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I tabù del sesso: disfunzioni sessuali femminili e trattamenti non farmacologici

La terapia cognitivo-comportamentale ha sviluppato tecniche in grado di ottenere risultati positivi nel trattamento delle disfunzioni sessuali femminili.

Di Virginia Armellini

Pubblicato il 05 Feb. 2020

Nonostante i grandi passi avanti, in alcune culture la discussione sulla sessualità e sulle disfunzioni sessuali femminili sembrano essere un tabù. Sembra, però, che queste patologie possano essere trattate con efficacia grazie a tecniche non farmacologiche.

 

Le disfunzioni sessuali femminili sono diffuse e assumono varie forme tra cui la mancanza di desiderio sessuale, l’alterazione dell’eccitazione, l’incapacità di raggiungere l’orgasmo, il dolore associato all’attività sessuale oppure una combinazione di questi problemi. In questi casi si potrebbe verificare una riduzione della lubrificazione vaginale causata dall’alta concentrazione di progesterone, che spesso provoca disagio o dolore durante la penetrazione (Yıldız, 2015).

La disfunzione sessuale femminile potrebbe avvenire in qualsiasi momento della vita di una donna, ma è particolarmente frequente nei momenti successivi al parto. Il post-partum, infatti, è un periodo caratterizzato da cambiamenti fisici ed emotivi, che riguardano sia la donna che le relazioni sociali, in particolare quella di coppia. La disfunzione sessuale nel periodo post-partum è un problema clinico comune e rilevante che può avere un impatto significativo sulla salute delle donne. Di conseguenza, dopo il parto, anche la sessualità della coppia si modifica. Durante questa fase di transizione, la vita sessuale può migliorare o sperimentare cambiamenti che incidono negativamente sulla salute fisica e psicologica della coppia, ma il parto può anche costituire un momento emozionante per sviluppare una nuova prospettiva sulla sessualità (Monteiro et al., 2016).

I disturbi sessuali possono essere complessi e il loro trattamento può richiedere tempo e competenze specifiche. La gestione della disfunzione sessuale segue un approccio centrato sul paziente; dopo la valutazione della condizione, la comprensione dei problemi di relazione e lo screening per la conoscenza sessuale del paziente, viene ipotizzata una possibile base eziologica della disfunzione, la quale può essere puramente organica, di origine psicologica o entrambe. Le terapie non farmacologiche (Choudhury, Kumari, Sawhney, 2019) come la terapia sessuale e di coppia, gli esercizi del pavimento pelvico, la psicoterapia, i cambiamenti nello stile di vita, il miglioramento dell’immagine corporea e l’uso di lubrificanti vaginali e idratanti sono estremamente importanti. La maggior parte delle terapie influisce su diversi aspetti della sessualità; pertanto, non è generalmente possibile identificare un problema isolato e selezionare una terapia che si rivolga specificatamente a tale problema (Barbara et al., 2016; Wiegel, Meston, Rosen, 2005). Tuttavia, oltre a questi interventi specifici, le misure generali per il trattamento della disfunzione sessuale femminile includono l’educazione sessuale e l’allenamento al rilassamento: queste sembrano risultare utili in tutti i casi, indipendentemente dal tipo di disfunzione, per ridurre l’ansia e normalizzare l’esperienza.

Avasthi e Banerjee (2002) hanno indicato alcuni elementi importanti nella relazione sessuale della coppia, includendo istruzioni sulla masturbazione e sfatando alcuni dei più comuni miti sessuali che impediscono alla coppia e alla persona di vivere serenamente la propria vita sessuale. Tra le indicazioni principali sono incluse:

  • Conoscere l’importanza del tempismo dell’attività sessuale;
  • Come dire di no al partner e come accettare il rifiuto da un partner con garbo e senza insulti;
  • Aiutare le persone timide ad iniziare il sesso;
  • Incoraggiare i pazienti ad esprimere i loro bisogni e il tipo di stimolazione che preferiscono prima e dopo l’orgasmo;
  • Aiutarli a riconoscere e sperimentare orgasmi multipli.

I miti da sfatare:

  • Le donne non dovrebbero iniziare il sesso poiché gli uomini dovrebbero essere il leader e gli iniziatori;
  • La donna non dovrebbe godere del sesso e non dovrebbe masturbarsi;
  • Una donna non dovrebbe mai dire di no quando il suo partner le si avvicina per fare sesso;
  • Tutti i contatti fisici dovrebbero portare al sesso e il sesso significa rapporto sessuale;
  • Il buon sesso porta sempre a orgasmi “selvaggi”;
  • Se il sesso non è buono, implica che la relazione ha dei problemi.

