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Il trattamento dei disturbi di personalità con la Terapia Metacognitiva Interpersonale – Report dal convegno

Il convegno ha ospitato i contributi di diversi approcci, tutti volti ad una maggior comprensione e trattamento dei Disturbi di Personalità

Di Virginia Valentino

Pubblicato il 09 Lug. 2019

Quando si partecipa ad una giornata di formazione targata TMI, c’è la consapevolezza di tornare a casa più ricchi di quanto si è partiti.

 

E quando tra i relatori si leggono nomi come Dimaggio, Gazzillo, Salvatore, sappiamo che saranno davvero tante le cose che porteremo a casa.

L’evento dello scorso 14 giugno si apre con Raffaele Popolo che saluta, introduce i lavori e presenta Carmelo La Mela che ci parla dei Sistemi Motivazionali e ci fa pensare a quel famoso bisogno o desiderio (wish, nella lingua della TMI) che apre le danze delle nostre interazioni interpersonali.

Control Master Theory e farmacologia al convegno

Cooperazione, autonomia, rango sociale, attaccamento sono solo alcune delle motivazioni umane. Molto interessante la considerazione secondo cui ogni SMI ha un proprio scopo in termini evolutivi, emozioni che ne rappresentano l’attivazione o la disattivazione e una strategia che si traduce nel sistema operativo interno che coordina tutta l’esperienza. Segue Francesco Gazzillo, stimolante come sempre. Ascolto uno degli episodi clinici che condivide con noi e non ho potuto fare a meno di rappresentarmi quell’attimo, tra lui e quella precisa paziente, come ricco di significati.

Gazzillo descrive i test secondo il modello della Control Mastery Theory ed apre un mondo di considerazioni sulla relazione tra paziente e terapeuta. Più tardi risponderà ad un intervento in cui dirà come “essere sè stessi è la condizione principale della terapia”. In effetti i test, che hanno l’obiettivo di disconfermare le credenze patogene, anche se in parte esse risultano essere adattive in considerazione delle circostanze in cui si sono create, possono essere di diversi tipi: test di transfert, associati a compiacenza o ribellione, test di capovolgimento da passivo in attivo e test osservativi. L’importanza del test sta nel fatto che, se il terapeuta riesce a superarlo, il paziente si sente maggiormente ingaggiato nella terapia e si impegna in operazioni pro plan. In tal senso, sostenere un test richiede apertura, autenticità e capacità di sintonizzazione.

La prima sessione si conclude con Iazzetta e la riflessione sul trattamento farmacologico nei disturbi di personalità, osservando come ogni meccanismo d’azione del singolo farmaco, in base al proprio principio di base, può avere degli effetti su più fattori che, interagendo tra loro, giustificano la patologia. Per il cambiamento è indispensabile la combinazione tra trattamento farmacologico e psicoterapia in alcuni casi. Questo dato è supportato dall’evidenza che il disturbo di personalità rappresenta un funzionamento complesso che chiama in gioco vari livelli della persona, in linea con il nuovo modello interpretativo del DSM 5.

Break, saluti, incontri con colleghi e amici e poi si riprendono i lavori.

Embodied Cognition, tecniche esperienziali e rescripting

Giancarlo Dimaggio, con il suo intervento, ci introduce le tecniche esperienziali ed i rescrpiting, un lavoro che va ben più in là del livello cognitivo. Ormai è cosa ben nota che, oltre alla rappresentazione cognitiva degli schemi, vi è quella procedurale, emotiva, incarnata che, assieme a quella immaginativa, giustificano la necessità di un intervento terapeutico che risponde a tale dinamicità, in direzione della zona di sviluppo prossimale. Ecco che allora comprendiamo meglio le tecniche immaginative e corporee, presentate da Antonella Centonze. La mente accede alle immagini mentali e le rielabora. In tal senso il terapeuta riattiva la scena nella mente del paziente e ne riscrive la componente incarnata. Nel fare questo è come se il corpo si attivasse in direzione del proprio wish, modificando la parte somatica e motoria dello schema. Solo successivamente ci può essere uno spazio per un’argomentazione a livello cognitivo: il lavoro bottom-up non ha urgenza di un pensiero troppo ragionato! A tal proposito le tecniche descritte da Antonella, con tanto di teoria che ne giustifica l’impiego (ad esempio Embodied Cognition e studi sul sistema mirror), ci vengono in aiuto nel comprendere prima la bidirezionalità che esiste tra corpo e mente e, successivamente, nel pianificare un intervento che modifichi l’assetto scheletrico e muscolare delle nostre azioni.

Grazie all’azione sul corpo possiamo fare varie cose: modificare aspetti procedurali, regolare l’arousal, identificare segnali enterocettivi, promuovere il cambiamento e molto altro. Basti pensare a quello che succede assumendo una posizione di forza o di espansione. Riceviamo una dimostrazione in real time quando Dimaggio racconta di un caso clinico e di come l’assumere una certa posizione abbia aiutato il paziente. Il modo migliore per descrivere la posizione è quella di ricordare il Re della Notte quando risveglia il suo esercito di Estranei e di non-morti nel Trono di Spade. Giancarlo Dimaggio la mima davvero e, nello stesso momento in cui la stava rappresentando, avevamo già costruito una nuova immagine nella nostra mente: “Dimaggio- The Night King”, pelle d’oca, freddo intorno, Estranei ovunque con occhi scintillanti, corpo che si prepara all’azione. Epico, un momento epico, da scrivere nelle cronache del ghiaccio e del fuoco…ehm, no, meglio nelle cronache della TMI. Quasi quasi dispiace un po’ per i non-nerd di Games of Thrones!

