggia era oltremodo bizzarra – figuratevi, gli uccelli avevano le piume fradice, e gli altri animali avevano il pelo incollato a’ loro corpicciuoli; e tutti erano inzuppati, grondanti acqua, tristi e malcontenti.
Naturalmente la prima quistione che fu posta fu quella di sapere come si sarebbero asciugati: si consultarono insieme su questo argomento, e pochi minuti dopo Alice si mise a parlare familiarmente con loro, come se li avesse conosciuti da un secolo. Ebbe una lunga discussione col Lori, ma bentosto quest’ultimo le fece un viso arcigno, e disse perentoriamente, “Son più vecchio di lei, perciò devo saper più di lei;” ma Alice non volle convenirne se prima non le avesse detto quanti anni aveva. Il Lori non volle dirlo, e la loro conversazione cessò.
(Dopo una interessantissima discussione il DODO prende la parola)
“Allora,” disse il Dodo con voce solenne, e levandosi in piedi, “propongo che il parlamento si aggiorni, accioché sieno adottati rimedii più energici.”
“Ma parli italiano!” sclamò l’Aquilotto. “Non capisco la metà delle sue parolone, e forse lei stesso non ne intende cica!”. E l’Aquilotto abbassò la testa per nascondere un sorriso, ma alcuni degli uccelli sghignazzarono apertamente.
“Volevo dire,” continuò il Dodo, facendo il broncio, “che il miglior modo di seccarsi sarebbe quello di fare una Corsa arruffata.”
“Che è la Corsa arruffata?” domandò Alice; non le premeva molto di saperlo, ma il Dodo taceva come se qualcheduno dovesse parlare, mentre niuno sembrava disposto ad aprire becco o bocca.
“Ecco,” disse il Dodo, “il miglior modo di spiegarla è quello di eseguirla”. (E siccome vi potrebbe venire la voglia di provare questa Corsa in qualche giorno d’inverno, vi dirò come il Dodo la diresse.)
Imprima tracciò la linea dello steccato, una specie di circolo (“già, non importa che sia ben tracciata,” disse), e poi tutta la comitiva entrò nello steccato mettendosi chi quà, chi là. Non si udì “Uno, due, tre, — via!” ma cominciarono a correre a piacere, e si fermarono quando n’ebbero voglia, di tal che non si seppe quando la Corsa fosse terminata. Ad ogni modo, dopo che ebbero corso una mezz’ora o quasi, e si sentirono tutti ben seccati, il Dodo sclamò tutt’a un tratto, “La corsa è finita!” e tutti l’intorniarono anelanti, e sclamando, “Ma chi ha vinto?”
Questa domanda impensierì immensamente il Dodo, perciò sedette e restò lungo tempo con un dito appoggiato alla fronte (tale e quale come è rappresentato Dante), mentre gli altri zittivano. Finalmente il Dodo disse, “ Tuttiquanti hanno vinto, e tutti debbon’essere premiati”. (L. Carrol: Alice nel paese delle meraviglie. Capitolo 3)
Commento
Il problema da risolvere per tutti gli animali è quello di asciugarsi.
La procedura che viene proposta dal Dodo è di fare una “corsa arruffata”.
La corsa arruffata è una corsa senza regole:
tutt’insiem, tutt’insiem senza una ragione, viene come vien, tutti di corsa tutt’insiem (Mary Poppins, diretto da R. Stevenson,1964).
Quando tutti sono stanchi e asciutti chiedono al Dodo: “chi ha vinto?”
La domanda chi ha vinto a cosa si riferisce?
Non ha niente a che vedere con lo scopo della corsa arruffata, non ha a che vedere con il problema che TUTTI dovevano risolvere: asciugarsi. E la gara non aveva niente a che vedere con il loro problema, non ci si asciuga correndo!
Ma il Dodo non ha perso la testa, non si lascia fuorviare ed emette il verdetto sulla questione vera: tutti hanno corso, tutti si sono asciugati, tutti hanno vinto e hanno perciò diritto a un premio.
Dunque, il verdetto riguarda la gara o il problema?
Il problema, con tutta evidenza; e rispetto alla soluzione del problema vi è che tutti sono asciutti, tutti hanno vinto, perciò tutti hanno diritto ad un premio.
Conclusione
Quando si accetta una procedura assurda per la risoluzione di un problema si procede di assurdità in assurdità fino al risultato finale che, generalmente, è la confusione mentale e il grigio indistinto.
