La teoria sterniana del cambiamento è riferita al processo di avanzamento terapeutico e si fonda sulle quattro precedenti tesi riguardanti l’esperienza. La teoria spiega come avvengono i cambiamenti su cui si basano i progressi in terapia.
Il presente contributo è l’ultimo di una serie di articoli sull’argomento. Nel primo articolo è stata approfondita la Tesi della stratificazione dell’esperienza di Stern, nel secondo si è parlato della Tesi della frattura tra esperienza esplicita ed implicita, mentre nel terzo sono stati analizzati i temi della forma e del contenuto dell’esperienza e dell’intersoggettività.
La teoria del cambiamento nel processo di avanzamento terapeutico
La teoria del cambiamento nel processo di avanzamento terapeutico costituisce un naturale corollario della teoria sterniana dell’esperienza fondata sulle quattro tesi analizzate. La teoria spiega come avvengono i cambiamenti che costituiscono i progressi del percorso psicoterapeutico che vede faccia a faccia paziente e terapeuta.
Per quanto l’obiettivo di Stern sia quello di fornire un contributo spendibile all’interno della pratica psicoterapeutica, non è raro che, nell’esposizione di tale teoria, egli si serva di esempi presi dalla vita di tutti i giorni. In particolare egli menziona spesso relazioni tra genitori e figli o quelle tra innamorati. Per spiegare cosa intenda per cambiamenti radicali egli si serve di un esempio riguardante due ragazzi che escono insieme per la prima volta.
Può essere utile, a riguardo, un altro esempio non clinico, che riprende alcune considerazioni espresse nei capitoli precedenti.
Una sera d’inverno, un ragazzo e una ragazza […]. (Ivi, p. 144)
Nello stesso capitolo Stern introduce un altro esempio simile.
Farei un parallelo, un po’ estremo, con la vita quotidiana. Mettiamo che un giovane dica a una ragazza “Mi piaci da impazzire”. (Ivi, p. 141)
Oppure, per descrivere il concetto di corrispondenza intenzionale si riferisce al rapporto tra un padre e il figlio di pochi mesi nei momenti che precedono il sonno del bambino. Infine, vi è anche una dichiarazione più esplicita sull’estendibilità della teoria alle relazioni non terapeutiche.
Questo conoscere implicito può essere generalizzato a situazioni simili che riguardano paziente e terapeuta, o anche relazioni al di fuori della terapia. (Ivi, p. 148)
Per quanto il tema non sia mai affrontato direttamente da Stern, sembra che l’idea di una possibile estensione della teoria dell’avanzamento terapeutico alle relazioni non cliniche sia implicitamente da lui condivisa. Se così fosse, la teoria assumerebbe una portata indiscutibilmente filosofica in quanto pretenderebbe di affermare qualcosa sulla la relazione interpersonale in quanto tale e sul ruolo che essa gioca nel cambiamento della vita di un individuo.
Veniamo ora alla descrizione della teoria riassumendola nei suoi punti principali.
La grande svolta sterniana consiste nel proporre come luogo privilegiato del cambiamento, nel processo di avanzamento terapeutico, l’implicito che, per sua natura, vive sempre al presente. Non più il significato esplicito delle narrazioni del paziente che si riferiscono sempre al passato, ma l’esperienza fenomenica immediata che accade qui e ora. Il presente è secondo Stern una dimensione temporale puramente soggettiva, un momento di kairos, una dilatazione del tempo cronologico. Esso può essere vissuto coscientemente (con una coscienza fenomenica non riflessiva) oppure in assenza di coscienza. Nel primo caso l’esperienza gode di un alto livello di attenzione focalizzata e di una registrazione nella memoria a lungo termine, nel secondo caso, invece, ciò che è esperito non è oggetto di attenzione e non viene registrato nella memoria. I periodi di tempo caratterizzati da una coscienza fenomenica continua formano quelli che Stern chiama gli “episodi di coscienza”, mentre quelli vissuti in assenza di coscienza sono detti “buchi non-cs” (buchi di coscienza). Gli episodi di coscienza sono ripartiti in unità chiamate “momenti presenti”. Si tratta di periodi di tempo della durata oggettiva che varia tra 1 e 10 secondi (che mediamente si colloca tra 3 e 4 secondi) in cui il soggetto vive un’esperienza soggettiva cosciente che rappresenta un’unità globale circoscritta e dotata di senso. Tali momenti sono caratterizzati da uno sviluppo temporale soggettivo interno tripartito in “ritenzione”, “presente del momento presente” e “protensione”. I tre termini husserliani si riferiscono rispettivamente ad un “passato immediato che riecheggia ancora nell’istante presente, come la coda di una cometa” (Stern, 2004), ad un istante presente che si muove come un punto su una retta e ad un futuro immediato già anticipato nel presente. Per quanto tripartito il momento presente è colto come un’unica esperienza, un’unica gestalt.
