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Ketamina e Depressione: sperimentazione sui topi di laboratorio

La ketamina sembra agire sulle dinamiche cerebrali coinvolte nella depressione attraverso un meccanismo di spinogenesi collegato a una riduzione dei sintomi

Di Lorenzo Mattioni

Pubblicato il 14 Mag. 2019

La capacità della ketamina di diminuire i sintomi collegati alla depressione in modo rapido la rendono un importante oggetto di sperimentazione scientifica. Per questo motivo è importante capirne appieno gli effetti e le potenzialità per sviluppare nuovi e migliori trattamenti per la prevenzione, la diagnosi e la cura di questo disturbo.

 

Negli ultimi anni si è sentito parlare molto dei rapidi effetti antidepressivi della ketamina a basso dosaggio, che si possono apprezzare nel giro di ore anche nei casi più gravi e che in alcuni casi possono mantenersi per settimane. La capacità unica di questo anestetico di diminuire rapidamente la gravità dei sintomi permette di studiare il substrato cerebrale in modo approfondito durante la transizione fra depressione e remissione, cosa succeda però a livello circuitale non è del tutto chiaro.

Un recente studio sul modello animale (Moda-Sava, et al., 2019) potrebbe aver scoperto come questo farmaco influisca sulle dinamiche cerebrali coinvolte nella depressione.

Lo studio

Usando microscopia a due fotoni e recenti tecniche di optogenetica, i ricercatori hanno dimostrato come lo stress cronico associato a comportamenti depressivi possa causare una riduzione delle spine di specifici alberi dendritici dei neuroni piramidali nella corteccia prefrontale e che, mentre nei controlli molte funzioni coinvolgono diverse cellule attive simultaneamente, nei topi sottoposti a stress cronico la formazione di questi assemblamenti sincroni è meno probabile, e ciò si traduce in una minore connettività funzionale.

La somministrazione di ketamina nei topi ha ribaltato tali effetti, aumentando le spine dendritiche di determinati neuroni, generando nuove sinapsi e ripristinando l’attività coordinata dei cluster cellulari. I risultati mostrano come la riduzione dei sintomi comportamentali e l’aumento della sincronicità neuronale precedano la formazione delle spine, indicando come questa non sia necessaria per indurre gli effetti antidepressivi, sebbene sia cruciale per il mantenimento a lungo termine della remissione.

Comunque, la spinogenesi indotta dalla ketamina nella corteccia prefrontale non ripristina la stessa configurazione connettiva precedente all’induzione di stress cronico e, inoltre, circa il 55% delle sinapsi neoformate viene rapidamente perso. Queste dinamiche sembrano sottendere la spontanea ricorrenza degli episodi depressivi nel tempo, quindi per una riduzione duratura e mantenuta del disturbo potrebbero essere utili interventi farmacologici o neurostimolatori atti a recuperare e preservare le sinapsi eliminate.

In conclusione

La capacità della ketamina di diminuire i sintomi depressivi in modo rapido la rendono un importante oggetto di sperimentazione scientifica. Capirne appieno gli effetti e le potenzialità è un obiettivo fondamentale per sviluppare nuovi e migliori trattamenti per la prevenzione, la diagnosi e la cura dei disturbi dell’umore.

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