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Psicoanalisi e Cognitivismo alla prova (ineludibile e complessa) della scienza

Alcune argomentazioni (e contro-argomentazioni) che potrebbero risolvere la lunga querelle su empirismo e scientificità nella Psicologia..

Di Simone Cheli

Pubblicato il 22 Mar. 2019

Aggiornato il 29 Mag. 2019 12:45

Non è possibile che noi psicologi non abbiamo ancora fatto pace con il novecento, con la sudditanza dalla filosofia, con i complessi nei confronti delle scienze naturali, in breve con l’autonomia (non autarchia) epistemologica della nostra disciplina (Greenwood, 2015).

 

Con una delle sue ben note e riuscite provocazioni Giancarlo Dimaggio ha suscitato un accalcarsi di commenti con il suo post su “Per favore diteci: cosa è la psicoanalisi? Pratica empiricamente supportata o fantasticheria?” (Dimaggio, 2019).

A voler essere indulgenti con un lettore distratto il titolo e almeno un paio di asserzioni, se decontestualizzate, lasciavano adito a dubbi su una malevolenza preconcetta da parte dell’autore. In realtà Dimaggio, come dimostrato da numerosi suoi scritti e dalle sue risposte ai commenti, ha una lunga frequentazione con psicoanalisi e psicoanalisti, citandoli senza remore e con convinzione.

Quel che però ha (ri-)attivato il post è una querelle infinita che da quando ho per la prima volta solcato le soglie di un’aula di psicologia mi sento costretto a (ri-)elaborare. Avendo sempre vissuto professionalmente tra clinica e ricerca, ho dato spesso per scontato che non fosse possibile rinfocolare ancora tale dibattito, sino al dovermi confrontare con tutte e cinque le fasi del lutto (Kübler Ross, 1976). Il dibattito in questione verte sul declinare o meno i principi variamente definiti scientifici, empirici, scientisti, empiricisti, positivisti, etc. nella psicologia. E l’elaborazione del mio lutto nasce dalla negazione iniziale: “no, non è possibile che ancora siamo a disquisire di scienza ed empirismo in psicologia!”. Non è possibile che noi psicologi non abbiamo ancora fatto pace con il novecento, con la sudditanza dalla filosofia, con i complessi nei confronti delle scienze naturali, in breve con l’autonomia (non autarchia) epistemologica della nostra disciplina (Greenwood, 2015).

Pur non volendo passare in rassegna tutte le possibili argomentazioni e contro-argomentazioni a riguardo, mi limiterò a riportare in maniera volutamente concisa alcune posizioni, che temo richiederanno un’ulteriore elaborazione del mio lutto e che magari autori ben più saggi potranno meglio argomentare.

Quelli che la psicologia è altro dalla scienza

Il must have di simili dibattiti consiste nel collocare la psicologia in un mondo tutto suo dove la scienza non possa raggiungerla e piegarla ad assurde pretese. L’asserzione comune è che la scienza abbia un iter metodologico, argomentativo ed applicativo non conciliabile ex cathedra con la psicologia. Alcuni tra i più comuni assunti sono che la scienza sia ben poco distinguibile dalla concezione positivistica per cui vi è “un reale in opposizione al chimerico” (Comte, 185, p. 47) e quindi dalle sue implicazioni ortodosse per cui il metodo è uno, immutabile ed incontestabile. Molti dei commenti fatti al post di Dimaggio sembrano infatti assumere che la scienza offra questo. Chiariamoci: purtroppo schiere di cognitivisti, comportamentisti, psicoanalisti, sistemici-familiari, gestaltisti e chi più ne ha più ne metta credono davvero che la scienza, come una sorta di sapere papale, sia rimasta immutata negli ultimi 150 anni ed usano tale paradosso storico per giustificare un’indolenza o un’incapacità nel cercare di migliorare le loro prassi. Ma se vogliamo portare avanti un dibattito sufficientemente prolifico dovremmo forse superare l’empasse originatosi nel misunderstanding linguistico tra tedeschi ed americani a fine ottocento, quando questi ultimi pensarono che la scienza humboltiana fosse solo quella naturale e non un’integrazione con quella umanistica (Anderson, 2014). Il rigore metodologico, la coerenza deontologica ed empirica tra teoria e prassi dovrebbe esser la stessa per un biologo ed uno psicologo. Mi vien da dire che in quanto fornitori di prestazioni sanitarie Kant, Levinàs, Bϋber e chiunque abbia parlato di etica non gradirebbe forse il nostro ripetuto sottrarsi dal tema delle evidenze.

