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Binge drinking: un’inversione di trend tra gli adolescenti americani

Nonostante il decremento dell'abuso di alcool tra gli adolescenti, si sta assistendo a un aumento dei sintomi depressivi che si pensava vi fossero associati

Di Giulia Samoré

Pubblicato il 25 Nov. 2019

I risultati di alcuni recenti studi sul binge drinking e la depressione sottolineano la necessità di ripensare al concetto di comorbidità tra l’abuso di alcool e i sintomi depressivi, aprendosi alla possibilità che vi siano momenti critici nell’arco di vita nei quali tale associazione risulti più o meno forte.

 

Le nostre società sono in perenne mutamento e con esse cambiano le problematiche alle quali ogni individuo è chiamato a rispondere con conseguenze prevedibili sulla sua salute mentale e sul benessere generale. Tuttavia, evidenze sempre maggiori riportano come gli ultimi anni abbiano registrato un sensibile aumento dei sintomi depressivi nella popolazione mondiale e in particolare, per quanto riguarda gli adolescenti si è passati da un’incidenza dell’8,7%, riscontrata nel 2005, ad un allarmante 12,5%, registrato nel 2015 (Mojtabai, Olfson& Han, 2016). Similarmente, dopo il 2009 vi è stato un incremento dei pensieri suicidari, che aveva invece registrato un trend discendente nella decade tra il 1990 e i primi anni 2000, aumentando parallelamente il numero di suicidi portati a compimento.

Storicamente, è nota un’associazione tra l’abuso di alcool ed i sintomi depressivi (Pirkola et al., 1999; Foley et al., 2006) la cui direzionalità non è ancora stata adeguatamente chiarita: da un lato è possibile che gli adolescenti facciano uso di alcool come mezzo di auto-medicazione per gestire i sintomi depressivi, al contrario potrebbe invece essere proprio l’abuso di alcool ad esacerbare i sintomi depressivi.

Tuttavia, al netto di un costante aumento nei casi di depressione maggiore riscontrati tra i più giovani, si è assistito nelle ultime decadi ad un costante decremento nella tendenza degli adolescenti verso l’abuso di alcool (Miech, 2018), al contrario di quanto invece sta accadendo nella popolazione adulta, nella quale sintomi depressivi e binge drinking sono in crescita costante (Grant et al., 2017).

Possiamo ipotizzare due possibili spiegazioni: anche se il numero dei bevitori tra gli adolescenti è calato, è possibile che i binge-drinker rimanenti possano soffrire maggiormente di sintomi depressivi, puntando quindi verso un irrobustimento della connessione tra i due fenomeni. Alternativamente, è possibile che stia intervenendo nel tempo una progressiva dissociazione tra di essi, in tal caso sarebbe plausibile attribuire l’aumento dei sintomi depressivi ad altri fattori di rischio, magari meno incidenti in un’epoca diversa (come ad esempio il cyberbullismo). Inoltre, si è notato come il modificarsi dei trend che hanno contraddistinto le decadi precedenti sia avvenuto a ritmi diversi in differenti gruppi demografici: ad esempio le ragazze sono state quelle maggiormente interessate dall’aumento dei sintomi depressivi, mentre sono i ragazzi quelli che hanno visto il decremento più rapido nelle condotte di abuso di alcolici.

Keyes e colleghi (2019) hanno condotto delle analisi statistiche sui dati raccolti tra gli anni 1991 e 2018 nel contesto di uno studio longitudinale circa il consumo di droghe (MTF – Monitoring The Future studies), al quale hanno partecipato un campione estremamente vasto di adolescenti americani all’ultimo anno di scuola superiore (16-17 anni di età), per un totale di 68670 ragazzi. In primo luogo, è stato loro chiesto di rispondere a quattro item volti a cogliere la presenza di sintomi depressivi, secondariamente si è attestata la frequenza degli episodi di binge drinking nell’arco delle due settimane precedenti, definiti come l’aver bevuto 5 o più bevande alcoliche consecutivamente, infine si sono rilevati alcuni dati demografici come il sesso, il livello di scolarità dei genitori e l’etnia di appartenenza.

Le analisi compiute sul campione hanno confermato il trend discendente nell’abuso di alcolici tra i giovani, registrando un calo costante tra il 1997 (21,73%) e il 2018 (7,96%); i sintomi depressivi non hanno purtroppo seguito una decrescita equivalente, vedendo anzi la percentuale degli adolescenti coinvolti salire dall’8,02% registrato nel 2014 ad un 8,86% nel 2018. Le analisi di regressione lineare hanno evidenziato come nel 1991 i ragazzi che sperimentavano maggiormente i sintomi depressivi avessero probabilità di 1.74 volte superiori dei coetanei non depressi di tenere condotte di abuso di alcolici, però nel 2018 tale probabilità era calata a 1.46.

In relazione al genere e nel corso dei diversi anni, sono emerse delle differenze tra i due sessi: se nel 1991 la forza della relazione tra i due fenomeni era nella popolazione maschile di 1.7, rimanendo in positivo negli anni successivi, dopo il 2009 tale relazione diviene non significativa; per le ragazze invece, tale indice si è attestato sull’1.70 fino al 1995, iniziando a calare fino a diventare nulla solo dopo il 2016.

Anche il livello di istruzione genitoriale sembra assumere un peso diverso negli anni considerati, infatti il momento in cui la forza della relazione tra il binge drinking e i sintomi depressivi è risultata maggiore è stato il 1991 per coloro i cui genitori avessero un basso livello di istruzione, lo stesso accadeva nel 1997 per i figli di genitori con una maggiore scolarità. La relazione tra i due fenomeni perde il suo valore nel 2010 per quelli con i genitori meno scolarizzati e solo dopo il 2016 per i figli di individui con un alto livello di istruzione.

Da ultimo, nel considerare l’etnia di appartenenza si è riscontrato come nel 2001 si sia registrato il momento di correlazione maggiore tra abuso di alcol e sintomi depressivi per quanto riguarda i ragazzi di razza caucasica, digradando poi progressivamente ed in particolare dopo il 2016. Tra gli studenti Afroamericani la relazione ha avuto forza maggiore nel 1991, diventando non significativa solo dopo il 2006, mentre tra gli ispanici essa risulta essere nulla sia tra gli anni 2000 e 2009 che tra il 2017 e il 2018, dopo aver registrato il suo picco massimo nel 1995.

I risultati ottenuti da Keyes e colleghi (2019) sottolineano la necessità di ripensare al concetto di comorbidità tra l’abuso di alcool e i sintomi depressivi, se non per ridimensionare la relazione tra i due fenomeni, quantomeno aprendosi alla possibilità che vi siano momenti critici nell’arco di vita nei quali tale associazione risulti più o meno forte, come ad esempio dimostrato dalle differenze riscontrate tra gli adulti e gli adolescenti. Inoltre, è noto come i pattern di abuso di sostanze in età precoce siano altamente predittivi per lo sviluppo di una dipendenza in età adulta, in tal senso cogliere i periodi critici e le peculiarità legate ad ogni fase di vita permetterebbe ai professionisti della salute di ideare interventi preventivi mirati, così come percorsi riabilitativi che tengano conto di tali differenze.

 

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