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Sport estremi: strumento di regolazione emotiva o dipendenza?

Regolazione emotiva e senso di agency possono essere dei benefici legati allo svolgere sport etremi; ma quando questo si trasforma in dipendenza?

Di Alberto Morandi, Marta Venturini

Pubblicato il 03 Feb. 2020

Sembra che praticare sport estremi possa aiutare alcuni soggetti a rinforzare il proprio senso di agency e a regolare le emozioni. Tuttavia, non è raro che questi sportivi sviluppino una dipendenza da attività estreme.

Alberto Morandi e Marta Venturini – OPEN SCHOOL, Psicoterapia Cognitiva e Ricerca Bolzano

 

Gli sport estremi, quali ad esempio il free climbing, alpinismo, sci o snowboard estremo, sono frequentemente definiti come attività nelle quali è probabile il verificarsi di un “errore di calcolo” o incidente mortale (Brymer and Schweitzer, 2017).

La regolazione emotiva è un termine usato per caratterizzare i diversi processi coinvolti nell’iniziare, mantenere e modulare l’intensità, il tipo o la durata delle emozioni (Thompson, 1994). Si riferisce ad azioni che influenzano “quali emozioni abbiamo, quando le abbiamo e come le esperiamo ed esprimiamo” (Gross, 2002, p. 282).

Le persone che si impegnano in attività prolungate ad alto rischio, come fanno ad esempio gli alpinisti, sembrano dimostrare difficoltà nella regolazione delle emozioni e un diminuito senso di agency in importanti aspetti della vita quotidiana  (Woodman, Hardy, Barlow, & Le Scanff, 2010). Alcune attività ad alto rischio possono essere un comportamento con funzione compensatoria per le persone: un’opportunità di esperire una regolazione emotiva e un senso di agency in un modo che non è percepito nella vita quotidiana. Ricerche hanno suggerito che persone che praticano sport estremi possono intenzionalmente cercare situazioni di caos, stress, pericolo in modo da dimostrare il loro senso agency e controllo emotivo (Collins, Collins, & Willmott, 2018).

Se un individuo ingaggia attività ad alto rischio con scopi specifici (impliciti o espliciti) di sperimentare una regolazione emotiva e un senso di agency, può trarre un probabile beneficio dalla partecipazione. Tali soggetti possono inoltre esperire e trasferire un senso di regolazione emotiva e senso di agency da un dominio di sport ad alto rischio ad importanti aspetti della loro vita quotidiana (Woodman et al., 2010).

Tuttavia oltre ai benefici appena descritti, le ricerche hanno visto come questi sportivi possano sviluppare una dipendenza dalle attività estreme.

Il termine dipendenza è spesso collegato a dipendenze da sostanze, alcool o tabacco, ma attività come il gioco d’azzardo, lo shopping, l’uso di internet e l’esercizio fisico possono diventare anch’esse fonte di dipendenza (Griffiths, 1996, 1997).

Tali “dipendenze comportamentali” mostrano sintomi simili a quelle da sostanza. Secondo Brown, inoltre, il concetto teorico di dipendenze comportamentali include la componente di salienza (l’attività diventa la cosa più importante nella vita di una persona), conflitto (tra persone con dipendenza e persone senza), modificazione dell’umore (strategia di coping per regolare le emozioni), tolleranza (aumento dell’ammontare di attività richiesta per ottenerne l’effetto) sintomi d’astinenza (sensazioni spiacevoli vengono avvertite alla riduzione dell’attività), e perdita di controllo (inabilità di limitare il tempo dedicato all’attività) (Brown, 1997).

La dipendenza da esercizio fisico è caratterizzata da un aumento dell’ammontare di esercizi, i quali assumono priorità su altre aree della vita della persona. Tale dipendenza viene spesso associata a sport individuali come il running ed il sollevamento di pesi, mentre non è stata ad oggi ancora investigata negli sport di squadra. La dipendenza da esercizio è stata descritta inizialmente da Glasser (1976) e introdotta in termini di “dipendenza positiva” in relazione ai benefici derivanti dall’attività fisica. Potenziali danni o conseguenze dall’eccessivo esercizio fisico sono stati descritti come infortuni, pattern disfunzionali di alimentazione e perdita delle relazioni sociali (Griffiths, 1997).

Nonostante la mancanza di coerenza della terminologia e dell’approccio di ricerca usato, esistono diverse definizioni e strumenti di misura per la dipendenza da esercizio fisico (Roderique-Davies, Heirene, Mellalieu & Shearer, 2018). Attualmente, la dipendenza da esercizio fisico non esiste tuttavia come diagnosi nell’ICD-10 (World Health Organization, 2004).

Hausenblas e Downs la definiscono come:

un desiderio per l’attività fisica che risulta nell’estremo esercizio e genera sintomi fisiologici (ad es. abuso e tolleranza) e psicologici (ad es. emozioni negative quando inabili all’esercizio) negativi.

A questi autori si deve la realizzazione della Exercise Dependence Scale (EDS) la quale è basata sui criteri diagnostici dell’abuso di sostanza (Hausenblas and Downs, 2002). L’Exercise Addiction Inventory (EAI) è un altro semplice strumento per verificare la dipendenza da esercizio fisico, basato sulle componenti di dipendenza comportamentale spiegate dalla teoria di Brown (Szabo, Griffiths, 2004).