Sono stati evidenziati dei risultati positivi e significativi con la terapia cognitivo-comportamentale, la quale mira a migliorare inizialmente il comportamento affettivo non sessuale e successivamente introduce un comportamento sessuale accettabile da entrambi i partner. Inoltre, fornisce meccanismi di coping per risolvere i problemi relazionali sottostanti e prevede esercizi di intimità sessuale, attenzione sensoriale, formazione sulle abilità comunicative, formazione sulle abilità emotive, formazione sul rinforzo, ristrutturazione cognitiva, formazione sulla fantasia sessuale e terapia di gruppo in coppia.

Di seguito un approfondimento di alcuni disturbi sessuali specifici e i rispettivi trattamenti non farmacologici, con un’attenzione particolare al vaginismo.

Il Disturbo da Eccitazione Sessuale è caratterizzato da una mancanza/assenza di fantasie sessuali e di desiderio di attività sessuale in una situazione che normalmente produrrebbe eccitazione sessuale, oppure dall’incapacità di ottenere/mantenere le risposte tipiche all’eccitazione sessuale.

Il Disturbo da Avversione Sessuale è definito come un’avversione estrema persistente e ricorrente, ed evitamento, totale o quasi, del contatto sessuale genitale con un partner, il quale causa angoscia o difficoltà interpersonali. In questo caso dovrebbe essere effettuata una valutazione dettagliata di eventuali traumi, abusi sessuali ed eventuali difficoltà interpersonali relazionali. I trattamenti più efficaci sono la terapia cognitivo-comportamentale mediante esposizione progressiva a stimoli temuti, la terapia individuale e di coppia e misure comportamentali generali come rilassamento, l’educazione sessuale, la chiarezza dei miti e attenzione sensoriale.

Il disturbo orgasmico femminile è la difficoltà o l’incapacità di una donna di raggiungere l’orgasmo durante la stimolazione sessuale, mentre la dispareunia è un dolore che la donna avverte nell’area della vagina o della pelvi durante un rapporto sessuale.

Il vaginismo, infine, denota un disturbo sessuale che consiste nello spasmo involontario della muscolatura vaginale che ostacola la penetrazione; la donna affetta da vaginismo trova difficoltà nell’accettare l’atto sessuale, nonostante il desiderio di farlo. Probabilmente, il vaginismo riflette condizioni psicologiche nascoste o represse della donna, poiché essa associa il dolore e la paura al rapporto sessuale, legati anche ad una notevole, e talvolta immotivata, fobia della penetrazione.

Uno studio recente mira a presentare le conseguenze biopsicosociali del vaginismo nella vita delle donne. Il metodo utilizzato è una revisione sistematica della letteratura esistente, dalla prima pubblicazione all’ultima (2019). Sulla base dei risultati dei diversi studi, è possibile affermare che le donne affette da vaginismo hanno problemi nella sfera dell’identità personale, psicologica e riproduttiva. Nello specifico, le donne con questa patologia incontrano maggiori probabilità di riscontrare un aumento del taglio cesareo e problemi di fertilità; inoltre, sono riluttanti a cercare servizi di assistenza sanitaria, soprattutto a casa della paura dell’esame ginecologico. La percezione negativa di sé, invece, influenza i livelli di autostima e questo causa, di conseguenza, una possibile insorgenza di disturbi psichiatrici (es. depressione). Inoltre, lo studio afferma che l’ansia generale e specifica della penetrazione sono correlate al vaginismo, quindi, le donne con questo disturbo soffrono di forte ansia per la penetrazione. Infine, è dimostrato che la terapia dovrebbe includere interventi sia individuali che di coppia e dovrebbe concentrarsi sui disturbi psicologici di base piuttosto che esclusivamente sui rapporti sessuali. La terapia cognitivo-comportamentale sembra essere il trattamento con gli effetti più positivi e benefici nelle donne; ma è essenziale includere anche la correzione di qualsiasi atteggiamento negativo nei confronti del sesso e la promozione di un atteggiamento positivo nei confronti degli organi sessuali, educazione sessuale ed esercizi dei muscoli pelvici.

I fattori, oltre il parto, che possono contribuire alla disfunzione sessuale post-partum comprendono il trauma perineale (chirurgico o non chirurgico), il parto cesareo di emergenza o il parto vaginale operativo.

Nonostante i grandi passi avanti, in alcune culture la discussione sulla sessualità femminile e le disfunzioni sessuali sembrano essere un tabù. Inoltre, vi è comunque ancora una forte necessità di eseguire diversi studi in questo settore per trovare altri mezzi efficaci per la gestione delle disfunzioni sessuali femminili.

 

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