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Giovani e suicidio: fattori di rischio

Il suicidio è la seconda causa di morte in adolescenza. Tra i principali fattori di rischio ritroviamo un crescente senso di solitudine e isolamento sociale

Di Guest

Pubblicato il 04 Mar. 2019

In adolescenza, quando un giovane arriva a pensare di mettere in atto l’idea del suicidio, sta sperimentando un dolore mentale insopportabile e non riesce a trovare altre valide alternative alla morte. Emerge un pensiero dicotomico: o il dolore si risolve immediatamente e completamente oppure l’unica scelta possibile è il suicidio.

Paola Compagno

 

L’ adolescenza è una fase della vita molto particolare, segnata da conflitti, insicurezze e un forte bisogno di autonomia. L’ adolescenza può essere considerata come il tempo della scoperta degli altri, di se stessi e del mondo intero; un periodo importante della maturazione della propria personalità. Durante l’ adolescenza diventano fondamentali i giudizi e le valutazioni dei coetanei e, in generale, del mondo esterno alla famiglia. L’immagine di Sé che ognuno struttura negli anni è frutto delle informazioni che riceve dagli altri e da se stesso in relazione con gli altri.

La comprensione del sistema complesso della personalità implica l’analisi del comportamento, la valutazione delle caratteristiche disposizionali (tratti e temperamento), la comprensione dell’esperienza vissuta e i suoi modi di essere, l’attenzione alle interazioni cognitive e affettive che si sviluppano nel nostro ambiente interpersonale e sociale. È possibile affermare che la personalità è “la costruzione sociale di un’organizzazione interna”. Lo sviluppo della personalità è la storia delle relazioni dell’individuo nel corso delle varie fasi dell’infanzia, della fanciullezza, dell’età scolare, della preadolescenza e dell’ adolescenza. L’età adulta o maturità corrisponde al coronamento di quanto ha caratterizzato le fasi precedenti (Gennaro, 2014).
L’ adolescenza costituisce un test importante, in cui il ragazzo mette alla prova le proprie risorse, ossia, ciò che ha ereditato dalle esperienze familiari fin dall’infanzia.

Appare importante precisare che l’ adolescenza è caratterizzata da una ricerca della propria identità, dalla scoperta degli altri, dal bisogno di autonomia e dalla necessità di sperimentare; quindi il ragazzo, in questa fase di vita, cerca di mettere alla prova i propri limiti, sia a livello emotivo, sia a livello fisico e ciò potrebbe portare il giovane a sottoporsi a prove eccessive o estreme (Carbone, 2005). Il corpo del ragazzo attraversa una fase di grandi trasformazioni, vi è nell’ adolescente la necessità di sperimentarsi nelle relazioni, nella sessualità. Si accentuano i conflitti con i genitori e si è affascinati dalla trasgressione delle norme e si passa dal bisogno di dipendenza a quello di indipendenza. Tali cambiamenti, generati durante la pubertà, mettono in discussione l’equilibrio del ragazzo.

Il suicidio in adolescenza

Il suicidio può essere definito non come desiderio di morte, ma come cessazione del flusso d’idee, come risoluzione del dolore psicologico insopportabile. Shneidman (2006) considera il suicidio come un movimento di allontanamento da emozioni intollerabili, dolore insopportabile o forte angoscia e non come un movimento verso la morte. Il suicidio non è un atto impulsivo, come spesso si crede, la persona non decide improvvisamente di mettere fine alla propria esistenza, ma spesso è un atto meditato nel tempo. Il soggetto non riesce più a trovare uno scopo di vita, percepisce il proprio disagio interiore come intollerabile e arriva, quindi, a sentirsi “in-aiutabile”. La persona ritiene che la sua situazione sia immodificabile e non riuscendo più a tollerare il dolore, decide che il suicidio sia l’unica scelta possibile. Inoltre, la decisione di togliersi la vita caratterizza ciascun individuo con motivazioni uniche e diverse dagli altri (Pompili, 2009).

In adolescenza, quando un giovane arriva a pensare di mettere in atto l’idea del suicidio, sta sperimentando un dolore mentale insopportabile e non riesce a trovare altre valide alternative alla morte. Emerge un pensiero dicotomico: o il dolore si risolve immediatamente e completamente oppure l’unica scelta possibile è il suicidio. Gli adolescenti a rischio di suicidio presentano una forte ambivalenza sia sul vivere o morire, sia sul farsi aiutare o negare tale aiuto, quindi, i repentini cambiamenti di idea tra il farsi aiutare e rifiutare il sostegno creano evidenti difficoltà a chi cerca di dare loro un appoggio (Pompili, 2009).

