Le persone che soffrono di Sindrome Premestruale, specialmente quelle che hanno una vulnerabilità per la depressione, potrebbero sviluppare un vero e proprio disturbo disforico premestruale, con tutte le conseguenze che questo comporta..
“Non è colpa mia, sono gli ormoni!”. Sottotitolato: non puoi lamentarti del mio umore e, soprattutto, non provare per nessuna ragione a darmi la colpa!
Essere Donne è una scuola di sangue: tutti i mesi offriamo a noi stesse il suo spettacolo odioso (Oriana Fallaci)
E così, care donne, ce la caviamo e usciamo più o meno illese da giorni particolari, in cui ci eravamo trasformate in un pericoloso incrocio tra un T-Rex e Bambi abbandonato sul ciglio della strada, con qualche tratto di Signorina Rottermeier.
Sindrome premestruale: cos’è, al di là di falsi miti
Durante queste settimane di “metamorfosi”, mentre noi donne cerchiamo di combattere gli sbalzi ormonali, è possibile assistere a una vera e propria selezione naturale. Alcuni dei nostri conoscenti non sopravvivono a più di due/tre cicli mestruali, altri riconoscono la “trasformazione” da lontano e ci evitano come la peste; poi ci sono le peggiori vittime, spesso i partner o i genitori, che sviluppano straordinarie abilità di sopravvivenza.
Ma siamo proprio sicure che sia tutta colpa degli ormoni? E soprattutto, quando si può parlare realmente di Sindrome Premestruale? Care donne, mi dispiace per tutte noi ma sembra proprio che gli sbalzi ormonali non bastino più per giustificare i nostri scoppi di rabbia o i nostri pianti isterici…
In questo breve articolo cercheremo quindi di fare un po’ di chiarezza sulla Sindrome Premestruale, smascherando falsi miti e credenze erronee per aiutare le donne, ma anche gli uomini, ad affrontare con maggiore consapevolezza questo fenomeno.
Prima di iniziare a parlare di miti e credenze, è bene fare un’opportuna distinzione tra la più conosciuta Sindrome Premestruale (SP) e il Disturbo Disforico Premestruale (DDP).
Il Disturbo Disforico Premestruale è caratterizzato da irritabilità, labilità dell’umore, ansia e umore marcatamente depresso. Questi sintomi si verificano precedentemente alla fase mestruale del ciclo (intorno ai 9 giorni precedenti) e terminano subito dopo la sua comparsa. Essi comportano cambiamenti psicologici e fisici e, per poter fare diagnosi, si devono verificare nella maggior parte dei cicli durante l’ultimo anno e causare un distress sociale-lavorativo significativo. I sintomi possono riguardare anche un diminuito interesse per le attività abituali, difficoltà di concentrazione, letargia e facile faticabilità, modificazioni nell’appetito, modificazioni del ciclo del sonno, sensazione di perdita di controllo e sintomi fisici come dolore al seno o dolori muscolari (APA, 2014).
Per poter fare diagnosi di DDP, inoltre, è necessario che si verifichino almeno cinque sintomi tra quelli precedentemente elencati. Questi non devono essere l’esacerbazione di un altro disturbo (come un disturbo depressivo maggiore, un disturbo di panico o un disturbo di personalità) e non devono essere altresì attribuibili agli effetti fisiologici di una sostanza o di una condizione medica. Nel caso non si raggiunga tale criterio di numerosità, o nel caso in cui l’intensità della sintomatologia sia più lieve, si parla di Sindrome Premestruale (APA, 2014).
Sindrome Premestruale e del Disturbo Disforico Premestruale: cosa ci dicono i dati
Tutte le donne soffrono di Sindorme Premestruale o Disturbo Disforico Premestruale? No!
L’85% delle donne in età riproduttiva presenterebbe una lieve e facilmente gestibile sintomatologia premestruale; il 20-25% presenterebbe invece una sintomatologia più severa tale da poter fare diagnosi di Sindrome Premestruale; infine solo il restante 5% soddisferebbe i criteri per un vero e proprio Disturbo Disforico Premestruale, con importanti conseguenze nella propria vita quotidiana, relazionale e lavorativa (Di Scalea e Pearlstein, 2017).
Le donne che soffrono di tali disturbi, infatti, andrebbero ad affrontare notevoli perdite economiche dovute all’aumentato assenteismo al lavoro, ad una diminuita produttività e una maggiore ricerca di sostegno sanitario (Ducasse et al., 2016).
La Sindrome Premestruale si conclude prima dell’inizio del ciclo? Si!
Nonostante il prefisso “pre” indichi chiaramente che i sintomi si manifestino prima del ciclo mestruale, molte donne confondono alcuni sintomi che compaiono durante la mestruazione (come irritabilità, gonfiore, faticabilità e alterazione dell’appetito) con la Sindrome Premestruale. Tuttavia, come già specificato, i sintomi si manifestano nella fase luteale del ciclo mestruale: tendenzialmente peggiorano una settimana prima e raggiungono il picco circa i due giorni precedenti l’inizio del ciclo; inoltre la durata della sintomatologia varia da donna a donna e va da un minimo di qualche giorno a un massimo di due settimane (Ryu e Kim, 2015).
Sindrome premestruale: sono tutte scuse? No!
Le persone che soffrono di Sindrome Premestruale, specialmente quelle che hanno una vulnerabilità per la depressione, potrebbero sviluppare un vero e proprio disturbo disforico premestruale, con tutte le conseguenze che questo comporta (Ducasse et al., 2016).