Nell’ambito degli sport estremi è stato indagato anche come skydivers possono esperire, durante periodi di inattività sportiva, aspetti di astinenza quali anedonia e umore negativo simili a quelli osservati in soggetti con dipendenza da sostanze (Franken, Zijlstra and Muris, 2006).

Inoltre, un forte desiderio (craving) e il bisogno di svolgere sport estremi è stato recentemente osservato negli arrampicatori in periodi di astensione dal loro sport: in periodi di inattività è stato possibile osservare esperienze affettive negative e anedonia. Il craving si dimostra quindi centrale nell’esperienza degli arrampicatori: è stato concettualizzato come un forte bisogno di svolgere attività sportiva, relato ad urgenza e compulsione comparabili a quelle osservate in soggetti con dipendenza da sostanze. Alcune misure di tali aspetti potrebbero fornire una maggiore comprensione dei gradi di dipendenza esperiti da atleti che praticano sport estremi in confronto ad altri sport (ad es. surfisti) e attività (ad es. uso di droga). Tali gradi di dipendenza potrebbero essere indagati osservando i livelli di desiderio rispetto alla pratica di attività, gli stati associati (ad es. sintomi di astinenza) e i comportamenti (ad es. eccessivo allenamento e l’incorrere in rischi eccessivi) (Roderique-Davies et al., 2018).

Davies e colleghi hanno svolto due studi per realizzare e validare un questionario multidimensionale finalizzato a misurare il craving in un campione di arrampicatori e alpinisti  (2018): attraverso il Rock Climbing Craving Questionnaire (RCCQ), gli autori hanno confermato l’ipotesi che possano esserci delle similarità concettuali tra il craving per sport estremi e quello per sostanze.

Ad oggi, tuttavia, la mancanza di coerenza nella definizione e negli strumenti di valutazione rende difficile stimare la presenza di dipendenza da esercizio negli sportivi, anche per il fatto che gli studi presenti in letteratura si focalizzano su differenti, e a volte non specifici, tipi di attività sportiva.

Sebbene soggetti con dipendenza da sostanze e soggetti che praticano sport estremi possono fare esperienza di stati psicologici simili, i loro comportamenti sono distinti sul campo della legalità, accettabilità sociale e promozione della salute. Inoltre, l’impatto del coinvolgimento eccessivo in sport estremi può essere meno deteriorante per un individuo a livello personale, sociale e professionale rispetto all’eccessivo uso di sostanze. Infatti, si rende necessario prestare attenzione ad evitare di etichettare come patologici tutti gli atleti di sport estremi, come “dipendenti” che devono essere trattati. L’accettabilità sociale degli sport estremi appare infatti mediata da diversi aspetti, quali ad esempio la possibilità di fare esercizio, sviluppare abilità e soddisfare tratti legati alla ricerca di sensazioni, diventare agenti delle loro emozioni ed esperire libertà, sfida e nuovi ambienti (Roderique-Davies et al., 2018).

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Brown, R. I. F. (1997). A theoretical model of the behavioural addictions–applied to offending. Addicted to crime, 13-65.
  • Brymer, E., & Schweitzer, R. D. (2017). Evoking the ineffable: The phenomenology of extreme sports. Psychology of Consciousness: Theory, Research, and Practice, 4(1), 63.
  • Collins, L. C., Collins, D. J., & Willmott, T. (2018). Periodisation and Self-Regulation in Action Sports: Coping with the Emotional Load. Frontiers in psychology, 9, 1652.
  • Franken, I. H., Zijlstra, C., & Muris, P. (2006). Are nonpharmacological induced rewards related to anhedonia? A study among skydivers. Progress in neuro-psychopharmacology and Biological Psychiatry, 30(2), 297-300.
  • Griffiths, M. (1996). Behavioural addiction: an issue for everybody?. Employee Councelling Today, 8(3), 19-25.
  • Griffiths, M. (1997). Exercise addiction: A case study. Addiction Research, 5, 161–168.
  • Gross, J. J. (2002). Emotion regulation: Affective, cognitive, and social consequences. Psychophysiology, 39(3), 281-291.
  • Hausenblas, H. A., & Downs, D. S. (2002). How much is too much? The development and validation of the exercise dependence scale. Psychology and health, 17(4), 387-404.
  • Roderique-Davies, G., Heirene, R. M., Mellalieu, S., & Shearer, D. A. (2018). Development and initial validation of a rock climbing craving questionnaire (RCCQ). Frontiers in psychology, 9, 204.
  • Szabo, A., & Griffiths, M. D. (2004). The exercise addiction inventory: A new brief screening tool. Addiction research and theory, 12(5), 489-499.
  • Thompson, R. A. (1994). Emotion regulation: A theme in search of definition. Monographs of the society for research in child development, 59(2‐3), 25-52..
  • Woodman, T., Hardy, L., Barlow, M., & Le Scanff, C. (2010). Motives for participation in prolonged engagement high-risk sports: An agentic emotion regulation perspective. Psychology of Sport and Exercise, 11(5), 345-352.
  • World Health Organization. (2004). International statistical classification of diseases and related health problems (Vol. 1). World Health Organization.
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