La cronaca racconta di donne picchiate e uccise spesso da persone che amano o hanno amato nella propria vita. Solo in Italia, nel 2018, si sono verificati 106 femminicidi: uno ogni 72 ore.
Anche se non sempre viene evidenziato dai mass media, tale violenza è sempre accompagnata da comportamenti di manipolazione mentale da parte dell’abusante, anche se tali comportamenti possono essere messi in atto anche senza una violenza fisica.
La suddetta violenza psichica è, in parte sovrapponibile, a quella impiegata sui prigionieri di guerra: diversi studi hanno messo in luce come la manipolazione mentale può avvenire in svariati modi, tra le tattiche assume una particolare rilevanza quella del “lavaggio del cervello” (the Brainwashing Process), la cui finalità è assoggettare la persona alle esigenze e richieste dell’altro poiché le vittime – quando perdono la loro autonomia, autostima e dignità – tendono ad assumere un ruolo passivo e rimanere in situazioni di abuso (Russell, D. E. 1990).
Violenza domestica: comprenderla attraverso la Biderman’s Chart
La Biderman’s chart è una carta, stilata dal sociologo Albert Biderman, che evidenzia le tattiche adottate in Corea per manipolare e influenzare la mente dei soldati americani durante la loro prigionia al fine di passivizzarli e renderli inermi (Biderman, A. D. 1957).
Di seguito le otto strategie individuate da Albert Biderman e riportate nel proprio elaborato:
- L’isolamento (totale, parziale o dal gruppo), il quale riduce la capacità di resistere e di fronteggiare l’abusante deprivando la vittima di tutti i supporti esterni.
- La manipolazione della percezione – messa in atto mediante l’alterazione dell’ambiente (buio o luce, ambiente sterile, scarsa possibilità di movimento, cibo monotono) – la quale favorisce il rispetto delle regole, rinforza i comportamenti conformistici, fissa l’attenzione sulla situazione contingente di ansia.
- L’induzione di debilitazione ed esaurimento, la quale agisce mediante l’indebolimento della capacità mentale e fisica di resistere agli eventi stressanti.
- Le minacce, le quali favoriscono l’insorgere di vissuti d’ansia e disperazione.
- Le indulgenze occasionali, le quali forniscono una motivazione positiva per la conformità alle regole e alle imposizioni.
- Le dimostrazioni di onnipotenza e onniscienza, le quali – mediante le manifestazioni di controllo completo sul destino altrui – inducono il senso di inutilità di ogni resistenza.
- La degradazione e lo svilimento, i quali favoriscono la focalizzazione dell’attenzione sulla necessità di dover resistere e sopravvivere.
- Le esecuzioni di compiti banali, i quali agiscono mediante la normalizzazione delle abitudini di conformità.
La Birderman’s chart è uno degli strumenti con cui si valutano, in vari contesti, i comportamenti di compliance (adesione) delle vittime ai loro abusanti (Mann, R., 1994): relativamente alla violenza domestica, le donne maltrattate tendono a colludere con i propri aguzzini perché private dell’autostima, della capacità di pensare razionalmente, dell’indipendenza e autonomia.
Le donne maltrattate, a causa della manipolazione mentale esercitata su di loro, imparano ad avere paura della persona che amano e cominciano a cambiare i propri comportamenti per evitare di suscitare reazioni aggressive dal partner, si identificano con il problema, si sentono sbagliate, percepiscono sensi di colpa e iniziano a pensare di non essere psicologicamente stabili. Studi hanno evidenziato, coerentemente con quanto esposto, come le donne che vivono uno stato cronico di maltrattamento, temendo per la propria vita e restando in attesa di un attacco successivo, mostrano ipervigilanza, sfinimento, confusione e disorientamento (Grant, C. A. 1995).
Violenza domestica e Brainwashing Process
Il Brainwashing Process o lavaggio del cervello, nel contesto della violenza domestica, viene adottato mediante cinque principali tattiche: l’isolamento, gli attacchi imprevedibili, le false accuse, le umiliazioni, le minacce e le ricompense occasionali.
Infatti, gli abusanti privano le loro partner dal supporto sociale limitando il contatto con amici e familiari, rendendole più ricettive e polarizzate sulle proprie esigenze e diventando l’unico punto di riferimento e sostegno per l’autostima della compagna; gli abusanti minacciano personalmente le persone che affermano di “amare” e i loro figli, favorendo sentimenti di paura, destabilizzano le partner e creano caos mentale, alternando aspre critiche e atti “gentili”. Inoltre, gli abusanti manipolano la mente dei partner al punto che questi ultimi iniziano a considerarsi biasimevoli e meritevoli di violenze e attacchi.
Più precisamente, il clima angoscioso determinato dalle suddette cinque modalità di manipolazione mentale, induce uno stato di allarme perenne, il quale spinge la donna a focalizzare la propria attenzione principalmente all’evitamento di agiti violenti e di successive aggressioni (Johnson, M. P., & Leone, J. M. 2005).
Infatti, è proprio la paura ciò che favorisce un atteggiamento passivizzante delle donne durante gli atti di violenza domestica: le donne evitano attivamente determinate situazioni per placare l’ira ed evitare conseguenze peggiori sulla sicurezza futura propria e dei figli e tendono a essere inermi di fronte agli attacchi fisici (Brown, G., & Mitchell L. R., 2005).
Violenza domestica: le strategie messe in atto per fronteggiare l’abusante
Tra le strategie messe in atto dalle vittime per porre fine agli abusi sono risultate inefficaci: il tentativo di ottenere dal loro partner promesse che la violenza si sarebbe fermata; minacciare di chiamare la polizia; evitare i comportamenti non desiderati dal compagno; andare via di casa per alcuni periodi.
Studi hanno evidenziato, invece, come strategie efficaci per contrastare la violenza domestica siano la ricerca di un intervento esterno, il supporto emotivo delle persone significative e il rivolgersi a un legale. La difficoltà di mettere in atto quest’ultime strategie ha origine nelle dinamiche costituenti il processo del Brainwashing Process, il quale – come già detto – genera sensi di colpa che inducono le persone maltrattate a pensare di non essere adeguate, di essere sbagliate e di meritare il male che gli viene inflitto.