Incidenza e fattori di rischio

Il suicidio è la seconda causa di morte tra i dieci e i diciannove anni e risultano più a rischio i maschi tra i dieci e i vent’anni. Da una ricerca è emerso che in adolescenza un ragazzo su tredici ha tentato il suicidio, invece, la pianificazione o l’ideazione suicidaria comprende il 30% dei giovani (Kolves e De Leo, 2016). Gli adolescenti che hanno già tentato il suicidio hanno un’alta probabilità di ripetere l’atto suicidario, questo perché hanno sviluppato in precedenza pensieri negativi e hanno la convinzione che il suicidio possa essere l’unica soluzione (Beck, 1996). Il soggetto non riuscendo a soddisfare i propri bisogni prova un forte senso di frustrazione e ciò genera uno stato “perturbato” in cui la persona non ha più interesse per la vita e anche le relazioni interpersonali, gli affetti e il lavoro perdono di significato (Pompili, 2009).

I fattori di rischio maggiormente riscontrati sono: fattori genetici, basso livello socio-economico, problemi familiari, abuso fisico, depressione e abuso di sostanze (Clerici et al., 2016).

Un aspetto da prendere in considerazione in questi ultimi tempi in cui la società è notevolmente cambiata rispetto al passato, è il concetto di solitudine, che non riguarda solo i giovani, ma anche gli adulti. Tuttavia, in questo contesto si fa riferimento prevalentemente agli adolescenti. Innanzitutto, bisogna fare una distinzione tra solitudine, loneliness e isolamento sociale: per solitudine s’intende lo stare da soli senza la percezione d’isolamento, il soggetto ricerca uno stato di riflessione e tranquillità; l’isolamento sociale è caratterizzato dall’assenza dell’interazione con gli altri, proprio come aspetto comportamentale; invece, per loneliness s’intende il sentimento “dell’essere solo”: percezione soggettiva di discrepanza tra le relazioni desiderate e quelle vissute, mancanza di prospettive, chiusura in se stessi, incapacità di dare significato alle cose, sentimenti primitivi di dolore, noia (Siracusano, 2017a). Come Janet (1926) affermava già un secolo fa: la noia è una condizione affettiva che esprime l’impulso di ricerca interminabile di distrazione; una ricerca di qualche azione che possa riuscire a salvare il soggetto dalla sua depressione e dal suo stato di vuoto.

Solitudine e noia sono alla base di una serie di possibili disturbi: depressione, disturbi di personalità, dipendenze comportamentali (cibo, internet, etc.), psicosi e psicopatia. Spesso la loneliness porta a sviluppare stati depressivi ed è difficile che gli altri si accorgano di tale condizione. Il soggetto si sente “senza speranza” (hopelessness), non crede più di poter ricevere aiuto dall’altro, e soprattutto, non spera più in se stesso. È possibile ipotizzare, quindi, il passaggio da una condizione di loneliness a uno stato depressivo; in particolare, si può parlare di “inermità” depressiva, in cui il soggetto non si ritiene più in grado di far fronte ai problemi, inizia a sprofondare nell’impotenza, è privo di risorse, si sente apatico e inerme. La percezione di sentirsi solo è correlata a un incremento del rischio di condotte autolesive (Siracusano, 2017b). I mediatori psicopatologici che portano più spesso al suicidio sono: la depressione, la paranoia e i disturbi di personalità.

Gioco d’azzardo e rischio di suicidio

Un’altra causa di suicidio è il gioco d’azzardo. I giocatori problematici e patologici hanno un rischio maggiore nell’ideazione suicidaria e nei tentativi di suicidio, quest’aspetto riguarda la popolazione in generale, ma, ovviamente, prende in considerazione anche i giovani giocatori (Moghaddam et al., 2015).

Il gioco d’azzardo problematico fa parte di un comportamento psicopatologico più ampio, infatti, si è riscontrato che la dipendenza dal gioco ha una comorbidità con diversi disturbi: disturbi dell’umore, disturbi d’ansia, abuso di sostanze e disturbi di personalità. Una persona che soffre di un disturbo depressivo, attraverso il gioco, può provare una sorta di stimolo, di piacere che il soggetto sente come necessario e forse risolutivo, ma che, in realtà, risulta effimero (Kulkarni et al., 2013).

Da uno studio su 442 soggetti è emerso che l’ideazione suicidaria è significativamente associata all’età d’insorgenza dei primi sintomi del disturbo da dipendenza dal gioco d’azzardo, dall’abuso di sostanze e dai disturbi dell’umore. Le persone che mettono in atto tentativi di suicidio spesso sono donne e possono soffrire di un disturbo dell’umore e/o di un disturbo di personalità (cluster B). Ovviamente bisogna fare una distinzione tra i tentativi di suicidio e il suicidio vero e proprio.

