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Psicoanalisi relazionale e tecniche

Relazione o tecniche? Non solo poli opposti ma alleati che possono incontrarsi e arricchirsi a vicenda. La riflessione continua..

Di Giancarlo Dimaggio

Pubblicato il 27 Mar. 2019

Il debito mio, dei miei colleghi più stretti e direi, come Magistrale stesso osserva, della corrente cognitivo-evoluzionista verso quella psicoanalisi è immenso e impagabile.

 

Ho letto la bella risposta di Giuseppe Magistrale alla mia provocazione sulla psicoanalisi vetero-pulsionale o, diciamola tutta, basata su fantasticherie.

I concetti che esprime, con chiarezza e semplicità, li condivido pienamente. La mia pratica clinica, credo e spero, potrebbe per lunghi passaggi essere scambiata, da chi osservasse le mie sedute, per una psicoanalisi relazionale. Il debito mio, dei miei colleghi più stretti e direi, come Magistrale stesso osserva, della corrente cognitivo-evoluzionista verso quella psicoanalisi è immenso e impagabile. Una cosa di cui sono orgoglioso è che la traduzione italiana del capolavoro (senza mezzi termini, non segue dibattito) di Safran e Muran Teoria e pratica dell’alleanza terapeutica è stata effettuata dalla mia copia personale autografata da Jeremy Safran. La conservo gelosamente.

Ci sono alcuni punti della replica di Magistrale su cui discordo, ma entriamo qui nel gusto del dibattito, perché le sue posizioni le sento in grandissima parte vicine alle mie.

Il primo è il primato della relazione a scapito delle tecniche. Conosco molto bene e dal di dentro i problemi del cognitivismo protocollato. I pazienti rispondono così e così all’approccio puramente tecnico e come appena appena insorgono problemi relazionali o i pazienti non fanno gli homework i giovani cognitivisti si perdono. Potrei fare una lunga lista di errori terapeutici dovuti dai tentativi disperati di applicare le tecniche cognitive da manuale quando invece bisognerebbe passare a lavorare sulla personalità, sulla relazione terapeutica e sul negoziare il contratto invece di spingere il paziente verso esercizi che non ha scelto ancora di applicare.

Ma d’altra parte, pensare che certi meccanismi propri dei disturbi sintomatici, spariscano solo col lavoro relazionale credo oggi si possa dire che non è vero. I meccanismi alla base delle ossessioni, del rimuginio non vanno via solo grazie all’interazione della relazione terapeutica come riparativa. La psicopatologia sperimentale, in Italia molto belli i lavori di Francesco Mancini, e l’attenzione allo smantellamento dei meccanismi che il laboratorio ha evidenziato, generano strumenti dai quali il terapeuta moderno oggi non può prescindere.

Ho a lungo contestato il paradigma monopersonale-arelazionale di Caselli, Ruggiero e Sassaroli, ma questo non significa che il clinico possa esimersi dal dedicare parte del lavoro in seduta all’interruzione dei circuiti rimuginatori. O dall’interrompere previo contratto gli evitamenti comportamentali o dal concordare l’attivazione comportamentale.

È un po’ il vecchio problema: ho inviato moltissimi miei allievi e colleghi in psicoterapia di stampo psicodinamico, sempre relazionale o Control-Mastery Theory, perché il lavoro dei colleghi dell’ISiPSé e del Control Mastery Theory-Italian Group è eccellente e una fonte di ispirazione quotidiana. Quando Francesco Gazzillo e io, di solito in pizzeria, parliamo di casi clinici, ci ritroviamo sempre tantissimo e io ascoltandolo vedo sempre qualcosa di nuovo.

Ma mi dispiace vedere che i terapeuti psicodinamici non pensano di fare un giro di apprendimento delle tecniche cognitive, secondo me ne verrebbero fuori come terapeuti più completi.

Infine, Giuseppe Magistrale è stato molto chiaro nel dire che la corrente a cui appartiene si è completamente distaccata dalla psicoanalisi pulsionale.

Ma il problema generale è grave. Mi spiego.

Apro la pagina web dell’International Journal of Psychoanalysis. Voglio dire, mica pizza e fichi mentre leggiamo il giornale della parrocchia.

Il primo articolo che vedo del 2019 è: “Oedipality and oedipal complexes reconsidered: On the incest taboo as key to the universality of the human condition” di Barnaby B. Barratt (BBB se posso permettermi). Voglio essere chiaro: pensare a un paziente che va da un terapeuta che si basa su queste letture mi genera brividi di preoccupazione.

Attenzione perché se la psicoanalisi non si distacca in modo netto e ufficiale da cose del genere il passo successivo è Maurizio Crozza e la psicobanalisi.

Bowlby, Mitchell, Greenberg, Arnold Modell (per me un mostro di bravura e profondità), Joseph Weiss, Lester Luborsky, Lewis Aron scomparso pochi giorni fa, meritano di essere distinti da questo.

 


Leggi i precendenti articoli sul tema:

1 – Per favore diteci: cosa è la psicoanalisi? Pratica empiricamente supportata o fantasticheria? – di Giancarlo Dimaggio, 01 Marzo 2019

2 – La psicoanalisi: terapia empiricamente supportata, ma non scientista – di Giuseppe Magistrale, 08 Marzo 2019

3 – Psicoanalisi e Cognitivismo alla prova (ineludibile e complessa) della scienza – di Simone Cheli, 22 Marzo 2019

 

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Giancarlo Dimaggio
Giancarlo Dimaggio

Psichiatra e Psicoterapeuta - Socio Fondatore del Centro di Terapia Metacognitiva-Interpersonale

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