È possibile descrivere il momento presente anche dal punto di vista del profilo dinamico tratteggiato dalle forme vitali che lo abitano: in tal senso esso acquista una “trama” implicita che può essere rappresentata in termini di variazione dell’intensità nel tempo.
Da ultimo, il momento presente costituisce l’unità dell’esperienza cosciente anche in senso oggettivo. Il flusso continuo dell’esperienza è reso discreto da meccanismi innati e automatici della percezione, dell’azione e della coscienza. Il tempo di 3-4 secondi corrisponde infatti alla durata delle unità in cui noi segmentiamo il flusso di informazioni in ingresso, alla durata delle “frasi” che costituiscono il nostro comportamento e al tempo necessario per attivare la coscienza, elemento fondamentale perché si possa parlare di “momento presente”.
All’interno di un contesto relazionale, i momenti presenti possono essere di tre tipi: i “momenti presenti ordinari”, i “momenti ora” e i “momenti di incontro”. I primi godono delle proprietà che abbiamo sin qui descritto. I “momenti ora” invece sono momenti in cui accade qualcosa di decisivo che impone al soggetto la necessità di fornire una risposta che funga da soluzione. Si tratta di momenti di discontinuità e di rottura in cui i soggetti implicati nella relazione sono richiamati al presente e costretti a riorientare il proprio comportamento. I “momenti di incontro” infine sono momenti risolutivi dei “momenti ora”, essi ristabiliscono la relazione su un nuovo livello facendo provare ai soggetti coinvolti la sensazione di essere nuovamente insieme in una condivisione intersoggettiva degli stati mentali.
I “buchi non-cs” (i buchi di coscienza) invece sono periodi di tempo in cui ciò che accade “passa inosservato” e non viene registrato nella memoria. Appartengono a questo tipo di esperienza tutte quelle attività che conduciamo automaticamente senza prestare attenzione e che sono destinate ad essere perdute. In una relazione i “buchi non-cs” sono popolati dalle “mosse relazionali” che corrispondono a tutti quei comportamenti che sfuggono alla nostra coscienza, ma che costituiscono una parte fondamentale della comunicazione implicita.
Momenti presenti e mosse relazionali costituiscono la grammatica dell’avanzamento terapeutico. Esso può prevedere cinque esiti differenti: i cambiamenti radicali, le opportunità mancate, i cambiamenti progressivi, le nuove esplorazioni e le interpretazioni.
I cambiamenti radicali sono forti riorientamenti della relazione paziente-terapeuta che avvengono grazie all’insorgere di un momento ora, che irrompe come un momento di rottura della relazione, risolto dal terapeuta favorendo l’emergere di un momento di incontro. In questi casi si assiste ad un passo in avanti significativo nell’avanzamento terapeutico del quale entrambi i soggetti coinvolti hanno consapevolezza. Tuttavia, si tratta sempre di cambiamenti che non sono provocati da un’attività riflessiva esplicita (come per esempio nelle interpretazioni del significato dell’esperienza del paziente), ma che avvengono qui ed ora nelle pieghe dell’implicito.
Le opportunità mancate costituiscono i fallimenti del tentativo da parte del terapeuta di risolvere un momento ora in un momento di incontro. In questi casi la relazione, a seguito della rottura provocata dal momento ora, non trova un momento di soluzione. Ciò porta a volte persino a dover interrompere il percorso terapeutico in quanto il paziente non sente più di “essere-con” il terapeuta.
