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Il Disturbo Bipolare in Sylvia Plath: una vita tra genio e follia

Sylvia Plath, probabilmente affetta da disturbo bipolare, in soli 31 anni è riuscita diventare una delle più grandi scrittirci del '900

Di Guest

Pubblicato il 04 Feb. 2019

Aggiornato il 28 Mar. 2019 13:54

A Sylvia Plath bastarono 31 anni per riempire la sua vita di “tutto e del contrario di tutto”, dove inferno e paradiso si alternano capricciosamente e pericolosamente.

 

Tu stai alla lavagna, papà,
nella foto che ho di te,
biforcuto nel mento anziché nel piede,
ma diavolo sempre,
sempre un uomo nero che
con un morso il cuore mi fende.
Avevo dieci anni che seppellirono te
A venti cercai di morire
E tornare, tornare a te.
Anche le ossa mi potevano servire.

Questa poesia è un’opera di Sylvia Plath, nata negli Stati Uniti nel 1932 e morta suicida a Londra nel 1963.

La scrittrice, oltre ad aver perso precocemente il padre, per un diabete non curato ed aver esperito un dolore lancinante che traspare in questi versi, ha da sempre avuto un rapporto con quest’ultimo del tutto disfunzionale.

Infatti la dottoressa Ruth Beuscher, la psichiatra che la teneva in cura in seguito ad un tentativo di suicidio, ha definito il padre anaffettivo, prevaricatore, deludente, abbandonante ed amante crudele della figlia. Per quanto riguarda la madre, questa era, all’opposto, invadente, fusionale, che eterodirigeva la vita della Plath, le ambizioni e la sessualità.

Sylvia Plath: infanzia difficile e perfezionismo

La Beuscher sottolinea come nella fase edipica, tutto sia andato storto e per certi versi anche la stessa Plath ne prende atto. Tuttavia è una verità piuttosto scomoda ed ingombrante da accettare per cui tenta in tutti i modi possibili di sopprimerla, rimuoverla e nasconderla.

La vita della Plath, come precedentemente affermato, è costellata “dal tutto e dal contrario di tutto”. Ciò che l’autrice portava dentro di sé riusciva benissimo ad esplicitarlo nelle sue opere, nel suo modo di scrivere, nel suo aspetto esteriore e nel rapporto con il suo uomo e i suoi figli, riproducendo con questi ultimi quanto appreso da suo padre.

Da un lato la Plath poteva apparire affascinante, in quanto curava il suo aspetto fisico, utilizzava tinture biondo platino, il rossetto rosso fuoco, scriveva, studiava e manifestava una marcata ambizione al successo. Dall’altro lato, la Plath viveva una vita all’insegna dell’eccesso e dell’estremo, caratterizzata dalla ricerca della perfezione, dal narcisismo e dalla tendenza ad autodistruggersi.

In particolare, la psiche tormentata dell’autrice era caratterizzata da una disperata ricerca di consenso, da un’eccessiva sensibilità alle critiche, dall’estremo bisogno di catturare l’attenzione di chiunque, dall’ansia di essere sempre più la più bella e la più brava. Ricercava all’esterno le attenzioni che probabilmente suo padre non le aveva mai dato.

Mentre scriveva le sue opere aveva l’abitudine di utilizzare un vocabolario di sinonimi e contrari, perchè i suoi lavori dovevano ambire ed aspirare alla perfezione. Perfezione raggiungibile attraverso la ricerca scrupolosa di parole che si addicevano “perfettamente” ai suoi versi.

Sylvia Plath: la sofferenza del disturbo bipolare

Inoltre, sono stati anche presenti, durante la sua breve esistenza, episodi depressivi e numerosi tentativi di suicidio.

In particolare gli episodi depressivi furono descritti nero su bianco, in una delle sue opere più importanti: La Campana di Vetro. Nello specifico, l’autrice scrive:

Portavo ancora la blusa bianca e la gonnellina… Erano tutte spiegazzate, perché non le avevo mai lavate nelle mie tre settimane a casa. Il cotone sudato emetteva un acre e un amichevole odore. Non mi ero nemmeno lavata i capelli per tre settimane. Non avevo dormito per sette notti.

Mia madre mi disse che dovevo aver dormito, che era impossibile non dormire per tutto quel tempo, ma se avevo dormito lo avevo fatto con un occhio aperto…

La ragione per cui non avevo lavato i vestiti o i capelli era perché mi sembrava così stupido… mi sembrava stupido lavare qualcosa, quando avrei dovuto rilavare il giorno seguente.

Mi stancava solo il pensarci. Volevo fare tutto una sola volta per tutte e finirla.

L’autrice era affetta da ciò che i manuali diagnostici oggi definiscono come Disturbo bipolare, un disturbo caratterizzato dall’alternanza di episodi maniacali o ipomaniacali e depressivi.

Sylvia Plath: l’umore altalenante

Secondo l’ottica psicoanalitica la mania è una risposta difensiva nei confronti di forti sentimenti di incompetenza, perdita e abbandono.

Probabilmente i soggetti affetti da questo disturbo, come in questo caso la Plath, manifestano sentimenti di grandiosità e di esaltazione o un’enorme energia, come una difesa inconscia per non sentirsi in uno stato di completa malinconia, disperazione e senza speranza.

Sono stati rintracciati dei tratti di personalità narcisistici. Come nel caso della scrittrice, infatti, i soggetti narcisistici respingono le sensazioni di inadeguatezza, di inutilità e sono sensibili alle critiche, cercando di farsi vedere speciali, degni di lode e superiori alla norma.

Secondo la critica letteraria Rasy, il corpo letterario della Plath (i suoi versi, le sue prose, le lettere, i suoi diari) e il suo corpo carnale (passioni, desideri, tormenti e azioni), si sono incontrati e mescolati.