Inoltre, nonostante i risultati presenti in letteratura siano ancora controversi, alcune ricerche mostrano una relazione significativa tra il Disturbo Disforico Premestruale e tentativi di suicidio (Shams-Alizadeh et al., 2018; Pilver, Libby e Hoff, 2013).
In generale la ricerca è concorde nel riconoscere l’alta comorbilità con altri disturbi psicopatologici come i disturbi dell’umore (31%) e i disturbi d’ansia (25%) (Ducasse et al., 2016).
Sindrome premestruale e ormoni
Sindrome premestruale: è solo una questione di ormoni? No!
Le fluttuazioni ormonali, sebbene vengano considerate una componente chiave nella patogenesi del Disturbo Disforico Premestruale, non possono essere considerate l’unica causa degli sbalzi d’umore e degli altri sintomi della Sindrome Premestruale. Nonostante le donne con Disturbo Disforico Premestruale risultino ipersensibili ai cambiamenti ormonali normali che si verificano durante il ciclo mestruale, l’eziologia di tali disturbi rimane ancora non chiara (Ryu e Kim, 2015). I fattori biologici, come appunto i cambiamenti ormonali o alcuni aspetti genetici, non sembrano essere sufficienti per spiegare i disturbi premestruali (Eggert et al., 2016).
Alcuni teorici sottolineano, per esempio, il ruolo di fattori sociali come la religione, le credenze culturali sul ciclo mestruale, le condizioni socio-economiche e il contesto nel quale vive la donna (Elyasi e Zendehdel, 2018). Infatti il modo in cui le donne appartenenti a culture diverse sperimentano fluttuazioni dell’umore durante il ciclo mestruale, varia in modo significativo da paese a paese (Eissa, 2010).
Sebbene le spiegazioni psicologiche risultino ancora controverse, secondo alcuni ricercatori i disturbi premestruali sarebbero associati a particolari tratti di personalità.
Eissa (2010), per esempio, sottolinea la relazione tra il perfezionismo e la Sindrome Premestruale, ma trova correlazioni soltanto con i sintomi fisici e non quelli psicologici.
Nel 2016, invece, Eggert e collaboratori hanno dimostrato che le donne con Sindrome Premestruale, a differenza del gruppo di controllo, mostrava significative difficoltà nella regolazione delle emozioni. Sempre a proposito di emozioni, sembrerebbe che donne con alti livelli di rabbia corrano un rischio maggiore di soffrire di Sindrome Premestruale o di Disturbo Disforico Premestruale (Ducasse, 2016).
Sebbene la letteratura non abbia ancora chiara l’eziologia di tali disturbi, questi risultati lasciano spazio ad un’interpretazione bio-psico-sociale del fenomeno (Eissa, 2010).
“Sono fatta così, non ci posso fare niente!” Falso!
Anche nelle situazioni meno critiche, in cui la sintomatologia è lieve, si possono avere degli accorgimenti che possono portare effetti benefici e migliorare la nostra routine nel periodo premestruale.
Innanzitutto, semplici modifiche al nostro stile di vita possono aiutare ad alleviare i sintomi premestruali. Per esempio, svolgere attività aerobica regolare (come pilates, camminata veloce o corsetta leggera), cercare di mantenere una buona regolarità del sonno, aumentare il consumo di carboidrati complessi (come pasta, pane e tuberi) e assumere carbonato di calcio, potrebbe già alleviare i sintomi premestruali (Ryu e Kim, 2015). Inoltre, diventare più consapevoli delle situazioni che favoriscono il nostro stress e cercare di modificarle, sembrerebbe avere un ruolo fondamentale per il benessere premestruale (Ryu e Kim, 2015).
Un ulteriore aiuto potrebbe arrivare dall’erboristeria e in particolare, dall’utilizzo dell’agnocasto (detto anche “pepe falso” o “pepe del monaco”). Questa pianta officinale, infatti, ridurrebbe l’emissione di estrogeni, progesterone e prolattina, diminuendo di conseguenza i sintomi fisici del disturbo premestruale. I sintomi fisici, inoltre, potrebbero essere ridotti anche utilizzando contraccettivi orali come per esempio l’estradiolo e il drospirenone (Ryu e Kim, 2015).
Nei casi di Disturbo Disforico Premestruale e in generale nelle situazioni in cui la sintomatologia è grave e invalidante, la letteratura consiglia un trattamento farmacologico o psicoterapeutico.
Riguardo al trattamento psicoterapeutico, la maggior parte degli studi fa riferimento alla terapia cognitivo comportamentale: la persona può imparare ad utilizzare nuove strategie di coping e diventare più consapevole dei propri pensieri e delle proprie emozioni (Hantsoo e Epperson, 2015; Ryu e Kim, 2015).
A livello farmacologico, invece, il trattamento di elezione è rappresentato dagli antidepressivi SSRIs (Ryu e Kim, 2015).
Poiché i disturbi premestruali derivano dall’interazione tra fattori biologici, psicologici e sociali, anche il trattamento dovrebbe integrare interventi terapeutici con interventi psicoeducativi e di sostegno.
Alcune ricerche, per esempio, hanno mostrato che un buon rapporto con la madre e la percezione di avere un buon supporto sociale da parte di familiari e partner, modera l’impatto dei sintomi premestruali soprattutto nelle donne con alti livelli di perfezionismo (Haywood, Slade e King, 2007). Allo stesso modo, una mancanza di supporto sociale sembrerebbe aggravare la sintomatologia (Eissa, 2010).