Quelli che ma la meccanica quantistica

Un altro grande classico è la carta segreta del citare nella maniera più generalista e fumosa possibile la meccanica quantistica quasi fosse lo studiato gesto di un mentalista di lunga esperienza. “Non sei aggiornato, la meccanica quantistica ha provato che tutto è soggettivo e il vecchio metodo scientifico non è buono a niente”. Ora, se innamorati della fisica come chi scrive avete provato a studiare (invano ahimè) libri di fisica, andando anche a seguire (inutilmente) da uditore alcuni corsi universitari, e se addirittura avete sfogliato oltre che agli immancabili testi divulgativi anche gli articoli scientifici (sic!) di Schrödinger, forse, dico forse, non citereste la meccanica quantistica in un simile dibattito. Non oso certo affermare di sapere cosa sia la meccanica quantistica, posso però ipotizzare, con un limitato margine di errore, che i fisici ne parlino (e l’abbiano formulata) tramite un metodo che loro definiscono scientifico! Schrödinger, Poincaré, Feynman e tutti i grandi fisici moderni non hanno mai abbandonato il metodo sperimentale, le evidenze e la ricerca. Hanno seguito, rideclinato, ampliato ed arricchito i principi che a suo tempo Galileo formulò. Quello che è cambiato è l’enormità e la complessità delle argomentazioni e riprove che le moderne teorie della fisica richiedono (Feynman, 1985).

Quelli che la relazione non è misurabile

Ed arriviamo quindi al Santo Graal dei dibatti tra psicoterapeuti: la relazione. Consigliamo a tutti di rivedere il dibattito avviato da Caselli e colleghi e le risposte date da Dimaggio ed altri su State of Mind, risparmiandovi dunque un’ennesima rassegna. Vorrei solo rimarcare quella che al sottoscritto (come dicevo l’elaborazione del mio lutto è ancora ben lungi dall’accettazione) sembra un’ovvietà. Se la psicologia è riconducibile ad una scienza integrata come inizialmente formulata da Humboldt e se tale scienza, anche quando produce paradossi filosofici di infinita portata come la meccanica quantistica, è riconducibile al metodo sperimentale forse abbiamo la risposta davanti agli occhi. Secondo un principio di parsimonia caro ad Occam se senti un rumore di zoccoli pensa ad un cavallo prima che ad una zebra. E dunque il fatto che la relazione sia di difficile misurazione e concettualizzazione forse è la riprova che mancano ancora tante prove, tentativi ed errori prima di formulare una risposta evidence-based. Forse il tema è così complesso non perché imponderabile (e quindi inesplorabile scientificamente) quanto perché appunto complesso. Posizioni agnostiche come quelle di un certo cognitivismo che si disinteressano del tema o fideistiche di una certa psicoanalisi che ritualizzano il già noto ben poco servono alla psicoterapia. Lakatos (1978) era solito dire che un programma di ricerca è progressivo nella misura in cui riesce ad includere le anomalie inizialmente inspiegate, trasformando, almeno in parte, se stesso. Dunque, se la psicoterapia ambisce a sopravvivere dovrebbe dedicare le sue migliori risorse a sviscerare, con metodo scientifico sperimentale (forse addirittura scientista!), quei rompicapo della relazione terapeuta-paziente e dell’efficacia delle terapie.