I disturbi dell’umore rappresentano il fattore di rischio più importante per le condotte suicidarie nei pazienti con problemi di dipendenza dal gioco d’azzardo (Bischof et al., 2015).

Bullismo e rischio suicidio

Un altro fattore di rischio di suicidio è legato al vissuto di bullismo o cyberbullismo. Il bullismo è un atto di oppressione psicologica o fisica, ripetuta e continua nel tempo perpetrata da una o più persone nei confronti di un soggetto percepito come debole, questo tipo di aggressività è definita diretta, invece, il cyberbullismo è una forma di aggressività di tipo indiretto, poiché mediato dai contatti elettronici (social network, e-mail, whatsapp, etc.).

Gli adolescenti che subiscono episodi di cyberbullismo tendono a cercare aiuto meno frequentemente rispetto a chi subisce episodi di bullismo diretto; infatti, in questo caso, i sintomi depressivi e il rischio di suicidio sono maggiori (Wang et al., 2010). Un aspetto importante che caratterizza le vittime di bullismo è il senso di umiliazione che esse stesse subiscono. Le ragazze, rispetto ai ragazzi, hanno maggiore possibilità di essere vittime di cyberbullismo. Quest’aspetto è molto studiato negli ultimi anni, poiché può essere un precursore della depressione in queste vittime e può aumentare il senso di disperazione (Stratta et al., 2014).

Sostanze stupefacenti e rischio suicidio

Un altro aspetto importante da prendere in considerazione riguardo al suicidio in adolescenza è il consumo di sostanze stupefacenti; infatti, l’uso di sostanze è fortemente correlato al rischio di suicidio, in particolare l’utilizzo di nuove sostanze psicoattive. Bisogna specificare che, in alcuni casi, la persona è alla ricerca di un’esperienza forte, che altera la realtà, in cui si rischia la vita, ma non vi è la volontà di suicidarsi: questi vengono definiti falsi suicidi. Alcuni soggetti cercano di vivere delle esperienze extra-corporee definite Near-Death-Experience (NDE), in cui la persona vive esperienze dissociative, esperienze di separazione dal corpo o esperienze di visione della luce. Purtroppo le morti associate alla ricerca di NDE sono piuttosto frequenti nelle persone che fanno uso di sostanze. Queste sostanze inducono delle esperienze abnormi che portano a degli apparenti suicidi, ma che nei fatti sono esperienze psicotiche, dissociative che possono essere interpretate come suicidi, ad esempio le cadute dal balcone, in cui la persona, essendo sotto l’effetto di sostanze, crede di poter volare e quindi si lancia dal balcone; fenomeno molto diffuso tra i giovani.

Soprattutto i nuovi oppiacei rappresentano una categoria a elevato rischio di suicidio e alcune overdose fortuite potrebbero nascondere suicidi reali.

Fattori protettivi al rischio di suicidio

Risulta importante anche fare un breve riferimento ai fattori protettivi riguardo al suicidio in adolescenza. Da alcuni studi è emerso che la resilienza è un fattore protettivo molto importante. La resilienza è la capacità di affrontare e tollerare eventi frustranti mantenendo un buon livello di adattamento ed equilibrio personale e psicologico (Luthar, 2006). La resilienza è un costrutto multidimensionale, caratterizzato da capacità personali, risorse sociali e familiari, quindi, questi aspetti possono ridurre il rischio di suicidio e proteggere la persona quando si trova in un momento difficile. La resilienza fa da mediatore tra fattori di rischio e depressione. Si è riscontrato che un basso livello di resilienza aumenta il rischio di suicidio (Rossetti et al., 2017; Johnson et al., 2011).

Fondamentali nella prevenzione del suicidio sono: lo sviluppo di una buona comunicazione tra i giovani e le persone di riferimento, il rafforzamento dell’autostima dei ragazzi e lo sviluppo dell’espressione delle emozioni (Pompili, 2009). Ovviamente, per prevenire il suicidio, oltre le caratteristiche personali e una forte motivazione, sono fondamentali anche la rete sociale, come la scuola e le istituzioni e un favorevole ambiente familiare.

Quindi, solo attraverso un approccio multidimensionale è possibile migliorare la qualità di vita dei giovani e durante l’ adolescenza. In tal senso, per ridurre lo stigma sociale legato ai comportamenti suicidari e, più in generale, ai disturbi psichiatrici possono essere utili: campagne di prevenzione del disagio giovanile, la collaborazione con le scuole, maggiori informazioni rivolte alla popolazione.

 

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