Il frutto di questo incontro e mescolamento ha dato, da un lato, la possibilità alla Plath di emergere e quindi di diventare una delle più importanti scrittrici del ‘900, dall’altro ha permesso di comprendere la sua tormentata psiche.

La sua psiche era caratterizzata sia da momenti di estrema positività sia da momenti di estrema negatività dell’umore, con annessi tentativi di suicidio.

Sylvia Plath: il Disturbo Bipolare e le emozioni

Rispetto ai tempi in cui è vissuta l’autrice, le ricerche inerenti il disturbo bipolare sono aumentate, infatti recentemente è stato indagato il ruolo della emozioni nel disturbo bipolare.

Tuttavia, la maggior parte delle ricerche si sono concentrate sull’incapacità dei soggetti di gestire le emozioni “negative”. Quest’incapacità produce un peggioramento del disturbo.

Per gestione delle emozioni si intendono i modi che i soggetti hanno a disposizione per influenzare le emozioni che vivono, come le sperimentano e le esprimono.

Recentemente, è stato scoperto che i soggetti con disturbo bipolare presentano un’enorme difficoltà di gestire le emozioni “positive” e quest’incapacità contribuisce al peggioramento del disturbo.

Secondo la Friedrickson la presenza di emozioni positive, in questo disturbo, può diventare problematico, in quanto può aumentare la distraibilità, i sintomi maniacali, la dipendenza da sostanze e di gioco d’azzardo, e il rischio di mortalità; in quanto i soggetti in risposta alle emozioni positive potrebbero mettere in atto dei comportamenti pericolosi per sè stessi e per gli altri.

Inoltre, recenti ricerche hanno dimostrato che i soggetti con disturbo bipolare non riescono a gestire in modo efficace le loro emozioni positive, infatti tendono ad amplificarle.

L’emozione amplificata persiste e rende gli individui incapaci di esprimerla in contesti appropriati e in modo equilibrato. Infatti, tendono a mostrarsi con un umore elevato in situazioni negative o neutre.

Il disturbo bipolare e la gestione delle emozioni

Nello specifico i soggetti con disturbo bipolare, facendo riferimento al modello di Gross, utilizzerebbero le seguenti strategie di gestione delle emozioni:

  • Selezione delle situazioni: ovvero le strategie dei soggetti per influenzare le loro emozioni attraverso la scelta di situazioni da vivere e da evitare. I pazienti con disturbo bipolare mostrano una tendenza a selezionare in modo eccessivo degli obiettivi irraggiungibili e sono alla continua ricerca del piacere. La continua ricerca del piacere è dovuta ad un’eccessiva sensibilità del sistema della ricompensa, a causa di alterazioni a livello dei sistemi dopaminergici.
  • Modifica delle situazioni: ovvero tutte le strategie utilizzate dai soggetti per modificare le caratteristiche emotive di una situazione per aumentare o ridurre l’intensità delle emozioni in tempi brevi o lunghi. I soggetti con disturbo bipolare tendono a concentrarsi esclusivamente sulle informazioni e sugli stimoli positivi per aumentare l’intensità delle emozioni positive.
  • L’attenzione: tutte quelle strategie che esercitano il loro impatto primario sui processi attenti. La strategia utilizzata dai soggetti con disturbo bipolare è la ruminazione positiva, che è una riflessione più attiva e focalizzata sull’alta attivazione di emozioni e sentimenti positivi.
  • Il cambiamento cognitivo, riguarda tutte le strategie che hanno come obiettivo quello di modificare la valutazione dell’individuo di una situazione. I soggetti con disturbo bipolare tendono ad utilizzare la rivalutazione cognitiva positiva con lo scopo di aumentare le loro emozioni positive o per valutare positivamente una situazione.
  • La modulazione della risposta, infine, riguarda tutte le strategie utilizzate dai soggetti per rispondere alle emozioni. I pazienti con disturbo bipolare tendono a ricorrere all’up-regulation, quindi tenderebbero a sovra-regolarla in modo eccessivo.

Un altro importante aspetto che è emerso dalle ricerche è che questi soggetti hanno un eccessivo ottimismo, nella fase maniacale e ipomaniacale, che produce un deterioramento ed un peggioramento dei sintomi.

Questa condizione si manifesta perché i soggetti hanno un’inflessibilità del pensiero o delle credenze, che produce, a sua volta, un’inflessibilità cognitiva, che li motiva ad attribuire dei significati e dei valori emotivi alle situazioni che vivono.

L’eccessiva fiducia nei confronti di se stessi e dell’ambiente circostante e l’aver esperito eventi di vita positivi, produce un aumento della ricerca degli obiettivi e l’attivazione del sistema di approccio comportamentale (BAS).

L’effetto dell’attivazione del BAS produce: un eccessivo comportamento diretto verso l’obiettivo, aumento di energia, diminuito bisogno di sonno, ottimismo ed euforia.

Il mancato raggiungimento degli obiettivi, potrebbe implicare la disattivazione del BAS, determinando la comparsa dei sintomi depressivi, come: diminuzione dell’attività diretta all’obiettivo, diminuzione di energia, perdita di interesse, mancanza di speranza, aumento del pessimismo, tristezza e aumento del rischio di suicidio.

La tendenza a perseguire obiettivi difficili da ottenere, in combinazione con l’elevata reattività dell’umore in risposta a stimoli di successo e di ricompensa, possono essere alla base del peggioramento del disturbo.

Per concludere è possibile affermare che l’incapacità di regolare sia le emozioni negative, sia quelle positive andrebbe a produrre un peggioramento del disturbo.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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