I cambiamenti progressivi sono cambiamenti lenti che avvengono gradualmente senza essere notati né dal paziente né dal terapeuta. Solo dopo che la relazione ha raggiunto un nuovo livello è possibile apprezzare il cambiamento. Sono causati dalle mosse relazionali che costituiscono una comunicazione sotterranea fatta di movimenti del corpo, posture, espressioni, ma anche di dialoghi espressi in un determinato modo, organizzando il discorso inconsapevolmente secondo una certa sintassi, selezionando determinati termini ecc.
Le nuove esplorazioni sono delle nuove possibilità di esperienza esplicita che emergono solo grazie ad una variazione del campo intersoggettivo. In tal senso la relazione implicita abilita e contestualizza quella esplicita consentendo di affrontare determinati contenuti ancora inesplorati.
Le interpretazioni, infine, costituiscono il momento di analisi esplicita del significato dell’esperienza del paziente. Nella teoria sterniana esse hanno un ruolo decisamente ridotto rispetto a quello assegnatoli nelle tecniche terapeutiche tradizionali e operano in un intreccio con l’esperienza implicita: da un lato possono seguire i momenti di incontro interpretandoli esplicitamente, dall’altro possono precedere i momenti ora favorendo il loro insorgere.
Fatta eccezione per l’ultimo tipo di esito, in tutti gli altri casi si tratta di cambiamenti che avvengono implicitamente, senza essere programmati e, addirittura, a volte, senza essere notati. Il loro accadere in un presente implicito li rende estranei ad un controllo riflessivo e ad un’intenzionalità precedente che li possa prevedere in anticipo.
La parola in questo panorama gioca un ruolo marginale nel suo aspetto legato al significato, ma centrale per quanto riguarda l’espressione e la costruzione implicita del discorso.
Ne deriva che l’avanzamento terapeutico venga contraddistinto da una certa imprevedibilità e che le caratteristiche del terapeuta che emergono in questo modo di considerare la terapia siano la capacità di improvvisazione, l’autenticità, ma anche l’imprecisione e l’approssimazione poiché conferiscono vitalità umana alla relazione. Ciò che emergerà non sarà la conoscenza delle tecniche terapeutiche (comunque fondamentali) ma lo stile implicito che caratterizza tutto il comportamento del terapeuta.
Lontano dunque dall’idea che sia la comprensione cognitiva dell’altro la strada per il cambiamento, Stern sostiene che esso origini da un’esperienza implicita, condivisa e fondata sulle dinamiche temporali. In ciò dunque si intravede una radicale svolta culturale nell’approccio alla relazione interpersonale: esso si concentra sul presente e sull’esperienza vissuta direttamente. Il passato, l’inconscio, il linguaggio e l’esperienza esplicita del contenuto, vecchi capisaldi della teoria della relazione interpersonale devono lasciare il posto, secondo Stern, alla dimensione implicita dell’esperienza, diretta, vissuta al presente, concentrata sulle forme dinamiche temporali. Tale dimensione dell’esperienza precede, contestualizza e costituisce le condizioni di possibilità dell’esperienza esplicita ed è su di essa che è necessario concentrare la nostra attenzione se vogliamo promuovere un cambiamento attraverso la relazione interpersonale.
Leggi gli altri articoli sull’argomento:
- Le quattro premesse della teoria sterniana dell’esperienza e la teoria del cambiamento come diretto corollario – Pubblicato su State of Mind il 26 Marzo 2020
- Le quattro premesse della teoria sterniana dell’esperienza – la frattura tra esperienza esplicita ed implicita – Pubblicato su State of Mind il 02 Aprile 2020
- Le quattro premesse della teoria sterniana dell’esperienza – la distinzione tra forma e contenuto dell’esperienza e l’intersoggettività – Pubblicato su State of Mind il 09 Aprile 2020
- Le quattro premesse della teoria sterniana dell’esperienza – la teoria del cambiamento come diretto corollario – Pubblicato su State of Mind il 16 Aprile 2020