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Quando il comportamento di mio figlio può essere definito ‘problema’?

I comportamenti problema sono manifestazioni complesse e varie, legate alla situazione, con uno scopo come ottenere/evitare qualcosa o comunicare un disagio

Di Barbara La Russa

Pubblicato il 04 Mar. 2020

Quando il comportamento di mio figlio può essere definito ‘problema’? Quando possiamo parlare di vivacità e sana energia vitale e quando invece il comportamento merita un’attenzione in più?

 

Queste domande sono molto frequenti tra i genitori, che spesso, tra dubbi, ansie, paure e momenti di frustrazione, legati al complesso e difficilissimo ruolo genitoriale, carico di responsabilità, si ritrovano a fare i conti con situazioni che li mettono a dura prova per ciò che concerne l’educazione e la relazione con i propri figli. Spesso i bambini mettono in atto comportamenti insoliti, talvolta bizzarri, talvolta pericolosi, osservando tali comportamenti altrettanto spesso i genitori hanno difficoltà a capire se sono strettamente connessi allo specifico stadio dello sviluppo, o se è il caso di intervenire e di contattare uno specialista. Molto simili sono anche le domande che i genitori si pongono quando la segnalazione arriva da parte degli insegnanti.

Il comportamento può essere definito come il modo in cui un soggetto interagisce con il mondo circostante, quindi ogni parola, azione, reazione che mettiamo in atto caratterizza il nostro comportamento, ovvero il modo di rispondere alle sollecitazioni ambientali, fisiche e relazionali.

I nostri comportamenti hanno diverse funzioni e sono sempre orientati a: comunicare qualcosa, rispondere ad un bisogno, evitare certe situazioni, realizzare desideri, raggiungere obiettivi.

Quindi tutti i comportamenti sono orientati all’adattamento, alla comunicazione e al soddisfacimento di bisogni di varia natura (primari, di contatto, di riconoscimento, ecc).

Un comportamento può essere definito ‘problema’ quando:

  • è disadattivo
  • ostacola l’appredimento
  • ostacola lo sviluppo di nuove capacità
  • interferisce o ostacola il mantenimento di capacità già acquisite
  • è pericoloso per sé e per gli altri
  • interferisce con lo svolgimento di normali azioni quotidiane
  • interferisce con lo svolgimento di attività quotidiane e non solo

I comportamenti problema rappresentano un ostacolo all’adattamento funzionale e allo sviluppo di nuove capacità nonché all’apprendimento in quanto comportano per il bambino un sovraccarico psico-fisico eccessivo e sono correlati a stati ansiosi, di tensione, paura, disagio.

Un esempio di comportamenti problema possono essere le reazioni emotive eccessive in relazione a determinate situazioni, come crisi di rabbia per piccole frustrazioni, l’opposizione sistematica alle richieste dell’adulto o la rigidità di certe abitudini e rituali.

Un concetto fondamentale rispetto al comportamento problema è che se quest’ultimo è stato appreso è perchè senz’altro ha portato conseguenze positive e/o un vantaggio. In sostanza il comportamento problema, così come tutti i comportamenti, ha sempre uno scopo, è atto a comunicare qualcosa e rappresenta una modalità di adattamento, anche se disfunzionale (Pontis, 2018)

Il comportamento problema può dunque avere diverse funzioni: ottenere qualcosa, per esempio attenzioni, evitare qualcosa per esempio un compito, soddisfare un bisogno, comunicare un disagio.

La funzione del comportamento problema è legata alla situazione, il comportamento problematico è di fatto una manifestazione complessa e varia per azioni (fuggire, lanciare oggetti, aggredire gli altri, autolesionismo, ecc) ma non è necessariamente l’estrinsecazione di un disturbo psicopatologico, sebbene i comportamenti problema siano spesso correlati positivamente a disabilità intellettiva e autismo (Ianes & Cramerotti, 2002).

I fattori di rischio per l’insorgere di comportamenti problema sono:

  • difficoltà nel linguaggio
  • limitata abilità comunicativa
  • difficoltà di apprendimento
  • scarso repertorio comportamentale

Due suggestioni:

  • un comportamento che riceve in risposta conseguenze piacevoli ha maggiori probabilità di essere reiterato.
  • un comportamento che riceve una risposta sgradevole o che non riceve risposta ha meno probabilità di essere reiterato.

Il comportamento problema deve essere sempre contestualizzato, in quanto non è mai il comportamento in senso stretto ad essere un problema, quanto invece lo è l’effetto che quest’ultimo ha nella complessa interazione del bambino con l’ambiente (Haim Brezis, 1986).

L’osservazione e l’analisi funzionale del comportamento problema possono essere utili per cercare di capire che significato ha quel comportamento in quella determinata situazione e che scopo ha. E’ necessario registrare attraverso l’osservazione e l’intervista con insegnanti e genitori e/o figure di riferimento, la tipologia di comportamento, il contesto in cui si è verificato, cosa è accaduto prima dell’insorgere del comportamento e cosa è accaduto dopo. Un’analisi funzionale sistematica e attenta è necessaria per poi progettare degli interventi ad hoc che abbiano lo scopo di far estinguere il comportamento problema e/o sostituirlo con uno più funzionale all’adattamento (Brezis, 1986).

In definitiva, un’attenta osservazione e l’analisi funzionale del comportamento sono strumenti che possono aiutare per la progettazione di un intervento ad hoc mirato all’apprendimento e al rinforzo di strategie adattive più funzionali, ma è sempre importante non trascurare i significati che quel determinato comportamento ha per il bambino o la bambina e a che bisogni profondi risponde.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Ianes D & Cramerotti S. (2002). Comportamenti problema e alleanze psicoeducative. Erickson
  • Brezis H. (1986) Analisi funzionale. Teoria e applicazioni. Liguori editore
  • Pontis M. (2018).Comportamenti problema, capire valutare, agire. Independently published
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