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‘Ehi Google, cosa sai fare?’: gli assistenti digitali al nostro servizio – Psicologia Digitale

L'utilizzo sempre più diffuso di smart speaker porta con sè numerosi vantaggi ma anche preoccupazioni sulla privacy, spesso non considerate dagli utenti

Di Chiara Cilardo

Pubblicato il 06 Mar. 2020

Aggiornato il 11 Nov. 2020 14:23

Il mercato degli smart speaker sta crescendo rapidamente: a livello globale, secondo i dati di Canalys, si stima che alla fine del 2019 ne siano stati venduti circa 200 milioni.

PSICOLOGIA DIGITALE – (Nr. 7) “Ehi Google, cosa sai fare?”: gli assistenti digitali al nostro servizio 

 

Milioni di persone quindi fruiscono quotidianamente di contenuti e servizi digitali tramite smart speaker come Amazon Echo e Google Home (ma anche Xiaomi, Alibaba, Baidu tra i player mondiali).

Ascoltare la radio o la musica, controllare altri device come la tv, avere accesso a notizie su meteo e traffico in tempo reale, gestire timer e sveglie, richiedere informazioni e aggiornarsi su borsa e finanza: basta la nostra voce per eseguire dei comandi.

Smart speaker: cosa sono

Con Internet of Things (IoT) si fa riferimento all’insieme delle procedure e delle tecnologie che collegano diversi oggetti tramite rete wireless, utilizzando sensori e altri componenti degli oggetti stessi. Gli smart home device, dispositivi ‘intelligenti’, si basano su IoT per collegare vari dispositivi ad uso domestico, per esempio telecamere di sicurezza, smart speaker, sistemi di illuminazione, termostati intelligenti, smart hub, rivelatori di fumo, ecc. Si tratta di soluzioni che consentono di monitorare, controllare e gestire tutti questi apparecchi elettronici.

Gli smart speaker (o smart home personal assistant, SPA), che fanno parte degli smart home device, sono progettati per compiere alcune azioni e controllarne altre a comando: possono riprodurre musica ma anche accendere o spegnere altri dispositivi come una lampada o la tv, alzare o abbassare il volume, il tutto su comando senza altri stimoli che la voce umana.

Smart home personal assistant: cosa ci dice la ricerca

Una delle regole auree del marketing è creare bisogni per poi soddisfarli. Abbiamo davvero bisogno di un assistente vocale per sapere che ore sono o spegnere la tv?

Al momento la ricerca non ci dice molto sulle motivazioni che ci spingono ad utilizzali.

Molti studi si sono focalizzati invece sul tema della privacy: infatti, gli smart speaker se da un lato offrono vantaggi e praticità, dall’altro sollevano anche problemi di sicurezza a causa dei microfoni in ascolto continuo. Nonostante una generale crescente preoccupazione, secondo Lau e colleghi (2018) nei fatti molti utenti che li utilizzano sembrano poco consapevoli circa i potenziali rischi per la loro privacy e hanno una fiducia ‘cieca’. Questi utenti ‘barattano’ i propri dati personali pur di utilizzare questi device e raramente personalizzano i setting sulla privacy.

Alcuni studi, come ad esempio quello di Park e colleghi (2018), provano ad identificare quali sono le caratteristiche predittive dell’uso degli smart speaker, in particolare individuando funzionalità, design e caratteristiche del prodotto (come la disponibilità percepita) come principali driver.

Altri studi esplorano invece i possibili utilizzi con pazienti con lesioni cerebrali e disturbo da stress post traumatico; l’obiettivo è duplice: identificare le opportunità che il prodotto può offrire come tecnologia di assistenza e definire le sfide riguardo l’usabilità per persone con deficit cognitivi (Wallace & Morris, 2018).

Ancora, altri autori (ad esempio, Reis e colleghi nel 2017) hanno analizzato come diversi assistenti (Amazon, Google, Microsoft e Apple) potrebbero essere utilizzati per aiutare gli anziani a rafforzare i loro legami sociali con la famiglia, gli amici e i gruppi di ex colleghi di lavoro: gli assistenti digitali possono acquisire informazioni dall’utente attraverso le immagini della telecamera, oltre a comunicare con l’utente mediante un linguaggio vocale naturale. Dato che isolamento sociale e solitudine sono fattori di rischio soprattutto in popolazioni di età avanzata, l’interazione, seppure mediata, potrebbe avere un effetto positivo e protettivo.

Gli smart home personal assistants (SPA) si stanno diffondendo sempre di più e di pari passo l’approfondimento di varie aree di ricerca. Come per la maggior parte delle nuove tecnologie, l’adozione da parte delle persone è così rapida che precede le evidenze scientifiche; nei prossimi anni assisteremo a un consolidamento della tecnologia e delle nostre conoscenze.

Ma per ora… ‘Ehi Google, a cosa giochiamo?’.

 


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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Lau, J., Zimmerman, B., Schaub, F. (2018). Alexa, Are You Listening? Privacy Perceptions, Concerns and Privacy-seeking Behaviors with Smart Speakers. Proceedings of the ACM on Human-Computer Interaction. Available here.
  • Park, K., Kwak, C., Lee, J., Ahn, J.H. (2018). The effect of platform characteristics on the adoption of smart speakers: Empirical evidence in South Korea. Telematics and Informatics. Vol 35, Issue 8, Pages 2118-2132.
  • Reis A., Paulino D., Paredes H., Barroso J. (2017). Using Intelligent Personal Assistants to Strengthen the Elderlies’ Social Bonds. In: Antona M., Stephanidis C. (eds) Universal Access in Human–Computer Interaction. Human and Technological Environments. UAHCI 2017. Lecture Notes in Computer Science, vol 10279.
  • Wallace, T. & Morris, J.T. (2018). Identifying Barriers to Usability: Smart Speaker Testing by Military Veterans with Mild Brain Injury and PTSD. In: Langdon P., Lazar J., Heylighen A., Dong H. (eds) Breaking Down Barriers. CWUAAT 2018.
Sitografia:
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