Il lascito di Jeremy Safran

Mi preme ricordare l’esempio di Jeremy Safran che, per oltre 30 anni, ha dedicato il suo impeccabile rigore filosofico e scientifico al tema della relazione condizionando ed essendo apprezzato tanto da cognitivisti quanto da psicoanalisti. Una riflessione sul suo lascito non può non prendere le mosse da come sia divenuto famoso declinando in ambito cognitivo una sua rilettura psicoanalitica dell’opera di Harry Stuck Sullivan (Safran 1990a; 1990b). In un numero speciale di Psychotherapy Research dedicato alla sua memoria i curatori sembrano concordare sul fatto che Safran fosse un pluralista aperto al dialogo ed un ricercatore rigoroso ed entusiasta sempre pronto a mettere a verifica le sue ipotesi (Muran, Eubanks & Samstag, 2018). Ben felice di esser sconfermato, ma sembrerebbe la definizione di uno scienziato che Galileo, Schrödinger e Lakatos sottoscriverebbero assai volentieri. In conclusione, prima di stilare concordati per la separazione tra psicologia e scienza, dovremmo forse chiederci a quale costrutti facciamo riferimento.

Una delle critiche a Dimaggio sembra ad esempio presupporre una sorta di inestricabile interconnessione tra ricerca di evidenze e approccio nomotetico alla diagnosi, tra empirismo e complessità (Magistrale, 2019). Con simili presupposti la scienza appare una scienza dell’ovvio, la psicologia della complessità. Ed a quel punto non saprei davvero dove collocare fisici delle particelle ed astrofisici! Limitiamoci dunque a presupporre che una scienza della complessità non può non basarsi sul metodo sperimentale, sulla ricerca di evidenze e su “un approccio unificato alla conoscenza” (Byrne & Callaghan, 2014, p. 37) e questo vale tanto per la psicologia quanto per la fisica, per la ricerca sui processi e sull’efficacia. Altrimenti la complessità di un rito sciamanico batterebbe di gran lunga il povero Fonagy e le evidenze sulla Terapia Basata sulla Mentalizzazione a poco varrebbero. Ed in un mondo caratterizzato da incremento costante della domanda sanitaria bypassare con un’argomentazione teorica la sostenibilità ed il rapporto costi-benefici degli interventi parrebbe ai miei occhi abdicare alle sfide della complessità.

 


Leggi i precendenti articoli sul tema:

1 – Per favore diteci: cosa è la psicoanalisi? Pratica empiricamente supportata o fantasticheria? – di Giancarlo Dimaggio, 01 Marzo 2019

2 – La psicoanalisi: terapia empiricamente supportata, ma non scientista – di Giuseppe Magistrale, 08 Marzo 2019

 

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Anderson, R.D. (2004). European Universities from the Enlightenment to 1914. Oxford: Oxford University Press.
  • Byrne, D., & Callaghan, G. (2014). Complexity Theory and the Social Science. London: Routledge.
  • Comte, A. (1985). Discorso sullo Spirito Positivo. Bari: Laterza.
  • Dimaggio, G. (2019). Per favore diteci: cosa è la psicoanalisi? Pratica empiricamente supportata o fantasticheria?
  • Feynman, R. (1985). QED: The strange theory of light and matter. Princeton: Princeton University Press.
  • Greenwood, J. D. (2015). A Conceptual History of Psychology. Exploring the Tangled Web. Second Edition. Cambridge: Cambridge University Press.
  • Kübler Ross, E. (1976). La Morte e il Morire. Assisi: Cittadella.
  • Lakatos (1978). The Methodology of Scientific Research Programmes: Philosophical Papers Volume 1. Cambridge: Cambridge University Press.
  • Magistrale, G. (2019). La psicoanalisi: terapia empiricamente supportata, ma non scientista.
  • Muran, J.C., Eubanks, C.F. & Samstag, L.W. (2018). The processes of Jeremy Safran. Psychotherapy Research, 29(3): 277–278.
  • Safran, J. D. (1990a). Towards a refinement of Cognitive Therapy in light of interpersonal theory I: Theory. Clinical Psychology Review, 10, 87-105.
  • Safran, J. D. (1990b). Towards a refinement of Cognitive Therapy in light of interpersonal theory II: Practice. Clinical Psychology Review, 10, 107-121.
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