Quello che emerge da questa sessione è la necessità di una strutturazione dell’intervento che, in linea con l’albero decisionale, favorisce un cambiamento a partire da una solida formulazione del caso ed utilizzando le tecniche immaginative, corporee, esperienziali che spingono il paziente oltre il limite che lo schema definisce, avendo sempre l’occhio attento alla relazione terapeutica. A tal proposito Dimaggio chiarisce come, fondamentalmente, la terapia abbia lo scopo di costruire nuove rappresentazioni del mondo, di sé stessi e degli altri; per fare questo riattivare immagini mentali che condensano la patologia dello schema è il primo step utile per accedere alla fase di riscrittura corporea ed immaginativa, attraverso la quale affiorano stralci di parti sane, ci si muove verso la realizzazione del wish, sfidando anche i coping disfunzionali. Nel fare tutto questo è impensabile perdere di vista i correlati corporei ed emotivi: solo dopo che il corpo prova a compiere azioni diverse dal solito copione dettato dallo schema (e lo si fa prima in immaginazione, appunto), ci si può focalizzare su come ci si sente in nuovi vesti, con nuove possibilità di azione, più in là della rappresentazione procedurale.

Il pranzo, per quanto relativamente poco rilevante rispetto allo spessore del convegno, in realtà ha facilitato lo slittamento su un piano in cui abbiamo potuto sperimentare dei sistemi motivazionali molto forti: affiliazione, cooperazione, gioco sociale. Sono certa che tra i tavoli si sia attivato, per qualcuno, anche quello sessuale!

Regolazione emotiva e relazione terapeutica

La sessione pomeridiana vede Paolo Ottavi e Giampaolo Salvatore impegnati negli interventi sulle tecniche attentive per l’autoregolazione emotiva e sulla relazione terapeutica. Le strategie di coping disfunzionali costringono a mettere in atto dei tentativi per gestire il dolore schema collegato; tra di essi quelli perseverativi cognitivi che, nei disturbi di personalità, hanno un contenuto relazionale e costringono letteralmente l’attenzione a restare ancorata all’evento. Le tecniche di dislocazione dell’attenzione consentono di ri-direzionare la focalizzazione, di promuovere stati mentali funzionali, di ancorarsi al corpo e di regolarsi attivamente, favorendo così l’agency. Esistono varie modalità di intervento applicabili in seduta e fuori di essa; Ottavi ce le ha presentate al termine della sua sessione ma le ritroviamo descritte, insieme alle tecniche immaginative, drammaturgiche e corporee, nel manuale recentemente pubblicato “Corpo, immaginazione e cambiamento” (Dimaggio et al., 2019). Salvatore, invece, grazie alle video registrazioni di sue sedute, ci indirizza nell’universo della sintonizzazione emotiva e della regolazione del terapeuta focalizzando l’attenzione sulla necessità, più che possibilità, di coltivare un atteggiamento di curiosità costante verso il proprio mondo interno. È un lavoro sia top down, individuando pensieri ed emozioni nel vivo dell’interazione con il paziente, sia bottom up ascoltando tutto quello che sentiamo a livello somatico e viscerale in quanto, entrambi gli aspetti, ci fanno comprendere cosa ci stiamo rappresentando in quel momento per poterlo regolare, evitando la messa in atto di azioni anti-terapeutiche. Infatti è proprio attraverso dei frame dei suoi video che abbiamo potuto soffermarci sui markers non verbali, fondamentali perché segnalano eventuali rotture da riparare quanto prima. L’attenzione alla relazione permette di accedere ai contenuti rilevanti, ad aspetti impliciti del funzionamento del paziente e ci consente, trasversalmente, di muoverci all’interno della procedura decisionale d’intervento, decidendo quando e quale tecnica adottare. Da sfondo a tutto questo vi è la considerazione che, ancor prima delle parole, il paziente percepisce lo stato interno del terapeuta e la sua mente regolata: sarà questo a far sentire il paziente al sicuro, facilitando una rappresentazione sempre presente della relazione terapeutica della sua mente, a cui far ricorso all’occorrenza.

Possibili approfondimenti

Per quanto chi mastica TMI si aggiorni continuamente e conosca alcune tematiche di fondo, in questa giornata si è andati oltre. Basti pensare alla varietà di relatori: in casa TMI hanno messo piede uno psicoanalista, un fenomenologo ed in platea son più che certa che vi fossero colleghi di diversi orientamenti. Ciò che accomuna tante teste in una unica stanza non può essere solo l’aria condizionata in piena estate e neppure il caffè delle 11:00; ciò che avvicina è la necessità di integrare sapere e conoscenza in una prassi teorica e terapeutica in grado di rispondere efficacemente alla complessità dell’essere umano. In tal senso, anche l’utilizzo di una metodologia che integra un lavoro bottom up in modo massiccio trova la sua dimensione nella psicoterapia moderna.

Torno a casa con mille domande: i test per la CMT sono la stessa cosa dei coping per la TMI? Le tecniche attentive bypassano il wish, focalizzandosi sul processo e non sul contenuto della ruminazione? Riuscirò mai ad avere l’occhio allenato a riconoscere e riparare le rotture dell’alleanza in real time? Saprò accompagnare il paziente nei suoi viaggi sul corpo? Intanto che rispondo a queste domande, saluto Roma ed i miei amici con un aperitivo a Piazza del Risorgimento.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Dimaggio, G., Ottavi, P., Popolo, R., Salvatore, G. (2019). Corpo, immaginazione e cambiamento. Raffaello Cortina Editore.
 
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