Primo quadro: Rosenzweig: dov’è la vittoria? – Primo slittamento
Rosenzweig (1936) dà per scontato che le procedure psicoterapeutiche abbiano effetti e che il quesito riguardi il come sia possibile che procedure che si appoggiano a teorie dissimili e dicono di applicare specifiche tecniche abbiano risultati sovrapponibili.
Ecco cosa dice il nostro:
È stato spesso osservato che nessuna forma di psicoterapia è priva di effetti curativi per un paziente. Psicoanalisi, trattamento per persuasione, Christian Science e qualsiasi altra teoria psicoterapica può rivendicare notevoli successi. L’implicazione di questo fatto non è, tuttavia, univoca. L’orgoglioso sostenitore (di un approccio), avendo ottenuto il successo nei casi che menziona, ritiene implicito, anche quando non lo dice, che la sua teoria è così dimostrata vera, (mentre quella di) tutti gli altri falsa. Osservatori più distaccati, d’altra parte, osservando l’intero campo tendono, per motivi logici, a trarre conclusioni molto diverse. Se tali procedure, teoricamente contrastanti sostengono che possono portare al successo, spesso anche in casi simili, allora il risultato terapeutico non è una guida affidabile alla validità della teoria. Si deve riflettere ben poco per capire dove si radica la difficoltà, dal punto di vista logico.
Non solo è ragionevole credere che la stessa conclusione non può seguire da premesse opposte, ma quando tale contraddizione appare, come sembra essere vero nel presente caso, è giustificabile chiedersi (I) se i fattori che si presume operino in una data terapia siano identici a quelli che stanno effettivamente operando e (2) se i fattori che effettivamente stanno operando in diverse terapie potrebbero non avere molto di più in comune di ciò che hanno i fattori che si presume siano operativi. (Rosenzweig 1936)
L’autore sostiene due cose: la prima è che il successo terapeutico non è una valida prova della bontà della teoria che la sostiene, la seconda è che se vediamo effetti analoghi in trattamenti che si dichiarano diversi viene da supporre che in essi agiscano fattori comuni.
Dunque Rosenzweig non dubita affatto che le psicoterapie siano efficaci, ma si chiede perché possano essere ugualmente efficaci. La tesi che sostiene è che le psicoterapie possono avere analoghi successi perché condividono fattori comuni, e potrebbero essere questi che determinano in gran parte il successo delle stesse, mentre le tecniche specifiche di ciascuna psicoterapia assumono un ruolo meno determinante.
Chi mette in dubbio l’efficacia delle psicoterapie è invece Eysenk, nel 1952.
Dice Eysenk che la psicoterapia psicodinamica e altre forme eclettiche di psicoterapia non solo sono inefficaci, ma che le remissioni spontanee superano percentualmente quelle attribuibili a interventi psicoterapeutici.
Lo stesso Rosenzweig prima (Rosenzweig, 1954), nel 1994, Lambert e Bergin poi, ancora Lambert e Barley (2001) e Wampold e Imel (2015), documentano la inequivocabile efficacia dei trattamenti psicoterapeutici a confronto con il trattamento usuale. Il focus si è così spostato sul confronto tra terapie piuttosto che tra psicoterapia versus trattamento standard.
Commento
Il primo slittamento consiste nello spostare il problema sul perché si abbiano risultati e non se questi risultati vi siano.
Il problema non è chi ha vinto, ma perché TUTTI vincono, visto che sistemi psicoterapeutici basati su fondamenti teorici diversi, talora opposti, vantano gli stessi risultati. L’accento è qui posto sul perché i trattamenti possano essere ugualmente efficaci, e la ragione addotta da Rosenzweig è che esistono fattori comuni che i terapeuti utilizzano anche al di là di quanto ne siano consapevoli, e che possano agire altri fattori legati al paziente, o al contesto stesso della psicoterapia, che la rende efficace al di là della tecnica specifica.
Conclusione
Rosenzweig non fornisce un verdetto, ma la motivazione dello stesso: tutti vincono perché tutti fanno la stessa cosa decisiva e ottengono perciò il risultato, non perché tutti arrivano primi.
Quando si cerca il “perché” di qualcosa l’orizzonte si apre e la cooperazione si prende il suo spazio.
Ringraziamenti
Ringrazio mio figlio Filippo, brillantissimo logico, per avermi suggerito l’articolazione della discussione sull’antefatto.
Ringrazio Mancini per la sua lucidità, che permette anche ai suoi interlocutori di chiarirsi le idee.
Ringrazio il Ruggiero, e con lui Sassaroli e Caselli, che offre l’occasione per pensare a ciò che agiamo.
I meriti del mio commento sono di tutti gli autori citati; le banalità, le inesattezze e gli errori tutti miei.
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