Si stima che in Italia, ogni anno, vengano impiantate più di 10.000 protesi mammarie, tuttavia esiste una certa diffidenza verso questo dispositivo. Tali sentimenti negativi sono legali al primo caso delle protesi difettose scoppiato in Francia nel 2011. A far precipitare nel panico centinaia di migliaia di donne in tutto il mondo è stata la decisione di richiamare 30mila donne portatrici di protesi per rimuovere, in via cautelativa, gli impianti.
Stefano Giudici, Ilaria Bagnulo, Alessandro Toccafondi, Marco Tanini
Il 16 ottobre si è celebrato il ‘Bra Day 2019’ (Breast reconstruction awareness Day), la giornata internazionale per la consapevolezza sulla ricostruzione mammaria, a cura di Beautiful After Breast Cancer Italia Onlus e della Società Italiana di chirurgia plastica, ricostruttiva-rigenerativa ed estetica (Sicpre). Scopo dell’iniziativa è stato quello di informare adeguatamente le donne che si devono sottoporre a chirurgia della mammella contro l’allarmismo diffuso sulla possibilità che le protesi mammarie possano far insorgere un raro tipo di neoplasia.
L’ immagine corporea
La percezione del proprio corpo è una fonte essenziale di autocoscienza e identità personale e contribuisce alla regolazione del comportamento ed al mantenimento della salute fisica e mentale (Adriano Mauro E 2019).
Dall’inizio di questo secolo il corpo come rappresentazione, cosiddetto “corpo virtuale”, ha cominciato ad essere sempre più oggetto di studio da parte di discipline molto diverse fra loro. Dagli svariati studi effettuati: psichiatrici (Kolb L 1953, Schoenfeld W.A 1966), psicosociali, (Garner D. 1980), psicodinamici (Federn P. 1952), neurologici, (Casper RC. 1979), sociologici (Galimberti U 1983), sono emersi teorie e concetti in parte sovrapponibili, come ad esempio l’idea di corpo percepito, corpo rappresentato, corpo situato, corpo vissuto, corpo identificato, percezione corporea, corpo erogeno, corpo fantasmatico, confini corporei, immagine corporea, immagine posturale, idea di corpo e schema corporeo.
È Schilder a coniare, nel 1935, l’espressione immagine corporea, definendola come: l’immagine del nostro corpo che ci formiamo nella mente, e cioè il modo in cui il corpo appare a noi stessi (Schilder, 1935). Si tratta del primo tentativo di integrare l’aspetto fisiologico e neurologico relativo allo schema corporeo con l’aspetto più psicologico: la rappresentazione del corpo non è più quella descritta dall’anatomia, bensì risulta dall’esperienza dell’individuo nella sua interazione con l’ambiente. Nel 1988, Slade definisce l’immagine corporea come l’immagine che abbiamo nella nostra mente della forma, dimensione, taglia del nostro corpo e i sentimenti che proviamo rispetto a queste caratteristiche e rispetto alle singole parti del nostro corpo, vale a dire la rappresentazione soggettiva che ogni persona ha del proprio corpo.
In questo senso l’immagine corporea, quale fonte fortemente connotante del concetto di sé, della propria connotazione sessuale e del concetto di bellezza può essere alterata a causa di malattie, traumi o interventi chirurgici che generano un’improvvisa e significativa modifica al proprio corpo (Giambra V. 2016).
Il sostegno alla corretta informazione
Il 16 ottobre si celebra il BRA Day, la Giornata internazionale per la consapevolezza della ricostruzione mammaria (Breast Reconstruction Awareness Day), in questo contesto è stato presentato il manifesto ‘Donna x donna’, un’iniziativa per informare correttamente le donne sullo stato dell’arte della ricostruzione mammaria e diffondere notizie corrette a fronte di allarmismi circa le protesi al silicone.
La dimensione del fenomeno
Si stima che in Italia, ogni anno, vengano impiantate più di 10.000 protesi mammarie, tuttavia esiste una certa diffidenza verso questo dispositivo. Tali sentimenti negativi sono legali al primo caso delle protesi difettose scoppiato in Francia nel 2011. A far precipitare nel panico centinaia di migliaia di donne in tutto il mondo è stata la decisione transalpina di richiamare 30mila donne portatrici di protesi per rimuovere, in via cautelativa, gli impianti.
Il linfoma anaplastico a grandi cellule
Il motivo di allarme è dovuto ad una rarissima forma neoplastica, il linfoma anaplastico a grandi cellule (Alcl) legato, appunto, all’impianto delle protesi mammarie.
Si tratta di una rara forma di neoplasia a prognosi favorevole, se diagnosticata precocemente.
In base a quanto raccolto dal database del Ministero della Salute Italiano, negli ultimi 8 anni sono stati registrati 41 casi di Alcl su 411.000 protesi impiantate. Questo vuol dire che il rischio di ammalarsi di Alcl è dello 0,001%.
Sono circa 35.000 le donne che, ogni anno, in Italia si sottopongono a un impianto di protesi mammaria: il 63% con finalità estetiche, il 37% ricostruttive. Tale fenomeno è monitorato dal Ministero della Salute che ha attivato un Registro nazionale di questi dispositivi impiantabili, e a breve diverrà obbligatorio segnalare a questo ogni impianto di protesi mammaria. (Ministero Salute).
Il linfoma anaplastico a grandi cellule, oltre ad essere una forma estremamente rara è anche risolvibile se affrontato in tempo. Di solito è sufficiente rimuovere la protesi e la capsula fibrosa che si forma intorno ad essa. La sola terapia chirurgica di solito è risolutiva.
Le protesi che maggiormente si associano all’insorgenza di questa patologia sono quelle “testurizzate”, ovvero con la superficie ruvida anziché liscia, tuttavia questo dato non è certo perché in alcuni casi di insorgenza della neoplasia si è provveduto alla rimozione della protesi senza segnalare di quale tipo si trattasse.
Il fenomeno è comunque estremamente raro, tanto che la FDA americana non ha ritenuto di dover ritirare le protesi “ruvide” come invece è avvenuto in Francia.
L’ allarmismo che si è diffuso a causa di queste notizie ha spinto Beautiful After Breast Cancer Italia Onlus insieme alla Società Italiana di chirurgia plastica, ricostruttiva-rigenerativa ed estetica (Sicpre) ad elaborare un manifesto informativo per informare correttamente le donne che devono essere sottoposte a chirurgia della mammella.
Conclusioni
Le emozioni che si scatenano a seguito di una diagnosi che ancora oggi fa molta paura, come quella del cancro al seno, sono molteplici e spesso molto intense. La chirurgia della mammella, sebbene negli anni sia divenuta molto meno demolitiva, può ledere in maniera profonda l’autoimmagine femminile della donna. Oltre ad una diminuzione di invasività della chirurgia, si è ottenuto un netto miglioramento delle tecniche ricostruttive sul piano dell’outcome estetico.
È importante informare adeguatamente le donne candidate alla chirurgia in modo da poterle tranquillizzare e consentirgli di fare una scelta consapevole sul sottoporsi o meno a tecniche di chirurgia ricostruttiva